Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Le nuove frontiere del lavoro agile: i recenti interventi normativi alla luce della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-2019
Servizi Comunali Telelavoro - Lavoro agileApprofondimento di Angelo Maria Savazzi e Francesca Saraco
Le nuove frontiere del lavoro agile: i recenti interventi normativi alla luce della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-2019
Angelo Maria Savazzi e Francesca Saraco
La recente situazione emergenziale epidemiologica da COVID-2019 ha reso necessaria l’adozione da parte del Governo di misure di contenimento e gestione dell’emergenza che hanno interessato anche l’organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni richiamando l’entrata a regime dell’obbligo di adottare misure organizzative per l’attuazione del lavoro agile, già presente nel nostro ordinamento.
Nel presente lavoro viene ripercorsa la disciplina del lavoro agile alla luce dei recenti interventi normativi e delle circolari esplicative.
Sommario
1 Premessa.................................................................................................................................. 2
2 Inquadramento normativo....................................................................................................... 2
3 L’evoluzione emergenziale...................................................................................................... 3
4 La direttiva n. 3/2017: destinatari e misure organizzative....................................................... 3
4.1 Misure organizzative per l’adozione di servizi di supporto alla genitorialità................... 5
4.2 Gestione del rapporto di lavoro e relazioni sindacali....................................................... 6
4.3 Disciplina interna, potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro....................... 7
4.4 Salute e sicurezza sul lavoro............................................................................................ 8
4.5 Proposte metodologiche per l’attivazione del lavoro agile.............................................. 9
5 Conclusioni............................................................................................................................ 10
L’emergenza epidemiologica generata dal virus COVID-2019 ha reso significativamente attuale il tema del lavoro agile, cioè di quelle modalità organizzative che consentono l’espletamento della prestazione lavorativa secondo nuove modalità spazio-temporali, con una corsa contro il tempo delle amministrazioni pubbliche finalizzata a dettare regole interne, nell’esercizio del potere datoriale, che ne consentano l’immediata attivazione. Ancora una volta siamo di fronte ad un quadro normativo che da molto tempo è rimasto inattuato sia per l’eccessiva lentezza di elaborazione delle linee guida e sia perché si tratta di temi che richiedono un cambio culturale e di approccio all’organizzazione del lavoro che implicano una conoscenza dei processi presidiati e dei risultati che tali processi sono in grado di restituire; solo in questo modo il nuovo paradigma può prevedere modalità di verifica della prestazione lavorativa, ancora fortemente condizionata dall’orario di lavoro e dalla rilevazione della presenza secondo sistemi automatizzati, della cui violazione si risponde con sanzioni disciplinari anche di natura espulsiva.
L’art. 14 della Legge 124/2015 prevede che le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottino misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa (lavoro agile) che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni di alcun tipo. Si tratta di una specifica previsione che indirizza le amministrazioni verso risultati tangibili assegnando una tempistica e una quantificazione dei risultati certi che costituiscono parametri di misurazione della performance organizzativa e individuale all'interno delle amministrazioni pubbliche.
Nella finalità della norma è sottesa anche l’esigenza di riorganizzazione della pubblica amministrazione e di contenimento dei costi delle strutture pubbliche, attraverso un incremento della produttività individuale e organizzativa.
L’attuazione della disposizione è affidata ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, per la definizione degli indirizzi (per l'attuazione del citato art. 14) e le linee guida circa le regole inerenti l’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti. La Direttiva è stata poi emanata in data 1.6.2017.
Il quadro normativo è stato poi completato con la Legge 81/2017 che, tra l’altro, all’art. 18, comma 3, prevede che le disposizioni “si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche …. secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'art. 14 della legge 7 agosto 2015 n. 124”. L’art. 18, comma 1, della Legge 81/2017, stabilisce che nell’ambito degli accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile i datori di lavoro sono tenuti a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della Legge 104/1992.
