Approfondimento di Luigi Oliveri

In merito all’illegittima e illecita previsione di un obbligo di comunicazione degli incarichi esclusi da autorizzazione

Servizi Comunali Rapporto di lavoro
di Oliveri Luigi
29 Ottobre 2019

Approfondimento di Luigi Oliveri                                                                                                          

In merito all’illegittima e illecita previsione di un obbligo di comunicazione degli incarichi esclusi da autorizzazione

Luigi Oliveri

 

Secondo alcuni, anche se non è necessaria l’autorizzazione, è comunque opportuna una comunicazione da parte del dipendente all’amministrazione di appartenenza.

Tra tutti, si può citare Luciano Catania in LeggiOggi, nell’articolo pubblicato il primo agosto 2014 dal titolo “Incarichi ai dipendenti pubblici: no autorizzazione, sì comunicazione”, afferma: “L’esclusione della comunicazione per gli incarichi menzionati alle lettere da a) ad f-bis, non convince pienamente. In mancanza di una comunicazione sui tempi di esecuzione dell’incarico, ad esempio di formazione diretta ai lavoratori della pubblica amministrazione o di docenza e di ricerca scientifica (lett. f-bis), l’Amministrazione di appartenenza non potrà valutare l’interferenza con l’attività ordinaria svolta dal dipendente.

La comunicazione, pertanto, ancorché non obbligatoria appare, comunque, sempre opportuna”.

Tale presa di posizione è da considerare erronea e da respingere per le ragioni che seguono.

Base giuridica. Come si nota, la teoria menzionata non richiama a supporto alcuna norma giuridica su cui basarsi.

Infatti, la conclusione della presunta obbligatorietà di una comunicazione preventiva degli incarichi esclusi dall’autorizzazione viene considerata come frutto di una mera valutazione di opportunità.

Tuttavia, non è mediante valutazioni di opportunità o merito che possono essere esercitati poteri che incidono, per altro, su diritti ed obbligazioni regolati da leggi e contratti.

La mera valutazione di opportunità, senza la minima citazione di una regola normativa proveniente da una qualunque fonte non costituisce in un ordinamento giuridico positivo, tale perché “pone” le regole espressamente, alcun tipo di legittima fonte.

Potere regolamentare. La valutazione di mera opportunità potrebbe rilevare laddove si dimostrasse la sussistenza in capo alla PA datore di lavoro di un potere discrezionale di regolamentazione della fattispecie.

La domanda da porsi è, allora: per quanto concerne la disciplina degli incarichi, la PA dispone del potere di adottare regolamenti che introducano obblighi, quale quello della comunicazione preventiva degli incarichi non soggetti a comunicazione?

La risposta è senz’altro negativa. A dimostrazione di ciò basta fare riferimento all’articolo 2, comma 2, del d.lgs 165/2001: “I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell’articolo 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto, da successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili”.

Dunque, le fonti di disciplina del rapporto di lavoro sono solo 3:

