Approfondimento di Mario Petrulli

A certe condizioni è possibile mantenere una partecipazione comunale in una società che commercializza energia e gas

Servizi Comunali Partecipazioni
di Petrulli Mario
11 Settembre 2019

Approfondimento di Mario Petrulli                                                                                                       

A CERTE CONDIZIONI È POSSIBILE MANTENERE UNA PARTECIPAZIONE COMUNALE IN UNA SOCIETÀ CHE COMMERCIALIZZA ENERGIA E GAS

Mario Petrulli

Come è noto, l’art. 4 comma 2 del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica[1] consente al Comune, fra le varie ipotesi, di mantenere le partecipazioni in società attive nella “produzione di un servizio di interesse generale”. A sua volta, l’art. 2 comma 1 lett. h) fornisce la definizione di “servizi di interesse generale”, intese come “le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico, o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”.

La recente sent. 2 settembre 2019, n. 1935, del TAR Lombardia, Milano, sez. I, ha affrontato la possibilità di mantenimento di una partecipazione comunale in una società per azioni avente ad oggetto l’attività di vendita del gas naturale e dell’energia elettrica (ossia, un’attività sostanzialmente commerciale), oltreché quelle ad essa connesse e complementari, quali ad esempio la gestione amministrativa delle utenze, il servizio di assistenza tecnica e manutenzione degli impianti domestici, ad esclusione di quelle di distribuzione.

È utile ripercorrere il ragionamento dei giudici.

Secondo parte della giurisprudenza, mentre l'attività di distribuzione del gas andrebbe ricondotta tra i “servizi di interesse generale”, non altrettanto potrebbe invece dirsi per la sua vendita, avendo carattere puramente commerciale[2]. Dall’esame delle norme in materia, è evidente, secondo tale orientamento, il disfavore del legislatore nei confronti della costituzione e del mantenimento, da parte delle amministrazioni pubbliche, di società commerciali con scopo lucrativo, le cui attività esulino dall’ambito delle relative finalità istituzionali; a ciò si aggiunga che la qualificazione dei Comuni come enti a fini generali non possa considerarsi sufficiente a giustificare il mantenimento delle partecipazioni in società commerciali operanti in settori liberalizzati ed aventi ad oggetto servizi offerti dal mercato.

Secondo altra tesi propugnata dai giudici di Palazzo Spada[3], premesso che anche “le società a partecipazione pubblica che svolgono servizi di interesse economico generale sono società lucrative”, possono ricondursi in tale ambito anche quelle aventi ad oggetto la vendita di gas ed energia elettrica. In particolare, secondo il Consiglio di Stato, “occorre distinguere lo scopo della società da quello del soggetto pubblico che vi detiene le partecipazioni; se lo scopo della società è, e non può che essere, la produzione di un lucro, quello dell’Amministrazione pubblica resta diverso (…) e va ad identificarsi con il c.d. fine pubblico dell’impresa”. Conseguentemente, i “servizi di interesse generale” prestati in forma societaria, in quanto preordinati al raggiungimento del predetto scopo “pubblico”, e cioè alla soddisfazione dei “bisogni della collettività di riferimento” menzionati nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., individuati da parte delle amministrazioni, potrebbero pertanto ricomprendere anche la vendita del gas e dell’energia.

I giudici milanesi, dopo aver dato atto di una non unanimità in giurisprudenza in ordine alla possibilità di escludere, sic et simpliciter, dal novero delle società menzionate dall’art. 4 c. 2 cit., quelle che abbiano ad oggetto la vendita di energia e gas, hanno comunque evidenziato che, ai sensi di quanto previsto nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., le società partecipate menzionate dall’art. 4 c. 2 cit., devono pacificamente prestare le loro attività, e pertanto, i “servizi di interesse generale”, a condizioni differenti rispetto a quanto avverrebbe ove le stesse fossero fornite dal mercato, in particolare, in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza.

Di conseguenza, è legittimo considerare rientrante fra le società che offrono servizi di interesse generale anche quelle che commercializzano energia e gas a condizione che offrano condizioni di accesso ai servizi di fornitura di gas ed energia elettrica più favorevoli per la comunità locale rispetto al mercato in generale; ad esempio: perché prevedono una tariffa di tutela più vantaggiosa rispetto a quella di mercato; concedono forme di pagamento agevolate, mediante dilazioni non praticate dagli operatori economici del settore; stipulano convenzioni con le associazioni che operano sul territorio.

Proprio tali aspetti dovranno essere menzionati dal Comune quale supporto motivazionale della scelta di mantenere o, eventualmente, acquisire partecipazioni in società che operano nella

 

[1] Decreto Legislativo n. 175/2016.

[2] TAR Veneto, sez. I, sent. 18 aprile 2018, n. 426.

[3] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 23 gennaio 2019, n. 578.

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