Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Consumo sul posto negli esercizi alimentari o somministrazione come in bar e ristoranti? Il tema del “servizio assistito” alla clientela
Servizi Comunali Somministrazione alimenti e bevandeApprofondimento di Michele Deodati
Consumo sul posto negli esercizi alimentari o somministrazione come in bar e ristoranti? Il tema del “servizio assistito” alla clientela
Michele Deodati[i]
Consumo sul posto negli esercizi di vicinato o somministrazione in pubblici esercizi? Continua a trascinarsi nelle aule dei Tribunali amministrativi l'annosa questione circa la difficoltà di distinguere il consumo sul posto negli esercizi di vicinato dalla tradizionale attività di somministrazione di alimenti e bevande propria dei pubblici esercizi come bar e ristoranti, anch'essa peraltro definita "vendita per il consumo sul posto" fin dai tempi della vecchia L. nazionale n. 287/1991.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2427 del 15 aprile 2020, si sofferma sul delicato tema del “servizio assistito”, che, come si vedrà tra un attimo dalla ricostruzione del quadro normativo, rappresenta uno degli elementi, ma non l’unico, per individuare il tipo di attività esercitata.
L’evoluzione normativa del concetto di “consumo sul posto”
Il consumo sul posto negli esercizi di vicinato si affaccia per la prima volta nel D.Lgs. n. 114/1998 che, per l'appunto, consente tale modalità di consumo immediato sul posto dei medesimi prodotti venduti, subordinandolo alla condizione che "siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati". In modo indiretto ma inequivoco, si introduce una distinzione tra arredi ed allestimenti funzionali alla somministrazione tradizionale, e cioè appannaggio dei pubblici esercizi, e quelli utilizzabili nel caso di consumo sul posto negli esercizi di vicinato;
- con l'avvento del decreto Bersani2 (art. 3, comma 1, lett. f-bis, D.L. n. 223/2006) le attività commerciali, come individuate dal D.Lgs. n. 114/1998 sono svolte senza: f-bis: il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie. La norma si riferisce alla facoltà accordata agli esercizi di vicinato alimentare di consumare sul posto i prodotti di gastronomia (e non quelli di propria produzione) con esclusione del servizio assistito di somministrazione;
- l'innovazione apportata dal decreto Bersani2 ha introdotto il richiamo espresso all'utilizzo dei locali e degli arredi dell'azienda ed eliminato il riferimento alle attrezzature finalizzate alla somministrazione (presente invece nel D.Lgs. n. 114/1998), lasciando invariata l'esclusione del servizio assistito di somministrazione.
Lo stato dell’arte del dibattito giurisprudenziale: continuano i contrasti tra T.A.R. Lazio e Consiglio di Stato
Distinguere tra negozio di alimentari, in cui si pratica il consumo sul posto dei prodotti appena acquistati, e pubblico esercizio come bar o ristorante, abilitato alla somministrazione di alimenti e bevande, è diventata una questione molto delicata.
La riforma del 2006 ha di fatto gettato le basi per una vera e propria assimilazione delle due attività, salvo il tema del “servizio assistito”, sul quale la legge parla chiaro: esso rimane una prerogativa dei pubblici esercizi. Su questo argomento il dibattito giurisprudenziale vede due indirizzi contrapposti, imperniati soprattutto sul valore da attribuire al “servizio assistito”: da un lato, con la Sentenza n. 2280/2019, il Consiglio di Stato ha fissato il principio generale per il quale negli esercizi di vicinato legittimati alla vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, è ammesso il consumo sul posto di prodotti di gastronomia purché in assenza del servizio "assistito" di somministrazione. Il "servizio assistito" di cui al citato art. 3, comma 1, lett. f-bis), D.L. n. 223/2006, è stato interpretato in senso più strettamente letterale, identificandolo quindi nell'offerta da parte del gestore di un servizio ai tavoli ad opera di personale impiegato nel locale. Il principio è stato applicato pedissequamente anche in successive, come nella Sentenza 8011/2019, per cui è del tutto irrilevante la predisposizione degli arredi all'interno del locale, poiché, in assenza di personale ai tavoli, non è impedito che il mero consumo in loco del prodotto acquistato possa avvenire servendosi materialmente di suppellettili ed arredi, anche dedicati, presenti nell'esercizio commerciale, ossia in primis tavoli e sedie, ma a rigore anche tovaglioli o stoviglie, la cui generale messa a disposizione per uso autonomo e diretto di per sé non integra un servizio di assistenza al tavolo, ben potendo essere utilizzati anche dagli acquirenti che decidano di non fermarsi nel locale. Per cui, il mero consumo in loco del prodotto acquistato, sia pure servendosi materialmente di suppellettili ed arredi - anche dedicati - presenti nell'esercizio commerciale, non comporta un superamento dei limiti di esercizio dell'attività di vicinato.
Dall’altro lato si colloca il T.A.R. del Lazio (tra le tante, sentenza n. 1116/2020), che invece continua a propugnare una interpretazione “funzionale” del servizio assistito, e cioè come organizzazione dell'offerta da parte del gestore rivolta, nel suo complesso - e, dunque, anche in ragione delle modalità di strutturazione del locale - a favorire la consumazione sul posto dei prodotti di gastronomia, senza attribuire esclusiva rilevanza alla presenza o meno del personale di servizio.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2427/2020: alcune aperture
Con questa ultima sentenza, il Collegio d’appello sembra distogliersi dal proprio indirizzo sul servizio assistito per avvicinarsi, almeno in parte, alle tesi del Tribunale romano.
Il Collegio d’appello, che da ultimo aveva abbracciato un criterio di tipo oggettivo basato sulla presenza o meno dei camerieri, in questa sentenza ha riconosciuto invece rilevanza al criterio soggettivo, ammettendo la valutazione da effettuare di volta in volta; nel caso di specie ha evidenziato che le attrezzature predisposte a latere dell’attività di vendita avevano caratteristiche tali da non connotare il locale come (anche) da somministrazione, ma si contenevano in una dimensione accessoria, eventuale e secondaria rispetto alla vendita da asporto, la quale deve comunque mantenere il carattere prevalente e funzionale. Nel caso concreto, i tavoli e le sedute occupavano meno del 25% della superficie del locale (Michele Deodati).
7 maggio 2020
[i] Michele Deodati – Vicesegretario comunale e Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese
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Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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