Approfondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo

Il ruolo del Comune rispetto alla costituzione di “cooperative di comunità”.

Servizi Comunali Partecipazioni
di Lo Piccolo Enrica Daniela
03 Marzo 2020

Approfondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo                                                             

Il ruolo del Comune rispetto alla costituzione di “cooperative di comunità”.

 

Enrica Daniela Lo Piccolo

 

1. Il quadro di contesto.

 

In molti contesti territoriali si sta diffondendo il modello delle “cooperative di comunità”, in un’ottica di sostegno allo sviluppo economico, alla coesione e alla solidarietà sociale nei territori e nelle aree urbane particolarmente esposte a rischio spopolamento e a disagio sociale.

Le cooperative di comunità sono società cooperative (costituite ai sensi degli articoli 2511 e seguenti del codice civile e iscritte all'albo delle cooperative di cui all'art. 2512 del codice civile e all'art. 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie) che, valorizzando le competenze della popolazione residente, le tradizioni culturali e le risorse territoriali, perseguono lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità locale migliorandone le qualità sociali ed economiche di vita attraverso lo svolgimento di attività economiche per lo sviluppo sostenibile (come definito dall'art. 3-quater del d.lgs. n. 152/2006), finalizzate alla produzione di beni e servizi, al recupero di beni ambientali e monumentali ed alla creazione di opportunità di lavoro per la comunità stessa.

Alcuni legislatori regionali (si veda ad es. la l.r. Sicilia n. 25/2018) hanno prefigurato specifici pacchetti normativi volti a sostenere la costituzione di tali soggetti: nell’ambito di tali processi possono intervenire anche gli enti locali (i Comuni in particolare, come evidenziato in alcune significative esperienze, prima tra tutte quella del Comune di Melpignano).

 

2. Ruolo dei Comuni rispetto ai processi di costituzione delle cooperative di comunità.

 

A fronte delle significative possibilità di sviluppo generabili dalle cooperative di comunità, è necessario prendere in considerazione le possibili modalità di intervento dei Comuni nel processo istitutivo.

In primo luogo è necessario ricondurre l’analisi alla verifica della possibilità o meno, per l’amministrazione locale, di acquisire una partecipazione nella società cooperativa costituita come cooperativa di comunità, che deve essere realizzata assumendo a presupposto il quadro regolativo generale per l’assunzione e il mantenimento di partecipazioni in organismi societari da parte delle amministrazioni pubbliche, ossia il d.lgs. n. 175/2016 (di seguito individuato anche come TUSP).

L’articolo 4 del decreto, infatti:

a) stabilisce la regola generale, in base alla quale le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società (comma 1) ;

b) individua le attività per le quali possono essere costituite le società o mantenute in esse le partecipazioni (comma 2);

c) individua una serie di casi particolari, nei quali, pur a fronte di attività non rientranti o riconducibili a quelle individuate dal comma 2, le amministrazioni pubbliche possono costituire società o mantenere partecipazioni in esse (commi da 3 a 9-quater).

L’analisi dei “limitati) dati normativi su tali soggetti (si fa di nuovo rinvio alla l.r. Sicilia n. 25/2018) consente di desumere che per le cooperative di comunità sono delineati scopi solidaristici e mutualistici (tipici delle società cooperative), in una prospettiva di valorizzazione delle competenze della comunità locale, delle tradizioni e delle risorse locali, con coinvolgimento diretto di persone fisiche e giuridiche afferenti al contesto.

Per tali società il macro-parametro è costituito dalla finalizzazione generale dell’oggetto sociale, in quanto le cooperative di comunità vengono in genere ad essere costituite per lo svolgimento di attività economiche per lo sviluppo sostenibile, come definito dall’art. 3-quater del d.lgs. n. 152/2006.

La definizione “attività economiche” lascia presupporre la costituzione delle cooperative di comunità per l’esercizio di attività imprenditoriali e/o commerciali, finalizzate a produrre un guadagno, da “tradurre” poi nell’interazione mutualistica tipica della società cooperativa.

I pochi dati normativi esistenti non delineano alcun punto di relazione con il d.lgs. n. 175/2016, né identificano degli elementi oggettivi che consentano di qualificare le attività delle società cooperative di comunità ex se come compatibili con le finalità istituzionali delle amministrazioni pubbliche (degli enti locali in particolare).

Pertanto, qualora un Comune intendesse costituire una società cooperativa di comunità o semplicemente assumere una partecipazione, tale scelta dovrebbe prima di tutto passare al vaglio dei parametri (generali e specifici) stabiliti dall’art.2 del d.lgs. n. 175/2016.

A titolo esemplificativo, se la cooperativa di comunità fosse costituita per la gestione di un esercizio commerciale per la ristorazione (es. un bar) il Comune non potrebbe assumere partecipazioni in essa, in quanto la cooperativa svolgerebbe un’attività non compatibile con quelle previste dall’art. 4 del d.lgs. n. 175/1016.

Risulta evidente come le finalità delle società cooperative di comunità, seppure volte a sostenere lo sviluppo economico del contesto sociale di riferimento, non possano essere facilmente collocate nel novero di quelle realizzabili in base all’art. 4 (regola generale e regole particolari/derogatorie) del d.lgs. n. 175/2016, in quanto caratterizzate da elementi di natura commerciale non riconducibili alla produzione di servizi di interesse generale che connota peculiarmente le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche.

In ogni caso, a fronte di quanto previsto dagli articoli 5 e 7 dello stesso d.lgs. n. 175/2016, il Comune  dovrebbe, nella deliberazione relativa alla costituzione o all’assunzione della partecipazione nella società cooperativa di comunità, dimostrare necessariamente la compatibilità con le macro-finalizzazioni istituzionali previste dall’art. 4, la quale verrebbe poi ad essere vagliata sia dalla Corte dei Conti che dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, alle quali la deliberazione deve essere trasmessa in base al comma 3 dello stesso art. 5 del TUSP.

Qualora la società cooperativa di comunità fosse costituita in termini compatibili con l’art. 4 del d.lgs. n. 175/2016, è necessario rilevare come potrebbe configurarsi come società semplicemente partecipata dal Comune, non ricorrendo, per la stessa natura e finalizzazione di coinvolgimento dei cittadini della società, i presupposti per il c.d.”controllo pubblico”. Tantomeno la società potrebbe risultare affidataria in house di servizi, in quanto la rilevante presenza di cittadini e/o persone giuridiche private non consentirebbe il verificarsi del controllo analogo.

Una prospettiva più compatibile con il ruolo istituzionale del Comune può essere individuata nel ruolo di “facilitatore” dell’ente locale nell’ambito del processo per la costituzione della cooperativa di comunità

Nei casi che ad oggi possono essere presi in esame, infatti, si rileva come i Comuni abbiano svolto il ruolo di “promotori” e di “aggregatori”, lasciando tuttavia la proprietà dell’assetto societario ai cittadini (si rimanda nuovamente al caso del Comune di Melpignano, che ha promosso la costituzione di una cooperativa di comunità e ha sostenuto anche l’avvio della sua attività con uno studio di fattibilità, ma non è entrato nella compagine sociale; analoga situazione è verificabile nel Comune di Fontecchio).

27 febbraio 2020

 

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