In precedenza, nel nostro ordinamento erano state già introdotte disposizioni in qualche modo correlate al lavoro agile, pur rappresentadone una delle modalità di realizzazione. Ci si riferisce alle disposizioni in materia di telelavoro introdotte dall’art. 4 della Legge 191/1998 il quale trattava del telelavoro quale forma di lavoro a distanza per cui le amministrazioni, con l’obiettivo di razionalizzare l'organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane, possono installare, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, le necessarie apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici e possono autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di remunerazione, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell'adempimento della prestazione.
Alla norma seguì il regolamento attuativo contenuto nel dPR 70/1999 e l’accordo quadro nazionale sul telelavoro nelle pubbliche amministrazioni del 23 marzo 2000.
Infine, il DL. 179/2012 (convertito dalla Legge 221/2012) il quale all’art. 9, comma 7, prevede che, entro il 31 marzo di ogni anno, le amministrazioni pubbliche, pubblicano nel proprio sito web, gli obiettivi di accessibilità per l'anno corrente e lo stato di attuazione del “piano per l'utilizzo del telelavoro” nella propria organizzazione, in cui identificano le modalità di realizzazione e le eventuali attività per cui non è possibile l'utilizzo del telelavoro. La mancata pubblicazione è altresì rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili.
Si tratta di un quadro normativo operante da anni che, per effetto delle modifiche apportate al richiamato articolo 14 della Legge 124/2015 dal recente decreto-legge 9/2020 recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-2019”, entra a regime superando la fase sperimentale.
Le modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra le quali il lavoro agile, sono altresì richiamate nella Direttiva n. 1 del 25 febbraio 2020 con oggetto “Prime indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 nelle pubbliche amministrazioni al di fuori delle aree di cui all’art. 1 del decreto legge n. 6 del 2020” e nel DPCM del 1 marzo 2020 recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, in cui le amministrazioni, nell’esercizio dei poteri datoriali, sono invitate a potenziare il ricorso al lavoro agile, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzioni di categoria e inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro
L’emergenza epidemiologica in corso ha di fatto costretto a prendere atto che il quadro normativo sviluppatosi nel tempo non ha portato ad apprezzabili risultati, se non in casi abbastanza sporadici e tuttavia il rischio è che, sull’onda dell’emergenza, sfuggano le implicazioni che tale modalità organizzativa determinano; la semplificazione delle modalità di accesso nonché la temporaneità di tali scelte organizzative, dettate dalla particolare situazione emergenziale, diventano al tempo stesso lo strumento e l’opportunità per dare al lavoro agile una regolamentazione che ne consenta l’utilizzo successivo a questa particolare fase, attrezzandosi con i necessari presidi che la Direttiva n. 3/2017, richiamata dalle recenti normative, impone.
La scelta delle amministrazioni, in questa fase, non ha alternative e, quindi, deve essere resa possibile la prestazione lavorativa a chiunque, senza accedere al luogo di lavoro, salvo per quelle attività in cui sia strettamente necessaria. Lavoro agile non deve significare solo lavorare da remoto accedendo al sistema informativo dell’ente, ma deve implicare un utilizzo massivo di tutte le tecnologie disponibili per effettuare ciò che fino ad oggi venina effettuato in presenza: telefono, posta elettronica, strumenti di messaggistica istantanea, conferenze e riunioni tramite skype.
La disciplina datoriale da attivare deve, quindi, spingersi a dare piena legittimità a tali strumenti e presuppone che chi è posto alla direzione di una struttura sia in grado di valutare i risultati prodotti e per questo ovviamente occorre che si conoscano i processi che si presidiano.
Nei successivi paragrafi, a partire dall’analisi della Direttiva n.3/2017, in più parti richiamata dai recenti interventi normativi, vengono fornite indicazioni metodologiche utili per l’attuazione delle disposizioni in materia di lavoro agile.
Relativamente all’individuazione dei dipendenti destinatari delle predette misure, nessuna tipologia o categoria di lavoratore deve ritenersi esclusa a priori, una volta che le amministrazioni abbiano definito le attività compatibili con il lavoro agile. Analogamente nessuna distinzione può essere fatta tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori subordinati a tempo determinato.
