Approfondimento di Luigi Oliveri

Opportuna se non doverosa la pubblicazione in GU dei bandi per gli articoli 110 Tuel

Servizi Comunali Trasparenza
di Oliveri Luigi
12 Novembre 2019

Approfondimento di Luigi Oliveri                                                                                              

Opportuna se non doverosa la pubblicazione in GU dei bandi per gli articoli 110 Tuel

Luigi Oliveri

 

Per attribuire gli incarichi a contratto previsti dall’articolo 110 del d.lgs 267/2000 (da applicare sempre in combinazione con l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001) occorre sempre la massima pubblicità possibile.

Non si deve dimenticare che l’articolo 110, a differenza dell’articolo 109, comma 1, sempre del Tuel, e dell’articolo 19, commi da 1 a 5, del d.lgs 165/2001, non è finalizzato a definire una procedura interna indirizzata a reperire tra il personale di ruolo quello più idoneo a svolgere certi incarichi dirigenziali, bensì è volto alla costituzione di un rapporto di lavoro. L’articolo 110 permette di assumere un dirigente o un responsabile di servizio con contratto a tempo determinato, per lo svolgimento di un incarico connesso all’assunzione stessa.

Dunque, si tratta di una procedura di reclutamento vera e propria. Come tale, è impensabile ritenerla sottratta all’applicazione di principi generali e regole minime di garanzia di trasparenza, imparzialità e buon andamento, nel rispetto dell’articolo 97 della Costituzione.

Molte amministrazioni si pongono il problema dell’eventuale obbligatorietà di rendere pubblica la procedura di assunzione ai sensi dell’articolo 110 attraverso pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Sul tema, la divisione è estrema. Sia tra gli operatori, sia in giurisprudenza. C’è, dunque, chi afferma l’obbligatorietà dell’adempimento, chi invece la nega. In effetti, in rete si notano molti avvisi di selezione pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma altrettanti sono quelli non pubblicizzati in tal modo.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 10 settembre 2018, n. 5289, è stata da molti presa come parametro per evidenziare l’inesistenza dell’obbligo di pubblicare gli avvisi o i bandi sulla Gazzetta Ufficiale. Il caso trattato da Palazzo Spada riguarda un comune che ha deciso per autovincolo imposto da se stesso di applicare le regole di pubblicità previste dal dpr 487/1994. Ma, il Consesso ritiene che l’articolo 110 dia luogo ad una procedura selettiva, sì, ma “idoneativa” e non concorsuale. Dunque, la regolamentazione della selezione alla stregua di un vero e proprio concorso non è affatto obbligatoria, come non obbligatoria è la pubblicità mediante Gazzetta Ufficiale.

La sentenza è per moltissimi aspetti criticabile. Non convince affatto la ricostruzione della selezione richiesta dall’articolo 110 del Tuel come meramente “idoneativa” e caratterizzata da fiduciarietà.

L’articolo 110, comma 1, impone una selezione. Se questa non è svolta in modo sommario e a arbitrario, i componenti dell’organismo selettivo avranno debbono necessariamente valutare se i candidati abbiano alternativamente o cumulativamente i requisiti minimi indicati dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 267/2000, da tenere obbligatoriamente in considerazione ai fini dell’articolo 110; ma, per scegliere alcuni candidati fra tanti allo scopo anche di realizzare una short list ovviamente l’organismo selettivo si deve dare un criterio di pesatura dei requisiti posseduti, così da giungere alla conclusione che solo alcuni tra tanti sono quelli che possiedano quei requisiti in modo pieno e più ampio rispetto agli altri.

Inevitabilmente, dunque, si crea se non una graduatoria, comunque un ordine di priorità, che, sempre se il lavoro compiuto non sia sommario ed arbitrario, riguarderà anche proprio i selezionati della lista breve.

Questo è quel che accade nel sistema sanitario. E’ configurabile come procedura “idoneativa” infatti quella espressamente prevista dall’articolo 15, comma 7-bis, del d.lgs 502/1992 finalizzata all’attribuzione degli incarichi di direttore di unità organizzative complesse (un tempo denominati “primari”). E’ bene precisare: si tratta di incarichi da attribuire a personale di ruolo e non di assunzioni dall’esterno, come invece prevede l’articolo 110.

La procedura di cui all’articolo 15, comma 7-bis, citato, prevede un avviso ed una valutazione da parte di una commissione, la quale, ricevute le domande degli interessati compie l'analisi comparativa dei curricula, dei titoli professionali posseduti, avuto anche riguardo alle necessarie competenze organizzative e gestionali, dei volumi dell'attività svolta, dell'aderenza al profilo ricercato e degli esiti di un colloquio; espletata questa istruttoria, “la commissione presenta al direttore generale una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti”.

