Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Contrattazione tardiva e calcolo dell’aumento pro quota del trattamento accessorio
Servizi Comunali Salario accessorioApprofondimento di Luigi Oliveri
Contrattazione tardiva e calcolo dell’aumento pro quota del trattamento accessorio
Luigi Oliveri
Secondo le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti la contrattazione tardiva non consente in alcun modo di erogare legittimamente le risorse del fondo del salario accessorio diverse da quella della parte stabile (per altro, si deve ritenere, limitate alle sole risorse stabilite direttamente dalla contrattazione collettiva).
Si deve, infatti, uscire dall’equivoco di considerare regole contabili equivalenti o sovrapponibili a quelle giuridiche. E’ vero che sul piano contabile la costituzione del fondo (che per altro va fatta ben prima della contrattazione), ai sensi del principio contabile 5/2, 4.1, consente di imputare le risorse al fondo pluriennale vincolato. Tuttavia, una contrattazione decentrata tardiva costituisce il titolo giuridico che fa scattare il diritto di credito alle prestazioni appunto tardivamente “a giochi fatti”; il che è particolarmente negativo, se ciò avvenga addirittura l’anno successivo all’avvio della contrattazione.
Come ha insegnato la Sezione regionale di controllo per il Friuli Venezia Giulia con la delibera 29/2018, l’unico modo per evitare conseguenze negative derivanti dalla contrattazione tardiva è fissare – come del resto sarebbe necessario – gli obiettivi a inizio anno col piano dettagliato degli obiettivi o il Peg, prevedendo le modalità della valutazione col sistema permanente di valutazione. Se, invece, si demanda alla contrattazione decentrata (in modo erroneo) sia la fissazione delle modalità di valutazione, sia, soprattutto, l’individuazione degli obiettivi, è evidente che la contrattazione tardiva interverrebbe a rendicontazione di una gestione già svolta, perdendo del tutto l’effetto incentivante connesso.
E’ corretto, comunque, osservare che le posizioni delle sezioni regionali di controllo non collimano con la visione dei giudici del lavoro, per i quali la tardività della sottoscrizione dei contratti decentrati non costituisce un problema di legittimità delle obbligazioni. Ma, questa discrasia, che sarebbe certamente meglio eliminare con opportune norme di diritto sostanziale e processuale oggi assenti, rende maggiori le responsabilità degli enti. Infatti, il riconoscimento da parte del giudice del lavoro dell’efficacia vincolante di contratti tardivi rischia di far emergere responsabilità civilistiche risarcitorie, che si aggiungerebbero a quelle erariali.
E’, ulteriormente, corretto, comunque, evidenziare come non sempre le posizioni delle sezioni regionali di controllo siano condivise dalle sezioni giurisdizionali. Non è scontato che la contrattazione tardiva, di fronte al giudice giudicante, determini effettivamente la condanna per danno. Ma, i sistemi per evitare i rischi vi sono e sono stati descritti dalla già ricordata delibera 29/2018 della Sezione Friuli Venezia Giulia.
A proposito degli obiettivi a inizio anno, è opportuno ricordare che essi possono essere fissati sebbene il bilancio di previsione non sia ancora approvato. Lo chiarisce la deliberazione della Sezione Autonomie 18/2014: “Si ribadisce la necessità che gli enti si dotino di strumenti provvisori di indirizzo e di programmazione finanziaria e operativa (quali ad esempio il Piano esecutivo di gestione provvisorio e/o direttive vincolanti degli organi di governo) al fine di sopperire all’assenza, all’inizio dell’esercizio, degli strumenti di programmazione previsti dall’ordinamento. Ciò deve consentire di raggiungere i principali obiettivi sopra richiamati, in attesa della definitiva approvazione del bilancio di previsione. E’ quindi da evitare una gestione in esercizio provvisorio “al buio”, carente, cioè, di indirizzi approvati dai competenti organi di governo”. E, in ogni caso, sul punto è molto chiaro l’articolo 5, comma 1-ter d.lgs 150/2009: “nel caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuità dell'azione amministrativa”.
In quanto ai possibili problemi connessi all’incremento proporzionale pro quota, previsto dall’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del d.l. 34/2019, è bene innanzitutto chiarire che esso non riguarda il fondo del salario accessorio, bensì il trattamento accessorio nel suo complesso, che è grandezza più ampia. Nel trattamento accessorio rientrano, ad esempio, anche le retribuzioni di posizione e risultato delle Posizioni Organizzative, nonché indennità non finanziate dal fondo, come quella di vigilanza o per i centralinisti non vedenti.
Alcuni autori hanno espresso una serie di dubbi sul tale incremento pro quota. Per esempio sul modo di calcolare il personale in servizio; appare abbastanza evidente che il calcolo non è riferito alla media, ma seccamente al numero dei dipendenti in servizio alla data del 31.12.2018, stando, almeno, al tenore letterale dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del d.l. 34/2019.
In quanto ai dirigenti: è evidente che i dirigenti debbono essere “compresi”, ma con un calcolo a parte. Il trattamento accessorio è composto almeno di 3 grandezze: il trattamento accessorio non finanziato dai fondi, come appunto le retribuzioni delle PO; il fondo della contrattazione decentrata per il personale delle qualifiche; il fondo della contrattazione decentrata per la dirigenza. Logica vorrebbe che queste tre grandezze venissero considerate separatamente, visto che è incongruo fare una media di indennità e retribuzioni legate a situazioni giuridiche del tutto incompatibili tra loro.
Sul tempo determinato da includere o meno, non vi sarebbe nemmeno da discutere: il principio Ue di non discriminazione impone di garantire ai dipendenti a tempo determinato il medesimo trattamento giuridico del personale a tempo indeterminato, quindi non si vede come sia possibile non tenere conto dei contratti a termine.
Infine, la parte variabile del fondo pare possa essere esclusa, solo se si ammetta di escluderla anche dalla base di calcolo e, cioè, il trattamento accessorio del 2016. All’epoca, unanimemente si è ritenuto di considerare anche la parte variabile, che è certamente trattamento accessorio.
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