L’adesione a modalità organizzative flessibili non deve comportare rischi di discriminazione in termini di sviluppo della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti; a tal fine, l’art. 14 della Legge 124/2015 precisa, tra l’altro, che ai dipendenti che si avvalgono di tali modalità deve essere garantito che “non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera”. La previsione è in linea con quanto previsto dall’art. 20 della Legge 81/2017.
Un ruolo determinante nell’attuazione delle misure prescritte deve essere svolto, a regime, dai Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, costituiti ai sensi dell’art. 57 del DLgs. 165/2001, nonché dagli Organismi indipendenti di valutazione, costituiti ai sensi del DLgs. 150/2009, questi ultimi per i riflessi sulla valutazione della performance organizzativa e individuale.
I Comitati unici di garanzia dovrebbero contribuire attivamente all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l'efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori.
Ciascuna pubblica amministrazione, per agevolare l’adesione alle nuove modalità di organizzazione del lavoro, è chiamata a:
Con riguardo a quest’ultimo punto, il recente decreto-legge 2 marzo 2020 n.9 “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” all’art. 18 prevede misure normative volte a garantire, mediante Consip S.p.A., l’acquisizione delle dotazioni informatiche necessarie alle pubbliche amministrazioni al fine di poter adottare le misure di lavoro agile per il proprio personale. Nello specifico, al comma 1 prevede la possibilità di incrementare sino al 50 per cento i quantitativi massimali delle vigenti convenzioni- quadro di Consip S.p.A. per la fornitura di personal computer portatili e tablet, fatta salva la facoltà di recesso dell’aggiudicatario e con la previsione in questo caso di procedure ad hoc per sopperire alle esigenze.
Anche la Circolare n. 1 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 inerente “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” evidenzia, tra le altre misure e strumenti, l’importanza dell’utilizzo di soluzioni “cloud” per agevolare l’accesso condiviso a dati, informazioni e strumenti, e del ricorso a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference). La stessa Circolare, inoltre, prevede che tale modalità flessibile di espletamento della prestazione lavorativa possa debba esse possibile anche nei casi in cui il dipendente si renda disponibile ad utilizzare propri dispositivi, a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, con la garanzia di adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete secondo le esigenze e le modalità definite dalle singole pubbliche amministrazioni.
Con riguardo all’esecuzione della prestazione lavorativa, l’art. 18, comma 1, della Legge 81/2017 definisce il lavoro agile come “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Secondo lo stesso comma l’attività lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali dell’amministrazione e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
La prestazione dell’attività lavorativa in “lavoro agile” non varia la natura giuridica del rapporto di lavoro subordinato, la posizione della lavoratrice o del lavoratore all’interno dell’amministrazione e non modifica la relativa sede di lavoro di assegnazione.
La prestazione di lavoro subordinato si svolge, pertanto, previo accordo tra le parti, stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e delle prove e al fine di disciplinare l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali dell’ente. L’accordo individua, altresì, i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Si tratta di un accordo che può avere una validità temporale limitata oppure anche essere a tempo indeterminato fino al recesso di una delle parti con un preavviso di almeno 30 giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'art. 1 della Legge 68/1999 il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, anche senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Il DPCM del 4 marzo 2020 “Misure per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19” all’art. 1, comma 1, lettera n), prevede che la modalità di lavoro agile di cui agli articoli 18 e 23 della Legge 81/2017, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle citate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Si tratta di una previsione che determina un obbligo per le amministrazioni di consentire la prestazione lavorativa evitando, quando non strettamente necessaria, la mobilità dei lavoratori, proprio in ottemperanza degli straordinari provvedimenti assunti con lo scopo precipuo di evitare la diffusione del virus COVIS-2019.
L’art. 14, comma 2, della Legge 124/2015, prevede che le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, procedono, al fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, a stipulare convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e a organizzare, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica.
La Direttiva 3/2017 sottolinea l’importanza della diffusione e condivisione delle iniziative riguardanti l’attivazione di servizi di supporto alla genitorialità da parte delle amministrazioni pubbliche che abbiano già avviato esperienze in tal senso. Attraverso tali convenzioni, infatti, le amministrazioni pubbliche potranno garantire, anche a risorse economiche invariate, una migliore accessibilità dei servizi di cura e assistenza che risulti compatibile con gli orari di lavoro sia delle lavoratrici, sia dei lavoratori.
