Approfondimento di Alessandro Russo

È consentito l’accesso civico generalizzato agli atti dell’esecuzione: brevi note su Adunanza Plenaria n. 10/2020

Servizi Comunali Accesso
di Russo Alessandro
23 Aprile 2020

Approfondimento di Alessandro Russo                                                                                     

È consentito l’accesso civico generalizzato agli atti dell’esecuzione:

brevi note su Adunanza Plenaria n.  10/2020

Alessandro Russo

 

Il Consiglio di Stato sez. III, investito della questione sull’utilizzo, o meno, dello strumento dell’accesso civico generalizzato nella fase esecutiva di un appalto pubblico, con ordinanza n. 8501/2019 rimetteva all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

  1. se, in presenza di una istanza di accesso, ex Legge n. 241/1990 smi, la PA, accertata la carenza di interesse differenziato del richiedente, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, se si configurassero le condizioni dell’accesso civico generalizzato; e se di conseguenza il giudice, in sede di ricorso contro il diniego, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente secondo l’accesso civico generalizzato
  2. se sia configurabile in capo all’operatore utilmente collocato in graduatoria, la titolarità di un interesse protetto, ex Legge n. 241/1990 smi, all’accesso agli atti dell’esecuzione, in vista dell’eventuale sollecitazione della risoluzione per inadempimento e il conseguente scorrimento della graduatoria;
    c)         se la disciplina dell’accesso civico generalizzato, ex D.Lgs. n. 33/2013 smi, sia applicabile, in tutto o in parte, alla disciplina del codice dei contratti, sia in affidamento che in esecuzione, ferme le limitazioni ed esclusioni previste dal codice.
    Preliminarmente il Collegio afferma che l’istanza di accesso documentale può concorrere con quella di accesso civico generalizzato e la pretesa ostensiva può essere contestualmente formulata con riferimento tanto all’una che all’altra forma di accesso[1].
    Poi la Plenaria afferma che il solo riferimento dell’istanza ai presupposti dell’accesso documentale non preclude alla PA di esaminarla anche sotto il profilo dell’accesso civico generalizzato, laddove l’istanza contenga sostanzialmente tutti gli elementi utili a vagliarne l’accoglimento sotto il profilo “civico”, salvo che il privato abbia inteso espressamente far valere e limitare il proprio interesse ostensivo solo all’uno o all’altro aspetto[2].
    Il Collegio ritiene così di affermare il seguente principio: <<in presenza di istanza di accesso ai documenti motivata con esclusivo riferimento alla disciplina della Legge n. 241/1990 smi, o ai suoi elementi sostanziali, la PA, accertata la carenza di un interesse differenziato del richiedente, ex art. 22 c. 1 lett. b), non può esaminare la richiesta di accesso civico generalizzato, a meno che non sia accertato che l’interessato abbia inteso richiedere anche l’accesso civico generalizzato e non abbia inteso limitare il proprio interesse al solo accesso documentale>>[3].
    Passando poi a sciogliere la seconda questione l’Adunanza Plenaria ritiene che: <<gli operatori economici, che abbiano preso parte alla gara, sono legittimati ad accedere agli atti della fase esecutiva, con le limitazioni di cui all’art. 53 del codice dei contratti, purché abbiano un interesse attuale, concreto e diretto a conoscere tali atti>>[4].
    La giurisprudenza era d’altronde univoca nell’ammettere l’accesso documentale, ricorrendone le condizioni, anche agli atti della fase esecutiva, laddove - ad esempio - l’accesso fosse stato funzionale a dimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni, l’inadeguatezza dell’offerta vincitrice, già contestata in un giudizio promosso contro l’aggiudicazione[5].
    Inoltre l’interesse alla corretta esecuzione del contratto riacquista concretezza ed attualità anche quando l’esecuzione non rispecchi più le condizioni dell’aggiudicazione, o per il manifestarsi di vizi che già in origine la rendevano illegittima o per la sopravvenienza di illegittimità che precludano la prosecuzione del rapporto (c.d. risoluzione pubblicistica, facoltativa o doverosa) o per inadempimenti che ne determinino l’inefficacia sopravvenuta (c.d. risoluzione privatistica).
    Rimane comunque fermo che non è possibile l’accettazione di un’istanza di accesso con finalità meramente esplorative, finalizzata ad acclarare se un inadempimento vi sia, che presupporrebbe, in capo agli altri operatori economici, un inammissibile ruolo di vigilanza sulla regolare esecuzione delle prestazioni contrattuali e sull’adempimento delle obbligazioni da parte dell’aggiudicatario.
    Il massimo Collegio amministrativo precisa anche che l’art. 5 c. 2 D.Lgs. n. 33/2013 smi riconosce e tutela l’accesso civico generalizzato - il diritto di chiunque, non sottoposto ad alcun limite quanto a legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione - allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Per questi motivi deve trovare applicazione anche nella materia dei contratti pubblici[6].
