Il difficile contemperamento tra l’esercizio delle funzioni pubbliche e la protezione dalla mala gestio
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È in corso di approvazione in questi giorni al Senato il D.D.L. Giustizia 808/2023, un testo di 9 articoli del Guardasigilli Nordio di cui è stato già approvato l’art. 1 che sancisce l’abolizione del reato di abuso di ufficio.
Si tratta di una fattispecie molto discussa sia per la funzione che nel tempo è stata attribuita a questo reato, sia per le preoccupazioni che di fatto essa ha provocato nei pubblici amministratori, sia per il raccordo con le fonti europee.
L’art. 323 c.p. oggetto di abrogazione
La norma - art. 323 c.p.- ha subito varie modifiche e nell’ultima formulazione del 2020 sanziona con la reclusione da uno a quattro anni la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni o servizio, procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, violando specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di interessi propri o di congiunti o in altri casi prescritti. Ciò, salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
Già questa novella aveva posto dei paletti rispetto al passato e cioè che le regole di condotta da rispettare dovevano essere prescritte dalla legge mentre prima anche da fonti secondarie (solitamente sono queste a specificare il contenuto della condotta amministrativa) in assenza di margini di discrezionalità, nonché l’intenzionalità dell’ingiusto vantaggio patrimoniale o del danno ingiusto.
La funzione della norma
Il punto è che questa fattispecie è frutto di un’annosa tensione tra esigenze di controllo sull’operato della pubblica amministrazione per contenere fenomeni di mala gestio e la necessità di circoscrivere puntualmente la condotta illegittima per evitare la paralisi dell’esercizio dell’azione amministrativa. A tale ultimo proposito, infatti, si è diffusa in questi anni una sorta di “paura della firma” tra i pubblici amministratori nell’adozione dei provvedimenti necessari all’esercizio del loro mandato, per evitare di incorrere in procedimenti penali e di essere esposti in essi a interpretazioni soggettive ed eccessivamente ampie del principio costituzionale di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. Non a caso l’abuso di ufficio è stato considerato nel tempo una specie di reato “spia” di più ampie condotte corruttive, che poteva consentire una repressione generale, preventiva e strumentale.
I dati sull’applicazione della norma e i risvolti alla luce dei principi del nostro ordinamento
In verità dai dati diffusi in questi giorni emerge un irrisorio numero di condanne per abuso d’ufficio a fronte di un cospicuo numero di relativi procedimenti aperti e per la maggior parte archiviati. Da qui si è detto che la norma non avrebbe raggiunto l’obiettivo di reprimere o controllare una gestione infedele della P.A..
Inoltre, il nostro sistema di stretta legalità pone il divieto di interpretazione analogica in malam partem e richiede l’individuazione esatta del precetto penale che i soggetti qualificati, tra cui il pubblico funzionario e/o amministratore, devono osservare e rispettare in favore del bene pubblico e della collettività.
Per questo si è lamentato che la permanenza di un reato “onnivoro” costituirebbe una distorsione del potere pubblico, tenendo presente il discredito sociale, amplificato ex se, per coloro che esercitano pubbliche funzioni, ai quali esso venga contestato.
L’incriminazione dell’abuso d’ufficio nel contesto europeo
Si è posto poi il problema del raccordo con le norme europee. L’art. 19 della Convenzione ONU di Merida del 2003 contro la corruzione prevede la facoltà per gli stati di prevedere un’incriminazione dell’abuso d’ufficio a fronte invece dell’obbligo di reprimere altre condotte come ad esempio la corruzione dei pubblici ufficiali nazionali e stranieri. C’è poi una Proposta di Direttiva europea recente del 3 maggio 2023 che descrive all’art. 11 una fattispecie obbligatoria di abuso d’ufficio con una formulazione piuttosto ampia che potrebbe scontrarsi con le esigenze nazionali di certezza del precetto penale. Su tale fronte, la norma, prima di essere approvata, dovrà essere collegata con le legislazioni dei Paesi membri, dovendo la fonte europea rispettare i principi di sussidiarietà e proporzione sanciti all’art. 5 del Testo Unico Europeo.
Seppure non sia mancata contestazione dell’operazione Nordio di abolitio criminis in pendenza di un’opposta istanza prescrittiva europea, alcuni hanno sollevato forti dubbi sulla determinatezza, offensività e precisione descrittiva della proposta di fattispecie di reato europea, perché essa deve comunque assicurare il carattere di trasnazionalità alla luce delle esperienze applicative del contesto giuridico-costituzionale degli Stati membri.
La ratio dell’abolitio criminis e l’apertura del D.D.L. Nordio ad eventuali interventi additivi futuri
Insomma, la norma approvata al Senato sembra voler evitare, in caso di sospetta cattiva gestione dei pubblici poteri, una sorta di sindacato diffuso sull’esercizio di potestà amministrative, intendendo far ricorso - in caso di violazione - ai reati comuni, con l’aggravante dell’abuso di potere o violazione dei doveri nell’esercizio di una pubblica funzione o di un pubblico servizio.
Certo, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio ha immediati riflessi in vari ambiti come la contrattualistica pubblica producendo un’effettiva accelerazione delle procedure di aggiudicazione delle commesse pubbliche, in relazione alle quali in particolare in questo periodo storico le pubbliche amministrazioni si trovano a gestire un’immensa quantità di risorse, quelle del PNRR.
A tal proposito, si è rilevato infatti che potrebbero giovare integrazioni anche per regolamentare questa situazione con la previsione di norme chiare di semplificazione dell’azione amministrativa e di sistemi di controllo disciplinari, contabili ed erariali per rendere maggiormente organico e trasparente il potere e l’ordinamento amministrativo e lasciare alla materia penale il ruolo residuale che le è proprio.
Sulle forme di abuso comunque la stessa relazione al disegno di legge Nordio prevede “la possibilità di valutare in una prospettiva futura specifici interventi additivi volti a sanzionare, con formulazioni circoscritte e precise, condotte meritevoli di pena in forza di eventuali indicazioni di matrice euro-unitaria che dovessero sopravvenire”.
Aggiornamento: il 13 febbraio il disegno di legge Nordio è stato approvato in prima lettura al Senato con 104 sì e 56 no. Ora il provvedimento passa in votazione alla Camera.
Il 3 luglio 2024 la Camera ha approvato il primo articolo del DDL Nordio cancellando l'abuso d'ufficio. In corso di approvazione martedì 9 luglio prossimo il resto del provvedimento, ivi compresa l'entrata in vigore dello stesso.
Pubblicato intanto in Gazzetta Ufficiale del Decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 recante «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia», in vigore dal 5 luglio 2024, in cui all'art. 9 viene introdotta la nuova fattispecie di reato art. 314 bis c.p. di "Indebita destinazione di denaro o cose mobili"
Avvocato Simonetta Cipriani
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