L’adozione delle misure organizzative e il raggiungimento degli obiettivi definiti nell’art. 14 della legge 124/2015 costituiscono oggetto di valutazione della performance organizzativa e individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Per valutare gli effetti dell’introduzione del nuovo modello organizzativo del lavoro è, infatti, indispensabile un’accurata valutazione della performance e un’analisi dei risultati del lavoro.
I dirigenti sono chiamati ad operare un monitoraggio mirato e costante, in itinere ed ex-post, riconoscendo maggiore fiducia alle proprie risorse umane ma, allo stesso tempo, ponendo maggiore attenzione al raggiungimento degli obiettivi fissati e alla verifica dell’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa.
A tal fine, ciascuna amministrazione individua nell’ambito dei propri sistemi di misurazione e valutazione della performance idonei indicatori per la verifica dell'impatto delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, in termini di efficacia e efficienza dell'azione amministrativa, anche coinvolgendo i cittadini fruitori, sia individualmente sia nelle forme associative, come previsto dall’art. 14, comma 1, della Legge 124/2015.
Anche la recente Circolare n. 1 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 inerente “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” richiama l’importanza dell’implementazione e cura del sistema di monitoraggio per una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nonché per la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti. È auspicabile che, in esito al monitoraggio, le amministrazioni verifichino la sostenibilità organizzativa per l’ampliamento della percentuale di personale che può avvalersi delle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra cui in particolare il lavoro agile, anche ricorrendo alle misure di incentivazione sopra descritte.
Ovviamente le previsioni dell’art. 14, comma 2, non sono compatibili con le attuali esigenze straordinarie nelle quali la riduzione della mobilità delle persone risulta essere una priorità assoluta, ma sarà parte delle misure organizzative sulle quali le amministrazioni potranno puntare a regime, superata questa fase.
Lo smart working, si innesta nel vigente assetto di regole legali e contrattuali del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Ci troviamo di fronte alla necessità di individuare modalità agili di svolgimento della prestazione lavorativa che superino, come più volte detto, le rigidità tradizionali del lavoro subordinato svolto in uno spazio ed in un orario definiti. Il posto di lavoro, quindi, non deve più necessariamente coincidere con la sede abituale di lavoro e con un predefinito orario di servizio.
La Circolare n. 1 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 inerente “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” evidenzia l’importanza del ricorso, in via prioritaria, al lavoro agile come forma più evoluta anche di flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, in un’ottica di progressivo superamento del telelavoro, che può costituire solo una delle espressioni ma non quella significativamente rilevante.
Va ribadita la differenza con il telelavoro meglio identificabile come prestazione lavorativa a distanza (ad esempio presso l’abitazione della lavoratrice o del lavoratore). Nel lavoro agile c’è una diversa concezione del tempo e quindi dell’orario, nonché del potere di controllo esercitato dal datore di lavoro nei termini e con le modalità definite nell’apposito accordo individuale nel rispetto dell’art. 21 della Legge 81/2017. Occorre, pertanto, dare piena attuazione al concetto di autonomia e responsabilizzazione ferme restando le regole della subordinazione.
Il ricorso al lavoro agile richiama il tema delle relazioni sindacali che la pubblica amministrazione, in qualità di datore di lavoro, è chiamata a garantire.
Sul punto va detto che in materia di smart working, in assenza di specifiche disposizioni normative e contrattuali, soccorrono le disposizioni normative di carattere generale in materia di poteri datoriali e di riparto di competenza tra fonte legislativa e fonte contrattuale.
Dunque, si rinvia all’art. 5, comma 2, del DLgs. 165/2001 che a normativa vigente prevede che, nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'art. 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Rientrano, in particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti alla gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici.
Si aggiunge che il vigente art. 40, comma 1, dello stesso DLgs. 165/2001 dispone che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, tra le altre, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'art. 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17.
