Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Le ferie arretrate non sono monetizzabili per il caso di pensionamento
Servizi Comunali Congedo ordinario Trattamento economicoApprofondimento di Luigi Oliveri
Le ferie arretrate non sono monetizzabili per il caso di pensionamento
Luigi Oliveri
Le ferie arretrate non sono monetizzabili per il caso di pensionamento “quota 100”, anche nel caso di piccolo comune. Le dimensioni ridotte non sono una scusante di una non corretta o carente programmazione.
La delibera della Corte dei Conti Molise parere n.98/2019/Par del 26 luglio 2019 evidenzia comportamenti gestionali delle amministrazioni pubbliche da considerare scorretti e forieri del danno derivante dal pagamento sostitutivo delle ferie, vietato dall’articolo 5, comma 8 del D.L. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 135/2012.
I comportamenti scorretti consistono essenzialmente nel ritenere che gli enti di piccole dimensioni siano da considerare come esentati dall’obbligo di programmare le ferie; così come estranei comunque al dovere datoriale di intervenire affinché in ogni caso il dipendente esaurisca le ferie, una volta resasi attuale l’eventualità delle dimissioni per pensionamento.
Per gli enti locali di piccole dimensioni e, ovviamente, per i vertici politici ed amministrativi, la constatazione del limitato numero dei dipendenti in servizio viene travisata come causa escludente l’applicazione della normativa che a vario titolo ed in vario modo, invece, impone di gestire le ferie in maniera assolutamente indifferenziata, quale che sia la dimensione dell’ente.
Infatti, spiega molto bene la Sezione, “incombe sugli enti datori di lavoro, anche di piccole dimensioni, programmare le attività lavorative al fine di favorire la fruizione delle ferie da parte dei dipendenti”.
E’ chiaro che la presenza di poco personale in servizio rende difficoltosa la fruizione delle ferie, visto che risulta difficile la sostituzione concreta del personale in ferie. Ma, è con la programmazione che si può e si deve rimediare a queste difficoltà, non essendo evidentemente pensabile che la soluzione consista nel non consentire le ferie o, peggio, di lasciarle all’individuale arbitrio del lavoratore. La programmazione consente di individuare in anticipo periodi di riduzione delle attività, magari da comunicare preventivamente alla popolazione, e strumenti per la sostituzione anche interna – se possibile – o esterna (si dimentica molto spesso che norme come l’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004, dovrebbero rimediare esattamente a queste esigenze temporanee, lungi dall’essere, invece, qualificati come strumenti per l’ordinaria e duratura copertura di posti vacanti).
La monetizzazione delle ferie, in quanto vietata (e, comunque, anche non vi fosse la norma del 2012 consisterebbe comunque in una spesa il cui titolo consisterebbe in un sostanziale inadempimento, come tale comunque passibile di responsabilità erariale), non può e non deve essere considerata come rimedio generale all’accumulo improprio ed indebito di ferie.
Come evidenza la Sezione, richiamando la giurisprudenza della Consulta “il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute opera nei soli casi di vicende estintive del rapporto di lavoro governabili dalla volontà del lavoratore o dalla capacità organizzativa del datore di lavoro”. La monetizzazione, quindi, può entrare in gioco solo per eventi del tutto imprevisti ed imprevedibili e non dipendenti né dalla volontà datoriale, né del lavoratore.
Il pensionamento non può che dipendere dall’anzianità o dalla vecchiaia: e in questo caso deve essere necessariamente programmato dall’ente; oppure, dipende dalla volontà del lavoratore che dia le dimissioni.
Quindi, il divieto di monetizzazione ricorre in ogni caso, se si tratta di pensionamento, anche per quota 100. Tanto più che il preavviso di 6 mesi consentirebbe agevolmente di programmare la fruizione delle ferie residue. Questo, ovviamente in una gestione non viziosa, che abbia impedito l’accumularsi di decine e decine di ferie arretrate.
D’altra parte, la magistratura contabile evidenzia, condivisibilmente, che le indifferibili esigenze capaci di giustificare il differimento delle ferie fino al giugno dell’anno successivo (come prevede la norma) non possano conseguire ad errate scelte organizzative. Le esigenze di differimento delle ferie debbono consistere in eventi “esogeni”, non cagionate dalla carenza programmatica e da una gestione, quindi, del “giorno per giorno”, confusionaria e priva di un’organizzazione a monte.
Non è, dunque, giustificabile in alcun modo la carenza organizzativa e programmatoria dell’ente; né la monetizzazione delle ferie può trovare fondamento proprio in tali carenze.
Oltre tutto, spiega ancora la Sezione Molise, non è credibile che un dipendente la cui cessazione dal servizio intervenga alla fine della seconda parte dell’anno disponga di un ammontare di giorni di ferie tale da non poter essere smaltito. Perché, afferma la magistratura “ogni argomento fondato sulla possibilità di disporre un legittimo differimento diviene recessivo nei casi (come quello esposto nella richiesta) in cui la cessazione dal servizio intervenga nella seconda metà dell’anno, le ferie maturate nell’anno precedente dovendo, in tal caso, essere state nel frattempo necessariamente smaltite”. Né può ammettersi “che l’ente comunichi, genericamente e per un lasso di tempo considerevole, che sussistono ragioni di servizio - sempre sindacabili dalle autorità competenti – che impedirebbero ai dipendenti la fruizione delle ferie”.
E quelle volte che la giurisprudenza contabile abbia escluso responsabilità erariale per intervenuta monetizzazione delle ferie, ciò è accaduto (peraltro in riferimento a fattispecie di cessazione del rapporto intervenuta in data antecedente all’entrata in vigore del D.L. 95/2012) per valutazione di assenza della colpa grave, dunque evidenziando comunque la sussistenza del danno; in ogni caso questa giurisprudenza ha comunque sottolineato “la necessità di “utilizzare tutti gli strumenti previsti dalla legge per evitare l’accumulo di ferie non godute da parte di un dipendente comunale” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, sentenza 4 marzo 2016, n. 15)”.
L’accumulo delle ferie, dunque, è indice di cattiva gestione e non può costituire titolo per ammettere la monetizzazione delle ferie, in vista di pensionamenti.
Anche perché, conclude la Sezione Molise, “l’impossibilità di monetizzazione delle ferie non godute impone in capo al datore di lavoro il potere-dovere di adottare i provvedimenti di assegnazione delle ferie anche nel caso di comunicazione di recesso con preavviso da parte del lavoratore”
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