Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Danno all’immagine della PA per la violazione degli obblighi di trasparenza? Brevissime questioni di costituzionalità.
Servizi Comunali TrasparenzaApprofondimento di Alessandro Russo
Danno all’immagine della PA per la violazione degli obblighi di trasparenza? Brevissime questioni di costituzionalità.
Alessandro Russo
Da circa un decennio il Legislatore sembra aver ampliato il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione a fattispecie non previste dal Capo I Titolo II Libro II del codice penale[1]. Esempi in tal senso si rinvengono negli artt. 55-quater c. 3-quater e 55-quinques D.Lgs. 165/2011 smi[2] ed inoltre nell’art. 46 D.Lgs. 33/2013 smi[3].
Ebbene prima il Giudice costituzionale, con sentenza n. 335/2010, poi la Corte di cassazione a sezioni unite[4] e dal ultimo la Corte dei conti a sezioni riunite, con sentenza n. 8/QM/2015 sembrerebbero rimodulare l’ambito di applicazione della sanzione per danno all’immagine della PA solo all’interno dei reati tipici del pubblico dipendente.
Non può certamente sfuggire la circostanza che la responsabilità amministrativo-contabile - tradizionalmente ritenuta di natura risarcitoria - ha subìto graduali ma costanti ripensamenti in senso sanzionatorio, sia a livello normativo che giurisprudenziale[5].
Come accennato, già nel 2010 il Giudice delle leggi aveva ritenuto non palesemente arbitraria la scelta del Legislatore di delimitare il campo di applicazione dell’azione risarcitoria per danno all’immagine ai soli delitti contro la Pubblica Amministrazione, in questo modo attraendo la giurisdizione nella sola sfera della Corte dei conti.
Il medesimo solco si è poi stato seguito dalla Cassazione, secondo cui: <<la locuzione reato contro la Pubblica Amministrazione contenuto nell’art. 1 c. 1-sexies Legge n. 20/1994 va inteso come riferito ai delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti nel Capo I del Titolo II del Libro Secondo del codice penale, (…) a ciò conducendo anche la circostanza che il prezzo dell’illecito mercimonio della propria funzione (…) è normalmente previsto come uno degli elementi tipici di tali delitti.>>[6].
È intervenuta da ultimo – forse definitivamente – la Corte dei conti, che con sentenza n. 8/QM/2015 afferma il seguente principio di diritto: << l’art. 17 c. 30-ter, va inteso nel senso che le Procure della Corte dei conti possono esercitare l’azione per il risarcimento del danno all’immagine solo per i delitti di cui al Capo I del Titolo II del Libro Secondo del codice penale>>[7].
Preliminarmente il Collegio contabile vaglia la giurisprudenza sul tema, per escludere che per il danno all’immagine ad un ente pubblico possa esservi un giudice diverso dalla Corte dei conti adita in sede di giudizio di responsabilità.
Poi conclude che sia la Corte costituzionale che la Corte di cassazione sono concordi nel ritenere che la P.A. può chiedere il risarcimento del danno d’immagine al proprio dipendente nei soli casi in cui sia intervenuta condanna irrevocabile per uno dei reati commessi dal pubblico dipendente previsti dal codice penale[8].
La Corte dei conti ricorda infine che le fattispecie previste come reati del pubblico dipendente sono poste a tutela dei canoni - costituzionalmente protetti - di buon andamento, imparzialità, efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.
Il Legislatore avrebbe quindi circoscritto l’ambito dei delitti da cui può discendere un danno d’immagine per la PA a fattispecie ben delimitate; dovendosi così reputare fermo che, nei casi di reati comuni, sono tutelati beni diversi da quelli presidiati dall’art. 97 Costituzione.
Il Collegio contabile da ultimo afferma: <<si deve constatare che il Legislatore ha sì previsto alcune speciali ipotesi di danno all’immagine per la Pubblica Amministrazione (…), ma la disciplina organica avente ad oggetto la configurabilità di un danno all’immagine per la Pubblica Amministrazione specificamente collegato a fattispecie criminose è stata introdotta con l’art. 17, c. 30-ter., D.L. n. 78/2009>>[9].
Su queste basi il Collegio afferma che il danno all’immagine che le Procure contabili possono contestare al pubblico dipendente è circoscritto alle sole fattispecie delittuose previste nel Capo I Titolo II Libro II del codice penale.
Concludendo chi scrive non può fare a meno di evidenziare che se le norme degli artt. 55 –quater e 55-quinques del TU sul Pubblico impiego sono legate ad una fattispecie di rilievo penale - benché non ricompresa negli artt. 314 – 335 bis cod. pen. - lo stesso non può assolutamente dirsi per la violazione degli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 46 D.lgs. 33/2013 smi.