Pertanto, nel ricorso al lavoro agile, per gli aspetti connessi alle determinazioni relative all’organizzazione degli uffici è richiesta la sola informativa sindacale, mentre per i profili concernenti i rapporti di lavoro non potrà prescindersi dalle altre forme di partecipazione sindacale previste o dalla contrattazione laddove si rientri nelle materie di competenza della stessa.
In assenza di una disciplina contrattuale in materia che preveda le modalità e gli istituti della partecipazione sindacale, la Direttiva 3/2017 ritiene che, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, sia comunque opportuno un confronto preventivo con i sindacati.
Resta fermo che, anche rispetto alle determinazioni relative all'organizzazione degli uffici per cui i contratti collettivi possono prevedere l’informativa, le singole amministrazioni possono avviare percorsi di condivisione e confronto con le organizzazioni sindacali che, in un’ottica di collaborazione, possano essere utili per l’applicazione di un istituto innovativo come il lavoro agile.
È necessario che le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, adottino un atto interno, secondo i rispettivi ordinamenti, in materia di lavoro agile che tratti gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro.
L’atto interno rinvia alla disciplina contenuta nei contratti collettivi nazionali di lavoro ed ai contratti decentrati integrativi per la regolamentazione dei diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro. Rinvia, altresì, all’accordo individuale stipulato tra datore di lavoro e lavoratrice o lavoratore al fine di definire tempi, contenuti e modalità di esercizio della prestazione lavorativa nel rispetto delle fonti di disciplina sopra richiamate. È opportuno che l’atto interno definisca un modello di accordo da adottare nel rispetto della disciplina prevista dall’art. 19 della Legge 81/2017.
Con riferimento all’accordo relativo alla modalità di lavoro agile, l’art. 21 della Legge 81/2017 prevede che il predetto accordo disciplina l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall'art. 4 della Legge 300/1970. L'accordo individua le condotte, connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali dell’ente, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari.
Secondo le previsioni degli articoli 2086 e 2104 c.c., il potere di controllo del datore di lavoro consiste nel verificare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa anche al fine di salvaguardare l’integrità del patrimonio dell’amministrazione e, per questo, tiene conto di due aspetti propri del rapporto di lavoro di tipo subordinato: il potere organizzativo del datore di lavoro e la diligenza del prestatore.
Di regola, uno dei principali strumenti utili per verificare l’adempimento della prestazione lavorativa è l’accertamento della presenza in termini di orario del dipendente mediante controlli di tipo automatizzato, come disposto dalle vigenti normative in materia.
Fermo restando quanto sopra, l’esercizio del potere di controllo sulla presenza in servizio della lavoratrice o del lavoratore agile potrebbe essere regolato nell’ambito dell’accordo individuale attraverso la previsione di fasce di reperibilità articolate in relazione all’orario di servizio eventualmente previsto nel regolamento interno dall’amministrazione, allo scopo di assicurare il coordinamento tra la prestazione di lavoro con modalità di smart working e l’organizzazione complessiva del datore di lavoro.
Peraltro, viste le finalità di conciliazione dell’attività lavorativa con le esigenze di tutela della vita familiare della lavoratrice o del lavoratore da realizzare attraverso modalità di svolgimento della prestazione in smart working, il potere di controllo, ferma restando la configurazione del rapporto di lavoro di natura subordinata, deve essere esercitato con riguardo al risultato della prestazione, in termini sia qualitativi sia quantitativi, in relazione alle priorità definite dal dirigente.
Fermo restando che i dirigenti, secondo quanto previsto dall’atto interno dell’amministrazione, concorreranno all’individuazione del personale da avviare a modalità di lavoro agile anche alla luce della condotta complessiva dei dipendenti, analogamente a quanto previsto per i controlli sulle assenze per malattia dall’art. 55-septies, comma 5, del DLgs. 165/2001, starà a loro, quali datori di lavoro che esercitano un potere di controllo diretto sui dipendenti smart workers ad essi assegnati, organizzare per essi una programmazione settimanale-quindicinale delle priorità e, conseguentemente, degli obiettivi lavorativi di breve-medio periodo. La verifica del conseguimento degli stessi, che potrà essere realizzata mediante la stesura di una reportistica secondo una cadenza concordata tra dirigente e lavoratrice o lavoratore, ovvero attraverso momenti di confronto nei giorni di presenza in sede della lavoratrice o del lavoratore, costituirà esercizio del potere di controllo della prestazione lavorativa.
