Pubblicate in GU la legge Nordio e la legge di conversione del cd Decreto carceri

I principali interventi di natura sostanziale nell’ambito dei reati propri contro la Pubblica Amministrazione

Servizi Comunali Affari generali Anticorruzione Trasparenza
di Simonetta Cipriani
26 Agosto 2024

 

Nella G.U. n. 187 del 10 agosto 2024 è stata pubblicata la legge Nordio n.114/2024 recante "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare", che è entrata in vigore il 25 agosto 2024 decorsi i 15 giorni di vacatio.

Rinviate al 25 agosto 2026, invece, le disposizioni relative alla composizione collegiale del giudice per l'applicazione della custodia cautelare in carcere.

Nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 9 agosto 2024 è stata pubblicata, inoltre, la legge 8 agosto 2024, n. 112 di conversione, con modificazioni, del c.d. decreto carceri (D.L. 4 luglio 2024, n. 92 recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia). 

Siamo di fronte ad una riforma incisiva dei delitti dei p.u. (pubblici ufficiali) contro la P.A. nell’ambito degli interventi di natura sostanziale: l'abolizione dell'abuso d'ufficio, l’introduzione della nuova fattispecie criminosa di “indebita destinazione di denaro o cose mobili” e la riforma del delitto di “traffico di influenze illecite”.

In primo luogo va ricordato che è assente dal nostro sistema penale una fattispecie incriminatrice generale, a presidio del principio di imparzialità e del buon andamento della P.A., ex art. 97 Cost., di condanna diretta del c.d. conflitto di interessi, di recente definito dal Consiglio di Stato (Sez. V, 28 maggio 2012, n. 3133) come «il contrasto tra due interessi facenti capo alla stessa persona, uno dei quali di tipo “istituzionale” e un altro di tipo personale». 

L’abrogato art. 323 c.p., che era divenuto ormai una fattispecie frutto di diverse “stratificazioni” legislative e di conseguenza di non facile interpretazione e applicazione, spesso è stato oggetto del tentativo di interpretazione estensiva in contrasto con i principi generali penali di tassatività e determinatezza.

Diversamente, in altri rami del nostro ordinamento esistono diverse norme che sanciscono l’obbligo di astensione per evitare un conflitto di interessi.

Ad esempio, l’art. 51 c.p.c. obbliga il giudice civile ad astenersi dal decidere controversie il cui oggetto riguardi un interesse proprio o di un prossimo congiunto.

L’art. 78 del Testo Unico Enti Locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) prescrive che «gli amministratori … devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini». L’obbligo di astensione vale anche per gli atti normativi ed i provvedimenti generali come gli strumenti urbanistici, quando «sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini».

L’art. 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dalla L. n. 190/2012) prevede per tutti i funzionari amministrativi l’obbligo di «astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale»

L’art. 7 del dpr 16 aprile 2013, n. 62, in applicazione dell’art. 54 del d.lgs. 165 del 30 marzo 2001 ribadisce l’obbligo di astensione del dipendente pubblico.

Insomma, l’obbligo di astensione in applicazione del più generale divieto del conflitto di interessi costituisce un principio di diritto amministrativo ed è espressione dell’imparzialità, costituzionalmente rilevante, dovuta dai soggetti che curano gli interessi pubblici e possono incidere sui diritti dei privati e sulle risorse pubbliche.

La prevenzione del conflitto di interessi può trovare adeguata tutela semplicemente in via amministrativa? 
Il nuovo legislatore sembra aver ritenuto che il “bene giuridico” sotteso al valore dell’imparzialità della P.A. non debba necessariamente essere protetto in sede penale, strumento da adottare solo in via residuale: da tempo, si avvertono i rischi di una eccessiva penalizzazione di ogni comportamento segnato da disvalore sociale e si tenta di limitare la sanzione penale alla tutela di beni giuridici strettamente fondamentali.

Di qui l’abolizione dell’Abuso d’ufficio, deterrente alla firma di tanti primi cittadini.