Come si nota, in questo caso, anche se la procedura è finalizzata ad individuare gli idonei, tuttavia:

a) è selettiva, perché limita a tre gli idonei;

b) prevede un’analisi comparativa, necessaria proprio per selezionare solo tre tra i tanti;

c) si conclude con una “terna”, che di fatto è una vera e propria graduatoria, perché formata in base ai punteggi ottenuti dai candidati.

La norma, tuttavia, non considera tale terna come inderogabilmente vincolante. Infatti, stabilisce che “il direttore generale individua il candidato da nominare nell'ambito della terna predisposta dalla commissione; ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il migliore punteggio, deve motivare analiticamente la scelta”.

Quindi, il direttore generale non è libero di scegliere nella short list chi meglio ritenga, intuitu personae. No: perché la short list lo vincola, sia pure in modo non insuperabile, dal momento che è formata in ordine di punteggio. Per sovvertire l’ordine, quindi, il direttore generale deve spiegare in modo profondo ed analitico le ragioni di tale scelte. Dovrebbe essere ben chiaro che persino in una procedura configurata senza dubbio come idoneativa dalla legge chi effettua la scelta nella realtà non è affatto libero di scegliere tra una short list di “idonei” tra loro equivalenti, perché la lista non è di equivalenti, ma dei tre migliori e secondo un ordine di punteggio.

A maggior ragione, l’idea che l’articolo 110 dia corso ad una procedura idoneativa è insostenibile. Infatti, la norma è minimamente paragonabile nel suo impianto a quella del sistema sanitario, ma soprattutto essa parla con chiarezza estrema di procedura selettiva, che come tale non è idoneativa.

Fermiamoci un attimo. Cosa vuol dire esattamente “selezione”? Questa parola proviene dal latino, selectionem, a sua volta derivato dal participio passato selectus del verbo seligo. Esso è composto di due elementi: il prefisso -se, che indica separazione ed il verbo lego che significa scegliere. Dunque, selezionare significa scegliere alcuni tra tanti. Il processo selettivo non è che si fermi nel momento in cui un organismo abbia prodotto una rosa di nomi. Anche il sindaco, laddove sia coinvolto (come molti bandi prevedono) nella procedura, continua nella selezione, dovendo scegliere tra i tre quel solo cui affidare l’incarico. Ma, la scelta del sindaco deve essere motivata, come impone l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001. Quindi, basarla solo sulla “fiducia” vuol dire produrre un provvedimento illegittimo perché privo della necessaria motivazione. E mentre il sistema sanitario consente al direttore generale di sovvertire l’ordine della lista breve, ciò al sindaco non è consentito. La selezione prevista dall’articolo 110, quindi, è necessariamente vincolante e non consente al sindaco di modificarne gli esiti. Per converso, una selezione effettuata in modo da indicare al sindaco solo l’idoneità dei selezionati, dandola per equivalente in modo che il sindaco decida arbitrariamente, è da considerare illegittima, perché non realmente selettiva. La motivazione della scelta non può che ricadere nell’attribuzione di punteggi espressi dalla commissione valutativa.

Con questa chiave di lettura necessaria la previsione dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000 che impone la selezione assume tutta una luce diversa: “Fermi restando ì requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell' incarico”. La “selezione pubblica” deve spingersi fino all’individuazione dell’incaricato, non può fermarsi un po’ prima per permettere al sindaco di scegliere per motivi non esplicitabili, come la “fiducia”, parola nemmeno minimamente menzionata dalla norma e concetto, del resto, in assoluto contrasto non solo con il chiaro disposto normativo dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, ma con ogni principio che regge l’agire pubblico, partendo dall’articolo 97 della Costituzione e passando per la legge 241/1990.

L'assunzione del dirigente a contratto non può essere fiduciaria perché c'è una selezione pubblica da spingere fino all’individuazione dell’incaricato e perché l'articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 impone la motivazione.

Escluso il carattere idoneativo della selezione, essa è da considerare necessariamente “concorsuale”: più concorrenti competono tra loro per ottenere quella valutazione tale da assicurare la posizione più elevata nella graduatoria, che ne dimostra la migliore professionalità (in astratto).

Abbiamo scritto l’aggettivo concorsuale tra virgolette. La legge non qualifica la selezione di cui all’articolo 110 come “concorso”. Ma, gli effetti, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, non possono che essere gli stessi.

Sulla base di queste considerazioni, risolvere il problema degli obblighi di pubblicità secondo lo schema Gazzetta Ufficiale-sì, Gazzetta Ufficiale-no è semplicistico e riduttivo.

