Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

“Spazzacorrotti”: la raccomandazione, la vanteria, la millanteria.

Servizi Comunali Anticorruzione
di Palumbo Pietro Alessio
24 Aprile 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                      

“Spazzacorrotti”: la raccomandazione, la vanteria, la millanteria.

Pietro Alessio Palumbo

 

Il “traffico di influenze” costituisce reato. Un divieto che ha la funzione di assicurare copertura anticipata contro le ingerenze sull'azione della pubblica amministrazione, che alterino il suo imprescindibile buon andamento.

 

La Legge Spazzacorrotti

Circa il reato di traffico di influenze illecite, occorre evidenziare che l’art. 346-bis introdotto dalla Legge n. 190/2012 (il quale prevedeva che commette tale reato sia chi sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio indebitamente fa dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale, a sé o ad altri, come prezzo della propria mediazione illecita verso l’agente pubblico ovvero per remunerarlo del compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o dell’omissione o del ritardo, sia chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale) introduceva una forma di tutela preventiva, contemplando, condotte preliminari rispetto a quelle di cui agli artt. 318 (“Corruzione per l’esercizio della funzione”), 319 (“Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”) e 319-ter (“Corruzione in atti giudiziari).

Con la Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. “Legge Spazzacorrotti”) è stata operata la riformulazione della fattispecie incriminatrice del traffico d’influenze illecite di cui all’ art. 346-bis c.p., con assorbimento nella stessa delle condotte di millantato credito di cui all’art. 346 c.p. (che viene abrogato) e aggravamento del relativo trattamento sanzionatorio.

Risulta che:

a) abbiamo una vera e propria anticipazione della tutela penale, sanzionando condotte “prodromiche” rispetto ai patti corruttivi;

b) le relazioni devono essere esistenti ovvero oggi (Legge n. 3/2019) anche solo asserite (prima nel “millantato credito”);

c) è punito anche “chi dà o promette” diversamente dal vecchio millantato credito di cui all’abrogato art. 346 c.p. laddove era punito il solo millantatore.

 

I recenti chiarimenti della Cassazione

Evidenzia la Corte di Cassazione nella recente sent. 12095/2020 che la Legge 3 del 2019, in luogo dell'equivoco riferimento alla millanteria, contenuto nell'originaria fattispecie di cui all'art. 346 c.p., contrapposta allo sfruttamento di relazioni esistenti, ha invero incluso nell'unica fattispecie di cui al riformulato art. 346-bis c.p., sia la relazione affermata sia quella concreta, nel contempo dando alternativamente rilievo tanto alla “vanteria”, quale affermazione autoreferenziale di una speciale capacità di influenza, quanto allo sfruttamento di quella capacità, in funzione della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, quale prezzo della mediazione illecita verso un soggetto qualificato o quale remunerazione dell'esercizio da parte di questo delle sue funzioni o dei suoi poteri.

Ciò significa che la fattispecie non si sostanzia ineluttabilmente sulla “millanteria” o sulla “vanteria”, ma può essere integrata dal nesso tra promessa o dazione da un lato e sfruttamento della capacità di influenza dall'altro, poiché quest'ultima non necessita di particolare illustrazione ma può dirsi il presupposto anche solo implicito della pattuizione o della dazione.

 

Traffico di influenze, corruzione e “vanteria”

L'ipotesi del traffico di influenze è caratterizzata da una clausola di sussidiarietà espressa, in forza della quale la stessa svilisce ed è assorbita ove sia configurabile un vero e proprio patto corruttivo, riconducibile alle fattispecie di cui agli artt. 318, 319, 319-ter o ai reati di cui all'art. 322-bis.

Conseguentemente deve escludersi la configurabilità del delitto di cui all'art. 346-bis c.p. quando la promessa o la dazione siano volte a remunerare il pubblico ufficiale e questo sia direttamente attratto nel patto, divenendone partecipe, quale beneficiario diretto o indiretto del denaro o dell'utilità.

A ben vedere in un caso del genere non vi è ragione di apprestare una tutela anticipata rispetto ad un rischio di coinvolgimento dell'effettivo esercizio della funzione, che si è ormai evidentemente concretizzato.

Il reato di cui all'art. 346-bis è aggravato se chi indebitamente fa dare denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Ciò, al fine di distinguere tale fattispecie da quella della corruzione, implica che la qualifica venga in rilievo come mera qualità di posizione, non implicante il dinamico manifestarsi di competenze e poteri del soggetto qualificato, risultando ravvisabile il delitto di corruzione quando al contrario risultino specificamente dedotti all'interno del patto quelle competenze o quei poteri.

Segnatamente il delitto di corruzione rientra tra i reati funzionali, con la conseguenza che l'atto dedotto nel patto, se non deve essere ricompreso nelle specifiche mansioni, deve comunque rientrare nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene e in relazione al quale eserciti o possa esercitare una forma di ingerenza, sia pure di fatto.

Tale principio deve essere letto alla luce di quello in forza del quale l'atto di ufficio deve concretare l'esercizio dei poteri funzionali, non rientrando in esso quello compiuto in occasione dell'ufficio e che se del caso si risolva nella “mera segnalazione” o “raccomandazione”.

Deve osservarsi inoltre che la relazione di sussidiarietà rispetto alle ipotesi di corruzione implica che, in presenza di elementi autonomamente coerenti con la riconduzione nella fattispecie del traffico di influenze, il delitto di corruzione può dirsi prevalente solo quando sia non solo approssimativamente prospettato ma anche tangibilmente comprovato che il prezzo era già destinato al soggetto qualificato e non volto a compensare una mediazione; o che il soggetto qualificato era stato effettivamente reso partecipe del patto, quale beneficiario della dazione o della promessa in relazione all'esercizio delle sue funzioni.

In mancanza di elementi idonei a dimostrare che si sia consumato un episodio di corruzione è invece insufficiente la mera consegna di somme ad un intermediario.

Dal che il reato di traffico di influenze è configurabile a prescindere dalla circostanza che ricorra una vanteria da parte del soggetto che riceve la promessa o la dazione, essendo sufficiente che costui con piena consapevolezza, si avvalga dell'influenza riconosciutagli, ottenendo per questo, denaro o altra utilità. Ed è in ciò che si realizza lo sfruttamento della relazione.

23 aprile 2020

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