Si rammenta che le disposizioni in materia di responsabilità, infrazioni e sanzioni e procedure conciliative costituiscono norme imperative e trovano applicazione anche per i lavoratori agili.
Il codice di comportamento appare la sede di regolazione più opportuna per la definizione di aspetti comportamentali specifici per la lavoratrice o il lavoratore agile, anche al fine di un coordinamento con la disciplina normativa e contrattuale vigente in materia disciplinare.
Con riferimento ai casi di licenziamento disciplinare contemplati dall’art. 55-quater del DLgs. 165/2001, le amministrazioni potrebbero definire nell’ambito del codice di comportamento modalità specifiche di verifica rispetto alle infrazioni ivi disciplinate.
Nell’attuale contesto emergenziale quanto sopra deve essere ricondotto alla ratio complessiva dei provvedimenti straordinari adottati dal governo che determinano per il lavoro agile, oltre al superamento della fase sperimentale, l’obbligo per le amministrazioni di adottare ogni provvedimento contingibile ed urgente tale da rendere minimi gli spostamenti delle persone per recarsi al lavoro e solo in funzione di attività che richiedano imprescindibilmente la presenza sul luogo di lavoro. Si deve ritenere che, nell’ambito del potere datoriale, ogni scelta organizzativa possa essere adottata d’urgenza sulla base delle direttive e delle indicazioni provenienti dal Sindaco e dalla Giunta comunale.
La Direttiva 3/2017 riporta alcune indicazioni esemplificative per la definizione dei contenuti minimi dell’informativa che il datore di lavoro deve predisporre e consegnare alla lavoratrice o al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) dell’amministrazione.
I contenuti dell’informativa devono essere legati alla definizione di lavoro agile inteso come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
I contenuti dell’informativa dovranno essere sviluppati in funzione dei rischi generali e rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro in ambienti diversi da quelli aziendali. A tal proposito l’art. 22 della Legge 81/2017 prevede che “1. Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. 2. Il lavoratore è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali”.
Il DPCM del 4 marzo 2020 “Misure per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19” all’art. 1, comma 1, lettera n), prevede che, per la durata dello stato di emergenza, gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della Legge 81/2017 sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro.
È necessario che il lavoratore svolga la propria prestazione cooperando con diligenza all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione in ambienti diversi.
Nel rispetto dell’autonomia delle amministrazioni la Direttiva 3/2017 fornisce indicazioni operative per l’attivazione del lavoro agile suggerendo una articolazione in fasi della implementazione come di seguito descritte.
Fasi |
Attività |
Fase 1 - Analisi del contesto |
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Fase 2 - definizione degli obiettivi e delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile |
Per il lavoro agile la lavoratrice o il lavoratore possono utilizzare strumenti tecnologici propri ovvero eventualmente messi a disposizione dall’amministrazione. Il lavoro agile consentendo al dipendente di lavorare al di fuori dell’ufficio, secondo le condizioni concordate con l’amministrazione di appartenenza, indirettamente incentiva la diffusione del cosiddetto “desk sharing”, cioè la possibilità di condividere una postazione di lavoro e più in generale la creazione di spazi di lavoro condivisi. A titolo esemplificativo per creare aree di co-working (condivisione dell’ambiente di lavoro ed eventualmente delle postazioni informatiche) utilizzando le risorse esistenti si potrebbe: Step1. mappare le postazioni o gli uffici che non sono occupati per lunghi periodi (ad esempio per lunghe malattie o maternità) Step 2. creare un sistema interno di prenotazione che permetta al personale dipendente di prenotare la postazione anche al di fuori della propria sede di lavoro.