  1. il codice civile;
  2. le leggi civilistiche sul rapporto di lavoro subordinato, per quanto compatibili con le regole speciali del lavoro pubblico;
  3. le disposizioni del d.lgs 165/2001.
    Spazio per la potestà regolamentare esiste solo se e nella misura in cui le tre fonti citate prima lo consentano espressamente.
    Ora, nel caso degli incarichi extra istituzionali, l’articolo 53 del d.lgs 165/2001 al comma 3-bis apre uno spazio ad una potestà regolamentare, riferita espressamente allo Stato, ma che si deve considerare estesa anche alle altre pubbliche amministrazioni. Dispone il citato comma 3-bis: “Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2”.
    La legge, quindi, consente l’espressione della potestà regolamentare, ma al solo scopo di individuare incarichi vietati, materia che costituisce l’unico oggetto consentito ai regolamenti. Di conseguenza, con regolamenti o altre fonti interne non è possibile integrare o modificare le disposizioni delle leggi in merito e, in particolare, l’articolo 53, comma 6, lettere da a) a f-bis) che:
  1. sottraggono gli incarichi ivi previsti da autorizzazione preventiva;
  2. non prevedono affatto alcun obbligo di comunicazione preventiva.
    Aggravamento amministrativo. I sostenitori dell’erronea tesi della “opportunità” di obbligare ad una comunicazione preventiva non valutano l’illegittimità di tale pretesa sotto l’aspetto della violazione di legge.
    In particolare, risulta vulnerato l’articolo 1, comma 2, della legge 241/1990, ai sensi del quale “La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.
    L’introduzione dell’obbligo di comunicare preventivamente gli incarichi per i quali non è prevista l’autorizzazione non solo è illegittima per totale assenza del potere di regolamentarla (da questo punto di vista, anzi, si può affermare che tale obbligo è nullo), ma anche perché introduce un onere procedurale ed istruttorio assolutamente ultroneo, con l’effetto di aggravare un procedimento che nella realtà nemmeno dovrebbe essere attivato.
    Inutilità. La valutazione sull’opportunità di introdurre un adempimento dovrebbe comunque accompagnarsi, ammesso che tale adempimento extra ordinem sia lecito, ad una ponderazione con la sua utilità.
    Nel caso di specie è facile evidenziare la totale assenza di utilità alcuna di una comunicazione preventiva relativa ad incarichi per i quali non è prevista l’autorizzazione.
    Occorre porsi la domanda: che potere può esercitare l’amministrazione di fronte a tale comunicazione? Mancando del tutto un potere autorizzativo, la ricezione della comunicazione fa scattare una procedura come la compilazione di un modulo, la sua trasmissione, la sua ricezione, la sua protocollazione, la verifica della sua tempestività, adempimenti istruttori del tutto inutili, visto che la PA, nel caso di specie, risulta totalmente priva di qualsiasi potere autorizzatorio e, quindi, anche inibitorio.
    Piano Nazionale Anticorruzione. Se per un verso non esiste alcuna fonte che legittimi l’introduzione di un obbligo di comunicazione ed, al contrario, si è visto sopra che tale introduzione è nulla per carenza totale di attribuzione e comunque illegittima per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo e comunque di nessuna concreta utilità, per altro verso esiste, invece, una fonte pienamente legittimata ad entrare nel merito di tale questione.
    Si tratta del Piano Nazionale Anticorruzione, previsto espressamente dall’articolo 1, comma 2-bis, della legge 190/2012, che conferisce all’Anac il potere di fornire alle PA indicazioni sull’applicazione delle tecniche e delle regole per prevenire la corruzione ed i conflitti di interesse.
    Il Piano Nazionale Anticorruzione 2013, nell’Allegato 1, sul tema in argomento prevede espressamente: “continua comunque a rimanere estraneo al regime delle autorizzazioni e comunicazioni l’espletamento degli incarichi espressamente menzionati nelle lettere da a) ad f-bis) del comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, per i quali il legislatore ha compiuto a priori una valutazione di non incompatibilità; essi, pertanto, non debbono essere autorizzati né comunicati all’amministrazione”.
    L’unico organo pubblico dotato dalla legge del potere di regolamentare la questione, cioè l’Anac, quindi, come si vede si è espresso in termini estremamente chiari eliminando in radice anche l’unico fievole appiglio al quale si appoggia la teoria dell’obbligatorietà della comunicazione preventiva per mere ragioni di opportunità: il legislatore ha già a priori sancito che gli incarichi non soggetti ad autorizzazione non comportino casi di incompatibilità. Quindi, a conferma di quanto rilevato sopra in merito alla totale inutilità della comunicazione, implicitamente l’indicazione del PNA 2013 evidenzia che le singole PA non dispongono di alcun potere di effettuare una valutazione di merito già realizzata dal legislatore.
    Resta, quindi, da concludere che l’obbligo di una comunicazione preventiva degli incarichi non soggetti ad autorizzazione è nullo per contrarietà alla legge, illegittimo per violazione del divieto di aggravamento del processo, inutile per assoluta impossibilità di esercitare poteri inibitori, e ancora illegittimo per un non consentito nuovo esercizio di un potere di valutazione di compatibilità, già esaurito dal legislatore.
    L’unico intervento che le PA possono disciplinare in merito alla questione discende dall’obbligo di evitare conflitto di interessi, che le amministrazioni possono disciplinare in applicazione dei Criteri generali in materia di incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche adottati dal Ministero della Funzione Pubblica, che alla lettera B considerano in conflitto di interessi, tra cui, al punto 8 “Gli incarichi che, pur rientrando nelle ipotesi di deroga dall’autorizzazione di cui all’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, presentano una situazione di conflitto di interesse” e, al punto 9 “In generale, tutti gli incarichi che presentano un conflitto di interesse per la natura o l’oggetto dell’incarico o che possono pregiudicare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente”.
    Non può che essere rimessa al dipendente la responsabilità di segnalare adeguatamente la situazione di conflitto di interesse. Sul punto è doveroso far presente che l’obbligo di richiedere preventivamente l’autorizzazione non è di per sé garanzia che tutti i dipendenti richiedano diligentemente tale autorizzazione preventiva; infatti, la giurisprudenza amministrativa e contabile è ricchissima di sentenze riguardanti questa fattispecie.