    Ed infatti l’art. 1 c. 3 del Decretro Trasparenza riconsoce il FOIA, (right to know) come un diritto fondamentale: le disposizioni dello stesso decreto costituiscono, quindi, livello essenziale delle prestazioni erogate dalle PA ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, ex art. 117 c. 2 lett. m) cost., non sarebbe quindi ammissibile alcuna limitazione per materia, tanto più per la materia degli appalti pubblici.
    Il Collegio poi chiarisce come l’art. 10 CEDU già riconosca che: <<Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. (...). L’esercizio di queste libertà, (...), può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario>>.
    Una lettura eurounitariamente orientata non può quindi non ammettere che le due discipline sull’accesso debbano essere complementari ed includersi l’una con l’altra, pur nelle loro differenze, per tutelare in via preferenziale l’interesse a conoscere sull’interesse al segreto.
    Ed infatti dalla mera lettura dell’art. 53 c. 2 del codice dei contratti emerge chiaro che il diritto di accesso (salvi gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza) è differito, in relazione al nominativo dei soggetti che, nelle procedure aperte, hanno presentato offerte o, nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito e che hanno manifestato il loro interesse e in relazione alle offerte stesse, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; in relazione alle offerte e al procedimento di verifica dell’anomalia, fino all’aggiudicazione.
    A questa esclusione assoluta temporalmente differita se ne affianca un’altra sempre assoluta prevista dall’art. 53 c. 3: <<a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali; b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice per la soluzione delle liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell’esecutore; d) alle soluzioni tecniche e ai programmi utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale>>.
    L’unica deroga a queste eslcusioni è prevista al c. 6, che garantisce l’accesso (difensivo) del concorrente in ordine alle informazioni contenute nell’offerta o nelle giustificazioni di altro concorrente per la tutela in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto, in linea con l’art. 23 c. 6 Legge n. 241/1990 smi.
    Così l’Adunanza Plenaria sostiene che: <<l’accesso civico generalizzato opera di diritto, senza che sia necessaria una specifica disposizione che ne autorizzi l’operatività anche in specifiche materie, come i contratti pubblici, con la conseguenza che l’accesso civico generalizzato, ferme le eccezioni relative ex art. 5-bis, è ammissibile in ordine agli atti della fase esecutiva>>[7].
    Nondimeno anche la Direttiva n. 2014/24/UE al Condiderando 122 conferma: <<i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone od organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedere di appalto e dovrebbero avere la possibilità, con modalità diverse dal sistema di ricorso e senza che ciò comporti necessariamente una loro azione dinanzi a corti e tribunali, di segnalare le eventuali violazioni della Direttiva all’autorità competente>>.
    È proprio questa la funzione svolta dall’accesso civico generalizzato, che da la facoltà a ciascun cittadino – contribuente - di effettuare segnalazioni anche all’Anac, dopo essere entrato in possesso della relativa documentazione.
    Infine la Plenaria ricorda che tutte le eccezioni relative all’accesso civico generalizzato richiedono un bilanciamento da parte della PA tra l’interesse alla conoscibilità e il danno all’interesse-limite, pubblico o privato, alla segretezza e/o alla riservatezza, secondo criteri quali il cd. test del danno (harm test) o il c.d. public interest test, tipico dell’ordinamento UE, in base al quale occorre valutare se sussista un interesse pubblico al rilascio delle informazioni richieste rispetto al pregiudizio per l’interesse-limite contrapposto[8].
    Non deve infatti confondersi l’interesse del richiedente con la ratio dell’istituto: favorire l’apertura della PA alla conoscenza collettiva di dati affidabili, in grado di informare correttamente i cittadini.
    Così l’Adunanza Plenaria enuncia i seguenti principi di diritto: <<a) la PA ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo ed inequivocabile riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con riferimento ai profili della Legge n. 241/1990 smi, senza che il giudice possa mutare il titolo dell’originaria istanza; b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ex art. 22 Legge n. 241/1990 smi, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà del terzo di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale; c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del codice, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione, non ostandovi l’eccezione dell’art. 5-bis c. 3 D.Lgs. 33/2013 smi in combinato disposto con l’art. 53 e con gli artt. 22 ss. Legge n. 241/1990 smi, ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni di cui all’art. 5-bis cc. 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza>>[9].
    21 aprile 2020
     
