Approfondimento di Alessandro Russo

È il giudice ordinario che decide del danno da attività legittima dell’Amministrazione

Servizi Comunali Responsabilità amministrativa
di Russo Alessandro
25 Novembre 2019

Approfondimento di Alessandro Russo                                                                                                   

È il giudice ordinario che decide del danno da attività legittima dell’Amministrazione.

Alessandro Russo

 

Nel 2013 una società di demolizione depositava segnalazione di inizio attività (SCIA) presso il settore edilizia di un Comune alle porte di Milano, per la realizzazione di una barriera fonoassorbente che avrebbe attenuato la rumorosità dell’attività e di conseguenza il disagio subito dalle confinanti civili abitazioni.

L’Ente dapprima acconsentiva, tacitamente, ai lavori per poi emanare - con 2 mesi di ritardo - un’ordinanza di immediata sospensione dei lavori per la rilevata violazione dei limiti di distanza tra costruzioni fronteggianti, ai sensi dell’art. 27 c. 3 DPR n. 380/2001 smi.

La società ricorreva avverso il provvedimento ed il Tar Lombardia sez. II con sentenza n. 218/2015, pur riconoscendo che secondo consolidata giurisprudenza: <<le controversie che attengono al risarcimento del danno lamentato per l’annullamento (legittimo) di provvedimento favorevole illegittimo sono devolute alla cognizione del giudice ordinario>>[1], si riteneva competente, affermando da una parte la legittimità del provvedimento dell’Amministrazione, ma condannandola  dall’altra a risarcire il danno da atto legittimo: il Tar infatti rilevava la colposa contraddittorietà del comportamento dell’Ente che prima acconsentiva all’edificazione di una barriera fonoassorbente per poi ordinarne la demolizione dopo circa 3 mesi per la violazione delle “distanze sanitarie” tra edifici fronteggianti, che ben poteva essere rilevata nei 30 giorni successivi alla presentazione della segnalazione.

Il Comune proponeva appello al deciso di prime cure ed il Consiglio di Stato sez. VI, con sentenza n. 4756/2019, lo accoglieva.   

Il Collegio, dando continuità ad un granitico orientamento della giurisprudenza, ribadiva infatti la competenza del giudice ordinario a decidere sul danno da atto legittimo, affermando invece la propria giurisdizione soltanto sulle: <<controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi espressione di pubblici poteri>>[2].

Il Consiglio di Stato insiste ancora affermando la giurisdizione ordinaria quando la domanda non investa scelte ed atti autoritativi dell'Amministrazione, ma solo un'attività da espletarsi secondo le normali regole di diligenza e prudenza, nel rispetto del principio del neminem ledere[3]. Dalla parte opposta, quando il danno sia conseguenza immediata e diretta dell'illegittimità dell'atto impugnato, la tutela risarcitoria dovrà essere invocata di fronte al giudice amministrativo[4].

Su queste basi il Consiglio di Stato accoglie l’appello proposto dall’Ente dichiarando la nullità della sentenza Tar Lombardia n. 218/2015 per difetto di giurisdizione ed indica nel giudice ordinario la magistratura competente in tema di risarcimento da atto amministrativo legittimo.

21 novembre 2019

 

[1] Cfr. Tar Lombardia sez. II n. 218/2015 par. 53 e nello stesso senso cass. ss.uu. n. 6594/2011.

[2] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI n. 4756/2019. Rileva ancora il Collegio: <<All'esito della sentenza Corte cost. n. 204/2004 emerge la giustiziabilità avanti all'Autorità Giudiziaria Ordinaria delle controversie in cui si denunzino comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 c.c., per non avere la P.A. osservato condotte doverose, restando escluso il riferimento ad atti e provvedimenti di cui la condotta dell'Amministrazione sia esecuzione, quando essi non costituiscano cioè oggetto del giudizio, per essersi fatta valere in causa unicamente l'illiceità della condotta dell'ente pubblico suscettibile di incidere sulla incolumità e i diritti patrimoniali del terzo>>

[3] Vedi anche nel medesimo senso cass. ss.uu. nn. 17547/2017, 5926/2011 e 25036/2005.

[4] Vedi cass. ss.uu. n. 1654/2018.

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