Inutile, quindi, pretendere l’obbligo di comunicare preventivamente ogni tipo di incarico, ivi compresi quelli sottratti ad autorizzazione, a fini preventivi. La prevenzione, nella costruzione dell’articolo 53 del d.lgs 165/2001, discende dal deterrente, cioè dalle sanzioni molto pesanti previste per il caso di violazione del dovere di autorizzazione preventiva.

Ora, nel diritto, come è noto, vige il principio della tipicità e tassatività delle sanzioni. Dunque, nessuna sanzione è lecita e possibile nei confronti di un’omessa comunicazione derivante da un’eventuale previsione regolamentare che la imponesse; sia perché tale previsione regolamentare risulterebbe nulla e intrisa degli altri vizi rilevati sopra, sia perché non sarebbe attivabile nessuna sanzione tipica prevista dalla legge.

La prevenzione dell’eventuale esercizio di attività non soggette ad autorizzazione e nemmeno a comunicazione risiede, semmai, laddove il regolamento dell’ente facesse propri i punti 8 e 9 della lettera b), dei Criteri generali in materia di incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche adottati dal Ministero della Funzione Pubblica, nelle disposizioni contenute nel codice di comportamento dei dipendenti pubblici,, il d.P.R. 62/2013. Infatti, i citati Criteri generali a conclusione della lettera B) precisano: “La valutazione operata dall’amministrazione circa la situazione di conflitto di interessi va svolta tenendo presente la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la sua posizione nell’ambito dell’amministrazione, la competenza della struttura di assegnazione e di quella gerarchicamente superiore, le funzioni attribuite o svolte in un tempo passato ragionevolmente congruo. La valutazione deve riguardare anche il conflitto di interesse potenziale, intendendosi per tale quello astrattamente configurato dall’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013”.

Dunque, un regolamento, lungi dal poter introdurre un obbligo di comunicazione preventiva di incarichi non soggetti ad autorizzazione, può segnalare l’obbligo, discendente dal d.P.R. 62/2013 di segnalare un potenziale conflitto di interessi.

E’ evidente, infine, che l’eventuale violazione di questo obbligo, così come di quello della preventiva autorizzazione per gli incarichi non esonerati da tale obbligo medesimo, può essere accertata solo ed esclusivamente con verifiche, ispezioni e controlli.

26 ottobre 2019

Indietro

Approfondimenti

Non hai trovato le informazioni che stavi cercando?

Poni un quesito ai nostri esperti

CHI SIAMO

La posta del Sindaco è rivolto ad amministratori ed operatori degli enti locali: ricco di contenuti sempre aggiornati, il cuore del portale risiede nella possibilità di accedere, in modo semplice e veloce, ad approfondimenti, informazioni, adempimenti, modelli e risposte operative per una gestione efficiente e puntuale dell'attività amministrativa.

La Posta del Sindaco - ISSN 2704-744X

HALLEY notiziario

INFORMAZIONI

Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale

In collaborazione con:

la posta del sindaco

CONTATTI

Email

halley@halley.it

Telefono

+39 0737.781211

×