Così chi scrive ritiene di poter fare proprie le considerazioni di autorevole dottrina che afferma che una lettura costituzionalmente orientata del dispositivo dell’art. 46 dovrebbe prevedere che il danno all’immagine contestabile per la violazione degli obblighi di pubblicazione – come per il diniego di accesso civico – debba obbligatoriamente andare ad integrare le fattispecie previste dal Capo I Titolo II Libro II del codice penale[10] e non possa così essere contestato autonomamente al pubblico dipendente.
31 ottobre 2019
[1] I cd “reati contro la Pubblica Amministrazione” come noto quelli previsti dall’art. 314 al 335-bis del codice penale.
[2] L’art. 55-quater nell’elencare i casi di licenziamento disciplinare per giusta causa al c. 3-quater afferma che nei casi di falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza: <<la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro 20 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare. La Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrano i presupposti, emette invito a dedurre per danno d’immagine entro 3 mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L'azione di responsabilità è esercitata, (…), entro i 150 giorni dalla denuncia, senza possibilità di proroga. L'ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l'eventuale condanna non può essere inferiore a 6 mensilità dell'ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia.>>. L’art. 55-quinques invece specificando le sanzioni del pubblico dipendente che attesta falsamente la propria presenza in servizio giustifica l’assenza con certificazione medica falsa o falsamente attestante lo stato di malattia al c. 2 prevede che: <<il lavoratore , ferme la responsabilità penale e disciplinare e le sanzioni, e' obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'Amministrazione.>>.
[3] Art. 46 D.Lgs. n. 33/2013 smi: <<L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione e il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso civico, al di fuori delle ipotesi dell’art. 5-bis, costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'Amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. 2.Il responsabile non risponde dell'inadempimento prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.>>
[4] Vedi per tutte cassazione ss.uu. n. 5756/2012, 14831/2011 e 519/2010.
[5] Si vedano per tutte Corte cost. n. 371/1998 e Corte dei conti ss.rr. n. 12/QM/2007 le quali sanciscono che il paradigma della responsabilità amministrativa supera la mera forma risarcitoria per divenire anche sanzione afflittiva del pubblico dipendente che commette illeciti di qualsivoglia natura. Ed infatti: <<il Legislatore ha conformato la responsabilità dei dipendenti alle mutate realtà del pubblico impiego; d’altra parte la limitazione della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave alluderebbe ad un restringimento delle ipotesi di responsabilità amministrativa ai soli casi definiti gravemente colposi. (…). Pertanto, (…) la nuova disciplina terrebbe conto del mutato assetto dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione che collega la valutazione personale ai risultati conseguiti.>> cfr. Corte cost. n. 371/1998 par. 4.2 del Ritenuto in fatto.
[6] Così cassazione sez. II penale n. 14605/2014.
[7] Cfr. Corte dei conti ss.rr. n. 8/QM/2015 p. 30. Si rammenta che l’art. 17 c. 30-ter D.L. n. 78/2009, convertito, dispone che le Procure della Corte dei conti possono esercitare l’azione per il risarcimento del danno all’immagine causato alla PA nei soli casi in cui il pubblico dipendente sia condannato definitivamente per uno dei delitti del pubblico dipendente contro la PA.
[8] Degno di rilievo è per chi scrive il presente arresto del Giudice dei conti: <<Si è voluto ripercorrere il quadro giurisprudenziale offerto sia dalla Corte costituzionale che dalla Suprema Corte poiché si ritiene che la pronuncia richiesta a questo organo giurisdizionale nomofilattico non possa prescinderne; ciò non perché si sia in presenza di effetti vincolanti – che si escludono – ma per intuibili esigenze di prudente ragionevolezza nell’opera di interpretazione di norme giuridiche che, pur in ossequio al principio del libero convincimento, deve tuttavia tener conto dell’ermeneusi giurisprudenziale proveniente dal Giudice delle Leggi e dal Giudice regolatore della legittimità e della giurisdizione.>>, cfr. Corte dei conti ss.rr. n. 8/QM/2015 p. 25.
[9] Cfr. Corte dei conti ss.rr. n. 8/QM/2015 p. 29.
[10] Vedi D.U. GALETTA Accesso civico e trasparenza della Pubblica Amministrazione alla luce delle (previste) modifiche alle disposizioni del D.lgs. n. 33/2013, in www.federalismi.ti, 2016.
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