Di fatto, il Consiglio di stato, pur nella sostanziale inaccettabilità della ricostruzione dell’articolo 110 offerta, conferma che gli enti possono scegliere di pubblicare su Gazzetta Ufficiale, autovincolandosi al rispetto delle previsioni del dpr 487/1994.

Sembra, tuttavia, chiaro che in ogni caso gli enti hanno l’obbligo di garantire uno standard di pubblicità estremamente elevato.

Sul punto, basta riferirsi alle norme anticorruzione. Le procedure di reclutamento sono considerare ex lege ad alto rischio dall’articolo 1, comma 16, della legge 190/2012. Gli incarichi a contratto non possono non meritare, quindi, particolare attenzione, anche sotto gli aspetti della pubblicità, visto che essa, insieme con la trasparenza, costituisce di per sé misura per ridurre i rischi connessi alle assunzioni, particolarmente elevati in un ambito nel quale impera la convinzione della fiduciarietà, cosa che espone gli incarichi a contratto a decisioni arbitrarie e clientelari.

L’Anac, con deliberazione 87/2016 ha pesantemente censurato un comune perché nel piano triennale di prevenzione della corruzione tra i rischi “non è richiamato, tuttavia, quello concernente l’«abuso nei processi di stabilizzazione finalizzato al reclutamento di candidati particolari» né quello relativo a «previsioni di requisiti di accesso “personalizzati” ed insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire allo scopo di reclutare candidati particolari», all’«inosservanza delle regole procedurali a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità della selezione», la «motivazione generica e tautologica circa la sussistenza dei presupposti di legge per il conferimento di incarichi professionali allo scopo di agevolare soggetti particolari», che riguardano certamente il conferimento di incarichi dirigenziali ex art. 110 TUEL”. Ed ha imposto all’ente di “prevedere nell’Area di rischio «Acquisizione e progressione del personale», i processi relativi alle procedure di conferimento di dirigenti a contratto, di incarichi dirigenziali, di alta specializzazione e di posizioni organizzative, con o senza funzioni dirigenziali, e prevedere la massima pubblicità e trasparenza del bando di selezione, la nomina di una Commissione tecnica deputata all’accertamento del possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico in capo ai candidati nonché la definizione di un Elenco di idonei all’esito dei lavori della Commissione”.

Occorre, talvolta, superare l’altrettanto semplicistica tentazione di risolvere i problemi interpretativi sulla base di quanto affermato esplicitamente da una specifica e sola norma di settore. Ragionare in termini di “la legge lo dice” o “la legge non lo vieta” è riduttivo ed erroneo. Il sistema è un “ordinamento giuridico”, composto da una serie di norme positive, da porre in correlazione tra loro per comporre un sistema senza lacune e, quindi, mediante interpretazioni sistematiche, capaci di cucire apparenti vuoti con l’analogia o l’attuazione di principi generali, enunciati o desunti, da ricavare da altre norme e, soprattutto, dalla Costituzione.

L’insieme delle regole per l’accesso agli impieghi, composto dalle norme della Costituzione, dalla legge 241/1990, dal d.lgs 165/2001, dal dpr 487/1994, dalla legge 190/2012, dal Piano Nazionale Anticorruzione, non può non persuadere dell’obbligo – evidenziato dall’Anac – di dare alle procedure di cui all’articolo 110 del d.lgs 267/2000 la massima pubblicità e trasparenza. Quindi, la pubblicazione del bando sull’apposita sezione di Amministrazione Trasparente è un minimo indefettibile; ma, per arrivare al “massimo” occorrono forme di pubblicità ulteriori, perché sia possibile per tutti, compresi anche gli algoritmi di ricerca on line, “captare” il bando e renderlo conoscibile a tutti.

Sotto questo punto di vista, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sta nel vertice “massimo” delle garanzie imposte dal complesso delle norme e non certo nel vertice “minimo”. Per quanto, quindi, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non sia esplicitata come obbligatoria da nessuna norma, l’ordinamento la deve far considerare come altamente opportuna; il buon andamento, forse, ci dovrebbe portare a considerarla in ogni caso doverosa.

9 novembre 2019

 

Indietro

Approfondimenti

Non hai trovato le informazioni che stavi cercando?

Poni un quesito ai nostri esperti

CHI SIAMO

La posta del Sindaco è rivolto ad amministratori ed operatori degli enti locali: ricco di contenuti sempre aggiornati, il cuore del portale risiede nella possibilità di accedere, in modo semplice e veloce, ad approfondimenti, informazioni, adempimenti, modelli e risposte operative per una gestione efficiente e puntuale dell'attività amministrativa.

La Posta del Sindaco - ISSN 2704-744X

HALLEY notiziario

INFORMAZIONI

Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale

In collaborazione con:

la posta del sindaco

CONTATTI

Email

halley@halley.it

Telefono

+39 0737.781211

×