Per garantire la tutela della salute e della sicurezza della lavoratrice o del lavoratore, che svolge la propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, ciascuna amministrazione consegna al personale coinvolto, con cadenza almeno annuale, una informativa scritta (si rinvia alla sezione specifica) nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione all’esterno della sede di lavoro |
Fase 3 - avvio
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L’avvio potrebbe svolgersi attraverso il coinvolgimento preliminare di un’unità organizzativa che per caratteristiche si presta maggiormente alla prima fase di sperimentazione con: - l’individuazione del personale da adibire a progetti di lavoro agile, eventualmente secondo criteri di scelta predefiniti; - la definizione del progetto individuale di lavoro agile, in conformità con quanto indicato nel progetto generale e sua confluenza nell’accordo individuale; - Avvio della sperimentazione |
Fase 4 - monitoraggio e valutazione
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L’Amministrazione predispone un sistema di monitoraggio che consente di ottenere una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle informazioni fornite ai dirigenti responsabili dei progetti individuali di lavoro agile, ciò anche la fine di proseguire la sperimentazione. Ciascuna amministrazione per valutare i singoli progetti individuali definirà un insieme specifico di indicatori rilevanti, significativi e misurabili rispetto alle proprie caratteristiche strutturali e finalità istituzionali. |
Lo “stato dell’arte” rispetto alla previsione dell’art. 14 della Legge 124/2015 depone per un insufficiente recepimento delle modalità organizzative offerte dalla normativa in materia di lavoro agile a cui si aggiungono i ritardi (circa due anni) per la disponibilità delle linee guida che la predetta normativa richiedevano.
Le modifiche apportate al richiamato art. 14 della Legge n. 124 del 2015 dal recente decreto-legge 2 marzo 2010 n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, hanno determinato il superamento del regime sperimentale e l’obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con la conseguenza che la misura deve ritenersi ormai a regime.
Per di più, per effetto della Circolare n. 1 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 inerente “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” le amministrazioni sono chiamate a comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica entro il termine di sei mesi le misure adottate per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa.
Si tratta di prevedere l’utilizzo di modelli organizzativi nuovi che richiedono una cultura organizzativa in grado di cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e da una organizzazione del lavoro che funga da facilitatore della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La previsione secondo la quale i nuovi modelli organizzativi debbano essere attivati senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica determina una incomprensibile e perdurante disattenzione del legislatore verso gli “investimenti” in materia di organizzazione del lavoro che possono restituire, se ben calibrati e governati, efficienza al complessivo sistema pubblico, oltre a tornare utili nelle condizioni di straordinaria emergenza come quella che stiamo attraversando in questo periodo.
Una delle principali sfide dell’introduzione del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni è il cambiamento della cultura organizzativa. A ben vedere, le nuove tecnologie di produzione di tipo digitale consentono di superare il concetto della “timbratura del cartellino” e della “presenza fisica” in ufficio e quindi di una prestazione lavorativa svolta in una sede e in un orario di lavoro definiti. Molte attività lavorative possono essere svolte al di fuori della propria sede lavorativa e in orari non necessariamente prestabiliti.
Ciascuna amministrazione dovrà definire progetti di smart working partendo da una mappatura dei processi e dalla focalizzazione delle attività connesse, distinguendo tali attività in ragione delle loro caratteristiche. Le incertezze applicative e i ritardi sono il sintomo della difficoltà ad individuare ed affidare ai lavoratori obiettivi lavorativi chiari che richiede una conoscenza dei processi presidiati e degli output ad essi correlati.
Occorre altresì tenere conto delle caratteristiche comportamentali dei lavoratori, valutando il loro grado di affidabilità, la capacità di organizzazione e di decisione, di propensione all’assunzione di responsabilità.
Le Direzioni del personale sono normalmente quelle più coinvolte nella progettazione e nell’implementazione dello smart working, avendo un ruolo cardine sia sul fronte del cambiamento organizzativo, della responsabilizzazione e autonomia dei lavoratori, sia su quello del ripensamento delle modalità di prestazione lavorativa in termini di spazi e orari di lavoro riducendo i tradizionali vincoli con forme di elasticità e flessibilità.
In ultimo, non per ordine di importanza, è necessario favorire lo smart working attraverso interventi formativi sui comportamenti e sugli stili manageriali e un accompagnamento dei lavoratori che ne usufruiscono alla piena comprensione del nuovo strumento.
10 marzo 2020
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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