Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Il Dirigente esterno non può essere nominato Responsabile anticorruzione

Servizi Comunali Anticorruzione
di Palumbo Pietro Alessio
04 Febbraio 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                     

Il Dirigente esterno non può essere nominato Responsabile anticorruzione

 Pietro Alessio Palumbo

 

L'organo di indirizzo individua il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio, disponendo le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettività.

Segnatamente, negli enti locali, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è individuato, di norma, nel segretario o nel dirigente apicale, salva diversa e motivata determinazione.

Tra le altre incombenze il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza segnala all'organo di indirizzo e all'organismo indipendente di valutazione le disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e  per la trasparenza e indica agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza.

Ebbene con la recente Delibera n°1121/2019 (nel file allegato), l’Autorità nazionale anticorruzione ha chiarito che l’incarico di Responsabile anticorruzione ad un soggetto esterno in posizione di comando, in servizio tuttavia non di ruolo, rappresenta una eccezione assoluta, così come la concentrazione di molteplici funzioni in capo ad unico soggetto, a partire da quelle inerenti le aree esposte a maggior rischio corruttivo fino ad arrivare all’incarico di Responsabile anticorruzione stesso.

Il precipitato logico è che quantomeno necessita una motivazione stringente, puntuale, ampia che rappresenti le ragioni tangibili ed effettive che possano aver condotto ad operare in extrema ratio una tale designazione discordante dalle ordinarie linee di scelta raccomandate dall’Autorità nazionale anticorruzione.

 

La vicenda

Nell’ambito di verifiche d’ufficio l’ANAC rilevava che un Responsabile anticorruzione era stato individuato nel Direttore Generale in servizio, Dirigente di I fascia, collocato in posizione di comando presso l’Ente coinvolto.

Con apposita nota l’Autorità chiedeva chiarimenti in merito al conferimento dell’incarico di Responsabile anticorruzione ad un soggetto esterno all’Amministrazione, richiamando in particolare i principi definiti nel Piano nazionale anticorruzione 2016.

A questo punto l’Ente forniva riscontro riferendo all’Autorità le ragioni del conferimento dell’incarico di Responsabile anticorruzione al Direttore Generale dell’Ente, spiegando che la scelta era stata dettata dall’esperienza pluriennale maturata dal soggetto coinvolto.

 

Le questioni

Le questioni chiave messe sul tavolo dalla vicenda in analisi sono due:

  1. il possibile difetto di indipendenza e di autonomia di un soggetto in comando;
     
  2. la dubbia compatibilità della carica di Responsabile anticorruzione in capo allo stesso soggetto che già svolge compiti gestionali.

 

Le delucidazioni ANAC

Sotto il primo profilo l’istituto del comando può comportare l’assenza di quel carattere d’effettiva indipendenza, autonomia e stabilità che la legge e l’Autorità anticorruzione stessa considerano caratteri irrinunciabili per la nomina e per l’espletamento dell’incarico di Responsabile anticorruzione.

A ben vedere con riferimento all’individuazione del Responsabile anticorruzione, la Legge anticorruzione del 2012 dispone che il Responsabile anticorruzione deve essere scelto di norma tra i dirigenti di ruolo, in servizio.

Ad attenta analisi deve rilevarsi che la ragione di questa precisa scelta del legislatore deve essere ricercata nella necessità di scegliere un soggetto che, oltre ad avere le competenze professionali necessarie, per un verso sia evidentemente interno all’Amministrazione, in altre parole ne conosca bene l’organizzazione e le
peculiari caratteristiche, e per altro verso sia dotato inequivocabilmente di “indipendenza”, elemento indispensabile per il corretto ed anche sereno assolvimento del proprio delicatissimo incarico professionale.

L’individuazione come Responsabile anticorruzione di un dirigente esterno va quindi considerata una ipotesi del tutto e assolutamente eccezionale.

E in tale straordinaria evenienza è richiesta una congrua e analitica motivazione anche in ordine all’assenza di soggetti interni aventi requisiti previsti dalla legge, poiché, sia chiaro, è ferma l’assoluta preferenza da accordarsi al personale dipendente in ruolo: il Responsabile anticorruzione deve essere individuato all’interno di ciascuna amministrazione, nei suoi ruoli, tra i dirigenti amministrativi in servizio.

Peraltro, nell’ipotesi di assenza di figure dirigenziali, l’incarico può essere conferito ad un profilo non dirigenziale che naturalmente assicuri comunque le idonee competenze atte al ruolo.

Allora, se si analizza con riflessione la fattispecie in esame, può notarsi che l’atto di nomina in questione, non solo si discosta dai principi sopra menzionati, ma neppure è adeguatamente motivato.

Ci si limita a rappresentare l’assenza nell’Ente di personale interno con qualifica dirigenziale. E ciò non è sufficiente a conferire la legittimità all’incarico in questione a un dirigente esterno in comando.

Ma non è tutto.

Quanto al secondo profilo di criticità, l’ANAC ha rimarcato che l’Ente ha assegnato al soggetto coinvolto ed in qualità di Direttore Generale, tra le altre, anche le dirette funzioni inerenti alle attività contabili, all’attività contrattuale e alla gestione del personale. Tali attività, che rivestono evidente carattere gestionale, sono vieppiù proprie delle aree esposte a maggior rischio corruttivo.

Ebbene anche da ultimo, nel Piano Nazionale Anticorruzione 2019, l’Autorità ha ribadito che il Responsabile anticorruzione deve essere scelto, di norma, tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgono attività di gestione e di amministrazione attiva. Nel caso in esame invece, l’organo di indirizzo dell’Ente ha al contrario concentrato in un unico soggetto tutte le responsabilità inerenti ai settori a maggiore rischio corruttivo, e in più, in aggiunta, ha attribuito al Dirigente in questione proprio il ruolo di Responsabile anticorruzione.

In altre parole, in casi come quello di specie l’individuazione del Responsabile anticorruzione in un soggetto esterno all’Amministrazione, in servizio ma non di ruolo, in quanto in posizione di comando, ed a tempo limitato, ha l’effetto di privare il Responsabile stesso di effettiva autodeterminazione e autosufficienza.

E ciò è tanto più marcato quando risulti assente – come nel caso di specie - una appropriata e particolareggiata motivazione che possa (provare a) giustificare la (eccezionale) deroga alla ordinaria regolazione di sistema.

Diventano ancor più marcate le criticità laddove ci sia concentrazione di molteplici funzioni in capo ad unico soggetto, a partire da quelle inerenti proprio le aree maggiormente esposte a rischio corruttivo.

Un “Rischio critico” quindi non tralasciabile che si fa oltremodo presente qualora a tale soggetto vengano addirittura assegnate le funzioni di Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza.

Il corollario è dunque conseguente e logico: un tale incarico non è conforme alla legge né tantomeno in linea con le indicazioni dell’Autorità nazionale anticorruzione.

1 febbraio 2020

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