Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Il requisito della condotta integerrima del Responsabile anticorruzione: il tuning ANAC in caso di danno erariale.

Servizi Comunali Anticorruzione
di Palumbo Pietro Alessio
13 Settembre 2019

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                                             

Il requisito della condotta integerrima del Responsabile anticorruzione: il tuning ANAC in caso di danno erariale.

Pietro Alessio Palumbo

Anche in conseguenza dell’intervento di una sentenza non definitiva che ha accertato la commissione, con dolo, di un danno erariale, decade il requisito della condotta integerrima del Responsabile anticorruzione dell’ente. Requisito previsto dal Piano Nazionale Anticorruzione del 2016. Questo il principio enunciato dalla Delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione n° 650 depositata presso la Segreteria del Consiglio il 25 luglio scorso (nel file allegato), inserendo un importante tassello nel mosaico dei requisiti e qualità in capo al Responsabile anticorruzione e per la trasparenza degli enti pubblici.

La vicenda

A seguito di notizie comparse su organi di stampa circa la condanna per danno erariale, del Responsabile anticorruzione di un ente pubblico, l’Autorità nazionale anticorruzione provvedeva a chiedere informazioni al Procuratore della Corte dei Conti investito della questione. Il Procuratore comunicava che il funzionario coinvolto era stato condannato per il danno derivante all’ente di appartenenza a seguito dell’acquisto “non trasparente” di alcuni beni. Successivamente l’Ufficio di vigilanza ANAC sulle misure anticorruzione, indirizzava all’ente coinvolto la comunicazione di avvio del procedimento di vigilanza, chiedendo la valutazione da parte dell’Amministrazione circa il mantenimento da parte del soggetto condannato per danno erariale, dei requisiti della specchiata onestà e della capacità di gestione per svolgere la funzione di Responsabile per la prevenzione della corruzione. L’ente replicava che erano in corso i necessari approfondimenti sulla questione, di cui si sarebbe dato riscontro in tempi brevi. Con successiva nota quindi, l’ente descriveva che svolti i necessari approfondimenti e acquisiti i pareri tecnici, non aveva ravvisato l’opportunità di revocare l’incarico di Responsabile anticorruzione all’attuale Segretario generale. Nella nota di riscontro, erano anche allegati il parere del Presidente del Collegio dei Revisori e il parere della “Task Force Prevenzione Corruzione e Trasparenza”.  L’Autorità nazionale anticorruzione acquisiva agli atti copia della sentenza della Corte dei Conti, 2° Sezione giurisdizionale centrale di Appello, con cui il Giudice contabile aveva respinto l’appello di entrambi i ricorrenti e per l’effetto aveva confermato la condanna di primo grado, a titolo di dolo, nei confronti dell’attuale Segretario generale nonché Responsabile per la prevenzione della corruzione dell’ente, calcolando l’apporto dello stesso alla causazione dell’evento dannoso, nella misura del 20% della somma indicata a titolo di risarcimento del danno erariale. Segnatamente, il giudice aveva evidenziato il pieno coinvolgimento del Segretario generale nella fase di elaborazione e attuazione dell’operazione di acquisto in argomento, a un prezzo significativamente superiore a quello pagato nello stesso periodo per un acquisto identico. Operazione effettuata al di fuori dei canali prestabiliti, integrando così un’operazione incongruente rispetto ai prioritari obiettivi di economicità e ragionevolezza che avrebbero dovuto costituire il fondamento dell’azione dell’ente. Per ciò stesso, la Corte dei Conti aveva valutato che l’operazione osservata fosse stata compiuta dal Responsabile nella piena consapevolezza dei profili di criticità che la connotavano e con una fattiva operosità orientata ad imprimere un’apparenza di regolarità ad una iniziativa, per vero, dai tratti estremamente opachi. A ben vedere il Giudice evidenziava la consapevolezza da parte del Responsabile, nell’esercizio delle funzioni tipiche del ruolo istituzionale, delle criticità che connotavano la richiamata operazione, assecondandone lo sviluppo e contribuendo a realizzarsi in termini significativamente sconvenienti.

Condotta integerrima e sentenze di condanna Corte Conti

Nel Piano nazionale anticorruzione di cui alla Delibera ANAC n. 831 del 3 agosto 2016, per la precisione al punto 5.2, si chiarisce che il Responsabile anticorruzione e per la trasparenza dell’ente deve essere una persona che ha sempre mantenuto una condotta integerrima: vanno considerati privi di tale qualità coloro che siano stati destinatari di provvedimenti giudiziali di condanna o di provvedimenti disciplinari. Dal che nella Delibera in analisi l’Autorità nazionale anticorruzione ha ritenuto opportuno fornire indicazioni sulla peculiare questione dell’incidenza sul requisito della condotta integerrima del Responsabile anticorruzione e per la trasparenza degli enti pubblici, delle sentenze di condanna anche non definitive per danno erariale emesse dalla Corte dei Conti, per condotta dolosa o colposa.

I lumi ANAC

Chiarisce l’Autorità nazionale anticorruzione che i fatti che costituiscono presupposto delle sentenze di condanna per danno erariale, con riferimento all’accertamento della responsabilità a titolo di dolo, rivestono lo stesso disvalore rispetto ai fatti che determinano una fattispecie di reato. La pronuncia di condanna della Corte dei Conti accerta una responsabilità che deriva da un danno provocato alla finanza e al patrimonio di un ente pubblico, con dolo, ai sensi delle disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti. Di conseguenza l’Autorità nazionale anticorruzione ritiene che una condanna, anche non definitiva, da parte della Corte dei Conti per comportamento doloso, incida sul requisito della condotta integerrima del RPCT, ai fini del conferimento o del mantenimento dell’incarico rivestito. In tema, a paradigma interpretativo, l’Autorità nazionale anticorruzione richiama quanto disposto dalla legge 124 del 2015, la quale, nel dettare i principi e i criteri direttivi per l’adozione dei decreti legislativi concernenti la materia della dirigenza pubblica, in presenza di condanna anche non definitiva da parte della Corte dei Conti al risarcimento del danno erariale per condotte di natura dolosa, ha previsto la revoca dell’incarico ovvero il divieto di rinnovo dello stesso. L’Autorità nazionale anticorruzione rimarca infine che sono da tenere distinte le fattispecie di condanna per colpa grave, le quali devono essere prestate a valutazioni diversificate, da porre in essere caso per caso e con prudente apprezzamento.

Nel caso di specie, a corollario delle argomentazioni delineate, l’Autorità nazionale anticorruzione, ha dunque ritenuto che il requisito della condotta integerrima non sia (più) soddisfatto dall’ Responsabile anticorruzione coinvolto, in quanto destinatario di una sentenza di condanna della Corte dei Conti che ha accertato la commissione, dolosa, di un danno erariale all’ente di appartenenza.

12 settembre 2019

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