 

[1] Lo ammette l’art. 5 c. 11 D.Lgs. n. 33/2013: << allorquando specifica che restano ferme, accanto all’accesso civico semplice (c. 1) e quello generalizzato (c. 2), anche le diverse forme di accesso degli interessati previste dal capo V Legge n. 241/1990>>, cfr. Ad. Pl. n. 10/2020, par. 8.2.

[2] Già Anac nelle Linee Guida 1309/2016 affermava che l’accesso agli atti, ex Legge n. 241/1990 smi, continua a  sussistere parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi. Ed anche il Ministro per la PA aveva chiarito che: <<dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo della domanda, la stessa dovrà essere trattata come richiesta di accesso generalizzato>> cfr. Ministro PA circolare n. 2/2017 par. 2.2.

[3] Cfr. Ad. Pl. n. 10/2020 par. 11.1

[4] Cfr. Ad. Pl. n. 10/2020, par. 12.1

[5] Vedi ex plurimis, Cons. St. sez. V n. 1115/2009. Comunque l’art. 53. c. 1 del codice del contratti espressamente dispone: <<Salvo quanto previsto dal codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 ss. Legge n. 241/1990 smi.>>. Ed è inoltre trascorso più di un ventennio da quando la Plenaria aveva avuto modo di statuire che: <<l’Amministrazione non può negare l’accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica>> cfr. Ad. Pl. n. 5/1999.

[6] Ed infatti: <<Il principio di trasparenza rappresenta il fondamento della democrazia in uno Stato di diritto, se è vero che la democrazia è il governo del potere pubblico in pubblico, ma costituisce anche un caposaldo del principio di buon funzionamento della PA, quale “casa di vetro” improntata ad imparzialità, intesa quale mera conoscibilità, ma anche come intelligibilità dei processi decisionali e assenza di corruzione>> cfr. Ad. Pl. n. 10/2020, par. 22.6. Anche la Corte costituzionale  aveva rimarcato che il diritto dei cittadini ad accedere ai dati della PA, sul modello FOIA, risponde a principî di pubblicità e trasparenza, riferiti non solo, quale principio democratico, ex art. 1 cost., a tutti gli aspetti rilevanti dalla vita pubblica e istituzionale, ma anche al buon funzionamento della PA, ex art. 97 cost. Vedi Corte cost. sentt. nn. 20/2019, 69/2018 e 212/2017.

[8] Afferma il Collegio: <<È vero che escludere dall’accesso anche generalizzato la documentazione suscettibile di rivelare gli aspetti costituenti i punti di forza delle offerte nel confronto competitivo, è un obiettivo delle norme sugli appalti, e che per conseguire tale obiettivo è necessario che le autorità aggiudicatrici non divulghino informazioni il cui contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza. Tuttavia questo obiettivo dev’essere conseguito in un’equilibrata applicazione del limite previsto dall’art. 5-bis c. 2 lett. c) D.Lgs. 3372013 smi, secondo un canone di proporzionalità, che preservi il know-how del partecipante senza sacrificare del tutto l’esigenza di una, anche parziale, conoscibilità di elementi fattuali, estranei a tale know-how o comunque ad essi non necessariamente legati, e ciò nell’interesse pubblico a conoscere, per esempio, come certe opere siano realizzate o certi livelli essenziali di assistenza siano erogati da pubblici concessionari>> Cfr. Ad. Pl. n. 10/2020 parr. 35. 2 e 35.2.

 

 

[9] Cfr. Ad. Pl. n. 10/2020, par. 38.

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