Con il D.L. n. 92 del 2024, ora convertito in legge, è stato però introdotto il nuovo art. 314-bis c.p “Indebita destinazione di denaro o cose mobili” tra i delitti dei p.u contro la P.A., norma entrata in vigore il 5 luglio 2024:  “Fuori dei casi previsti dall'articolo 314, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”

Va da sé che la norma tutela il patrimonio pubblico, seppure limitato al denaro e alle cose mobili: non comprende ad esempio la destinazione a fine diverso di prestazioni lavorative di dipendenti o compiuta in violazione di norme secondarie o nell’agire discrezionale dell’agente pubblico.

Nella Relazione illustrativa si legge: “In seguito alla riforma attuata con la legge n. 86 del 1990 sono state soppresse dal peculato (art. 314 c.p.) le condotte di “distrazione a profitto proprio o di altri” e, contemporaneamente si è riformato l’abuso d’ufficio. In conseguenza di ciò, la giurisprudenza ha qualificato come abuso d’ufficio le condotte non comportanti appropriazione, consistenti nel mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche […]. L’intervento di cui all’articolo in esame risponde allo scopo di chiarire definitivamente i termini della punibilità di tali condotte non appropriative, anche in ragione della necessità di preciso adeguamento alla normativa euro-unitaria.” Non a caso è stata aggiunta in sede di conversione l'ipotesi di offesa agli interessi finanziari dell'U.E..

Quali effetti comporta la scelta del legislatore?
Intanto, avendo la norma art. 314 bis c.p. una struttura diversa dall’abrogato 323 c.p., in ossequio al principio di applicazione della legge più favorevole al reo (art. 2 comma 4 c.p.), non è possibile riqualificare nella nuova fattispecie i fatti di abuso d’ufficio, venuti meno per effetto dell’abolizione.

Inoltre, cosa succede nelle condotte di distrazione che la giurisprudenza ha fatto ricadere nel peculato, quando non possiedano i caratteri dell’art. 314-bis c.p.: persisteranno gli effetti di eventuali sentenze di condanna già pronunciate o si ricadrà nel disposto dell’art. 2 co. 2 cp ossia ne cesseranno l'esecuzione e gli effetti penali? 

La dottrina propende per la seconda ipotesi per evitare fenomeni di diseguaglianza sostanziale.

Da ultimo l’art. 1 della Legge Nordio n. 114/2024 alla lett. e) riscrive ampiamente la disciplina del delitto di traffico di influenze illecite, di cui all’art. 346-bis c.p. (1), e ne restringe l’ambito di applicazione

Si tratta di un altro reato che ha subito diverse modifiche nel tempo. Il nuovo legislatore ha soppresso la sottofattispecie della millanteria, che tutelava il prestigio della P.A. compromesso dalla condotta posta in essere da chiunque e “destinata a creare l’apparenza della corruttibilità dei funzionari pubblici”, che ora trova collocazione nella sfera del delitto di truffa. 

Inoltre, nel nuovo delitto, devono esistere (e non solo essere asserite) le relazioni con il pubblico ufficiale ed essere effettivamente utilizzate (non solo vantate) intenzionalmente allo scopo di farsi dare o promettere indebitamente, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita o per indurre il pubblico ufficiale o uno degli altri soggetti indicati a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato (ai sensi del secondo comma introdotto ex novo). 

Infine, nella norma è stato innalzato il minimo edittale ad un anno e sei mesi di reclusione. 

La relazione illustrativa ha precisato che la scelta del legislatore è conseguente alla riduzione dell’ambito applicativo della fattispecie di reato, limitato a condotte particolarmente gravi.


Avvocato Simonetta Cipriani


(1) «Art. 346 -bis (Traffico di influenze illecite). — Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319 ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 bis , utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis , indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis , in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, è punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio o una delle qualifiche di cui all’articolo 322 bis. La pena è altresì aumentata se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio».


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