Un nuovo strumento di informazione e approfondimento sulla protezione dei dati personali
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Il budget per i nuovi reclutamenti
Servizi Comunali Spesa personaleApprofondimento di Matteo Barbero
Il budget per i nuovi reclutamenti
Matteo Barbero
Il budget per i nuovi reclutamenti è unico (senza distinzione fra dirigenti e non dirigenti) ed in esso confluiscono indistintamente anche i resti assunzionali. Il chiarimento arriva dalla Corte di conti – Sezione delle Autonomie, che nella deliberazione n. 17/2019 ha enunciato il seguente principio di diritto: “I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 165/2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’ art. 14-bis, comma 1, lett. a) del d.l. n. 4/2019, il riferimento “al quinquennio precedente” è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui si intende effettuare le assunzioni”.
In pratica, la pronuncia chiarisce dunque che la vigente disciplina normativa delle facoltà assunzionali, prevedendo una percentuale di spesa parametrata a quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente (cd. turn over), non prevede alcuna distinzione di budget tra le tipologie di personale. Non sembra ragionevole, dunque, prevedere vincoli ulteriori, quali la creazione di budget differenziati per personale dirigente e non dirigente, atteso che, quando il Legislatore ha inteso porre limiti e vincoli agli enti lo ha fatto esplicitamente.
La Sezione Autonomie precisa che analoga conclusione vale anche per l’utilizzo dei resti assunzionali, che quindi possono essere utilizzati indifferentemente dalla rispettiva “origine”.
Anche le nuove disposizioni dettate dall’art. 33 del D.L. 34/2019, che come detto prleudono al superamento della logica del cd. turn over, seguono la medesima logica: ciò che rileva è il focus che il legislatore pone – in merito alla futura disciplina delle capacità assunzionali - sulla coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, sul rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione, nonché sul riferimento “ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente”, non facendo alcun tipo di riferimento a tipologie di personale e relativi budget assunzionali differenziati. Ne deriva, pertanto, che, anche in logica prospettica e di sistema, l’interesse del Legislatore sulle capacità assunzionali si concentra sulla “tenuta finanziaria” degli enti, con un riferimento espresso al “personale a tempo indeterminato”, nonché ad una spesa complessiva per “tutto il personale dipendente”.
Tali affermazioni, nella misura in cui pongono come unico limite alle scelte degli enti la solidità dei conti, potrebbe estendersi anche ad altre casistiche, a partire da quella riguardante i fondi per il salario accessorio, confermando la debolezza del recente parere della Ragioneria generale dello Stato n. 169507/2019 che ha affermato, invece, la separazione fra fondo dirigenti e fondo non dirigenti, esprimendo una rigidità che oggi pare più che mai insostenibile.
Del resto, sono sempre più numerose le deliberazioni della Corte dei conti che ribadiscono il venire meno del tradizionale concetto di dotazione organica a seguito dell’emanazione del dlgs75/2017 e delle relative Linee di indirizzo ministeriali. Tale evoluzione apre scenari interessanti rispetto alla programmazione del personale, che gli enti possono già sfruttare in sede di revisione del piano triennale 2019-2021, oltre che a maggior ragione in sede di definizione del piano triennale 2020-2022, da inserire nel prossimo Dup. La prima pronuncia che merita di essere richiamata è la n. 548/2018 della Sezione regionale di controllo per il Veneto. Essa evidenzia che nella nuova impostazione la dotazione organica si traduce di fatto nella definizione di una “dotazione di spesa potenziale massima” per l’attuazione del piano triennale dei fabbisogni di personale. Secondo il collegio, lì obiettivo è quello di rendere più duttile l’azione della pubblica amministrazione e di superare l’automatismo nel mantenimento dei posti in organico nella struttura dell’ente anche nel momento della cessazione dei dipendenti che veniva a prodursi nelle circostanze, in verità molto diffuse, nelle quali le amministrazioni non adeguavano la dotazione organica alle mutate esigenze emergenti dalla programmazione. A trarre le conseguenze operative di questa impostazione è, innanzitutto, la deliberazione n. 4/2019 della Sezione Autonomie. Essa afferma che le amministrazioni, all’interno del limite finanziario massimo (spesa potenziale massima), “ottimizzando l'impiego delle risorse pubbliche, perseguendo obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini mediante l’adozione del piano triennale dei fabbisogni di personale (in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le apposite linee di indirizzo) possono procedere all’eventuale rimodulazione della dotazione organica in base ai fabbisogni programmati “garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione”. La pronuncia ha quindi ritenuto che gli enti fino a 1.000 abitanti possano utilizzare la propria capacità assunzionale senza essere strettamente vincolati al rispetto della regola “per teste”, che consentirebbe solo una assunzione per ogni cessazione indipendentemente da ogni considerazione sulla spesa. Secondo la Sezione, invece, si può prescindere dalla corrispondenza numerica tra personale cessato e quello assumibile, a condizione che permanga l’invarianza della spesa e, quindi, venga rispettato il tetto di spesa. Conseguentemente, purché si verifichino dette condizioni, il limite assunzionale può ritenersi rispettato anche quando, a fronte di un’unica cessazione a tempo indeterminato e pieno, l’ente, nell’esercizio della propria capacità assunzionale, proceda a più assunzioni a tempo parziale che ne assorbano completamente il monte ore. Tale autorevole conclusione si presta ad essere applicata ad altre fattispecie attinenti non solo agli enti di minori dimensioni. Ad esempio, gli enti che non avevano posti dirigenziali nella “ex” dotazione organica ma solo plurime posizioni organizzative, potrebbero procedere alla soppressione di alcune di queste e dalla loro sostituzione, in termini di correlativa spesa di personale, con una posizione dirigenziale di nuova istituzione . Oppure, caso inverso, enti che sopprimono una posizione dirigenziale paiono legittimati ad utilizzare le relative economie per finanziare l’istituzione di nuove po e finanche a rimodulare il fondo per il pagamento del salario accessorio del personale non dirigente, sempre nel rispetto della spesa potenziale massima.
In controtendenza rispetto all’orientamento prevalente, la Sezione regionale di controllo per la Campania ha ritenuto che le progressioni verticali ex art. 22, comma 15, del D. Lgs. 75/2017 siano ammesse solo entro il tetto del 20% delle capacità assunzionali intese “per capita e non per valore finanziario”. Ricordiamo che la norma citata dispone che “Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore”.” Tale meccanismo si affianca temporaneamente a quello disciplinato a regime dall’art. 52, comma 1-bis, del dlgs 165/2001, che prevede la possibilità di bandire concorsi pubblici, con riserva agli “interni” di posti non superiore al 50%. Si ritiene che l’orientamento restrittivo dei giudici contabili campani potrebbe essere superato alla luce dei più recenti sviluppi normativi e giurisprudenziali.
21 luglio 2019
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
IFEL – 11 marzo 2024
IFEL – 5 febbraio 2024
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: