Abbiamo cercato di ricostruire le cause a seguito dell’allarme rinnovato dell’ANCI
Servizi ComunaliLa lettera di Anci
A fine agosto l’Anci ha riproposto al ministro Piantedosi l’annoso problema della carenza di segretari comunali in particolare nei piccoli comuni segnalando che a marzo 2024 risultavano coperte solo 261 delle 2.196 sedi di Comuni di fascia C, cioè quelli fino a 3 mila abitanti, e quindi poco più del 10% del fabbisogno, mentre per le 535 sedi di fascia A, con popolazione superiore a 65 mila abitanti, erano disponibili 1003 segretari iscritti all’albo, quindi il doppio del fabbisogno.
Abbiamo cercato di rinvenire le cause, ricostruendo in via preliminare le peculiarità di questa figura professionale per comprendere cosa sia successo nel tempo.
Il ruolo del Segretario comunale
Il Segretario Comunale o Provinciale (o Segretario Generale) è disciplinato nell'ordinamento giuridico italiano quale organo monocratico di vertice nella dirigenza amministrativa di tali enti. Egli dipende dal Ministero dell'Interno pur prestando servizio presso l’ente locale dove svolge il ruolo cardine di garanzia e conformità dell’azione amministrativa con funzioni di assistenza qualificata giuridico-amministrativa agli organi dell’ente.
È pubblico ufficiale nel curare la verbalizzazione delle riunioni del Consiglio e della Giunta, è notaio per gli atti pubblici redatti nell’interesse dell’ente, ed è, per l’appunto, anche garante dell’imparzialità, dell’anticorruzione e della trasparenza dell’azione amministrativa. In qualità di dirigente apicale sovrintende e coordina l’attività dei dirigenti nello svolgimento delle proprie funzioni.
La nomina diretta dal Capo dell’amministrazione
La legge Bassanini (L. 15 maggio 1997, n. 127) ne riformò la modalità di nomina, rimettendola alla scelta dei sindaci e presidenti di provincia, operata nell'ambito del relativo albo istituito, senza essere vincolati all’ordine della graduatoria. Questa legge volle accentuare in tal modo il rapporto fiduciario di questa figura con il capo dell'amministrazione (sindaco o presidente di provincia), massimizzando il ruolo centrale e prevalente di questi nell’assetto organizzativo degli enti territoriali, in quanto soggetti eletti dal popolo che devono dare esecuzione al programma politico-elettorale assunto verso la collettività.
Tale vincolo fiduciario è stato tuttavia aspramente criticato, perché si è detto che favorisse lo spoils system (quella pratica per cui l’alto dirigente cambia con il mutare del governo dell’ente), che entrava in contraddizione con la funzione di garante della legalità dell'operato nell’ente, rivestita da questa figura apicale.
Il TU enti locali agli artt. 97 e ss. (d.lgs. n. 267/2000) ne ha poi disciplinato in maniera unitaria il ruolo e le funzioni, l’istituzione dell’albo e all’art. 99 la nomina, che per l’appunto ha durata corrispondente a quella del mandato del vertice di governo dell’ente, e l’incarico cessa automaticamente al termine del mandato di esso.
La progressione di carriera e il trattamento economico
Va detto che la suddivisione delle sedi di segreteria varia in base al numero della popolazione residente. La progressione di carriera è articolata. Essa avviene in prima nomina, dopo aver superato un apposito concorso nazionale e un corso-concorso pubblico per esami presso il ministero dell’interno, per cui il neosegretario entra in servizio nelle sedi di fascia C, quella con popolazione fino a 3.000 abitanti. Poi di biennio in biennio di permanenza in ciascuna classe di sede si può accedere alle sedi di fascia superiore sempre previo superamento di corso concorso del Ministero dell’interno. Quindi, i segretari possono riuscire in un tempo contenuto a raggiungere le fasce professionali più alte (1).
Quanto al trattamento economico del ruolo di segretario, esso ha tre componenti retributive prefissate (lo stipendio base, la retribuzione di posizione in base alla classe demografica e alle caratteristiche economico-territoriale e quella di risultato) e altre variabili (come i diritti di segreteria per ogni rogito, le maggiorazioni per convenzioni di segreteria, scavalco, responsabilità di aree o servizi, etc.).
Le difficoltà nei piccoli enti
Fatta questa premessa, occorre comprendere quale sia la causa di questo fenomeno di importante carenza di segretari per enti piccoli e di esubero per quelli di medio grandi dimensioni.
Il punto è che nei piccoli comuni il neosegretario si trova ad affrontare spesso una situazione particolarmente disagiata con il peso di amministrazioni solitamente prive dell’essenziale: poche risorse economiche, carenza di personale qualificato, piante organiche ridotte o quasi inesistenti, e così via.
In tali dimensioni diventa difficile fare e gestire gli appalti, la programmazione urbanistica, dei rifiuti, erogare i servizi sociali, in quanto tutto o quasi finisce per gravare sulle spalle dei sindaci e dei segretari comunali.
E a fronte del gravoso impegno necessario, con responsabilità concentrate su quella figura seppure a copertura di una comunità contenuta, nei piccoli comuni il segretario viene a percepire una retribuzione inferiore che spesso viene avvertita come inadeguata. Ciò perché la gestione di quella realtà risulta complessa e va ben oltre il coordinamento fino ad avocare a sé svariate funzioni dirigenziali, che in enti di medie dimensioni sono affidate ai responsabili di area, di cui il segretario si limita a sovrintendere le scelte.
Peraltro spesso tali piccoli enti si associano mediante le “convenzioni di segreteria” o il c.d. “scavalco” tra comuni di territori limitrofi per cui, a fronte di una maggiorazione di stipendio al massimo del 25%, il segretario si trova ad affrontare la medesima situazione moltiplicata per tutti gli enti parte dell’accordo di condivisione della figura.
A ciò si aggiunge, trattandosi di rapporto fiduciario, che gli enti che fanno ricorso a tali strumenti per coprire la carenza, non sempre sono dello stesso “indirizzo politico” e quindi il segretario può trovarsi coinvolto in scelte di gestione differenti tra gli enti che deve assistere.
Le conclusioni
In questo quadro a fronte della carenza segnalata vengono avanzate varie proposte di soluzione: v’è chi ad esempio suggerisce di riformulare la progressione di carriera estendendo a più anni la permanenza nelle classi di sedi con minore popolazione e chi invece prospetta di ripensare la figura in chiave manageriale come “propulsore di sviluppo locale e servizi efficienti, capace di montare progetti comunitari, fare innovazione, programmare e pianificare” magari in un pool di enti (così l’UNCEM).
Una cosa è certa: questa figura professionale svolge il delicato punto di equilibrio tra la missione di garanzia costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa e la funzione di doveroso supporto agli amministratori nell’attuazione dei propri programmi politico-elettorali. Quindi andrebbe riformulata cercando di contenere l’esodo verso le fasce più appetibili. Ciò per favorire la corretta ripartizione delle risorse in relazione al reale fabbisogno sul territorio nazionale e per consentire alle realtà di maggior vicinanza al cittadino di rappresentare un presidio efficiente a vantaggio della collettività, con inevitabili benefici per l’intera nostra Nazione.
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