Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Le mancate comunicazioni del lavoratore al suo datore di lavoro
Servizi Comunali LicenziamentoApprofondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo
LE MANCATE COMUNICAZIONI DEL LAVORATORE AL SUO DATORE DI LAVORO
E. Daniela Lo Piccolo
La Corte di Cassazione con la sentenza n.24976 del 7 ottobre 2019 ha statuito che la mancata comunicazione al datore di lavoro dell’arresto è una causa di licenziamento.
L’avere taciuto il proprio stato di detenzione costituisce violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che incombono sul dipendente nell’esecuzione del rapporto e che detta condotta, imponendo un giudizio prognostico negativo circa la correttezza del futuro adempimento, fosse di gravità tale da giustificare il recesso del datore di lavoro. La norma disciplinare impone che il dovere di diligenza del lavoratore subordinato si riferisca anche ai vari doveri strumentali e complementari, che concorrono a qualificare il rapporto obbligatorio di durata avente ad oggetto un tacere e che l’obbligo di fedeltà vada inteso in senso ampio e si estenda a comportamenti che per la loro natura e le loro conseguenze appaiano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore.
D'altra parte, come già precisato da questa Corte, "gli artt. 2104 e 2105 cod. civ., richiamati dalla disposizione dell'art. 2106 relativa alle sanzioni disciplinari, non vanno interpretati restrittivamente e non escludono che il dovere di diligenza del lavoratore subordinato si riferisca anche ai vari doveri strumentali e complementari, che concorrono a qualificare il rapporto obbligatorio di durata avente ad oggetto un facere, e che l'obbligo di fedeltà vada inteso in senso ampio e si estenda a comportamenti che per la loro natura e le loro conseguenze appaiano in contrasto con i doveri connessi 2 Corte di Cassazione - copia non ufficiale all'inserimento del lavoratore nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell'impresa" (Cass. n. 11437/1995).
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