Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Area verde privata gravata da servitù pubblica: possibile il plateatico per un pubblico esercizio?
Servizi Comunali Gestione del territorioApprofondimento di Michele Deodati
Area verde privata gravata da servitù pubblica: possibile il plateatico per un pubblico esercizio?
Michele Deodati
Non sempre è chiaro l’ambito dei poteri di un’Amministrazione comunale rispetto alle aree private assoggettate a servitù pubblica, quest’ultima da distinguere, a sua volta, dalle servitù prediali pubbliche. A chiarire tutti gli aspetti teorici e pratici di tali istituti è la sentenza del Consiglio di Stato n. 2999 del 12 maggio 2020. Ma veniamo al caso concreto: su una piazzola di proprietà condominiale insiste un pubblico esercizio per attività di bar, principalmente diretto a soddisfare le esigenze dei visitatori dell’adiacente ospedale, e dunque aperto solo in orario diurno e serale, ma non notturno. Alcuni anni dopo l’ultimazione dei lavori di costruzione del condominio, una società ha chiesto all’Amministrazione comunale il suolo pubblico della piazzola con tavoli e sedie a servizio dell’esercizio pubblico, e la relativa autorizzazione è stata rilasciata “in via precaria temporale”, senza il pregiudizio del diritto di terzi”, vincolandola contestualmente all’osservanza di alcune “prescrizioni speciali”, tra cui, in particolare, “che il suolo pubblico non venga manomesso, eventualmente sia ripristinato a regola d’arte.
Destinazione a verde pubblico e uso a plateatico
In seguito, alcuni condomini hanno impugnato il provvedimento ampliativo davanti al T.A.R., affermando che l’area interessata non era di proprietà pubblica e che, comunque, essa non era utilizzabile come plateatico da parte di un singolo in ragione della sua destinazione servile a beneficio della collettività.
Ma il Giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimo l’agire dell’Amministrazione, sia per quanto è stato possibile ricavare dalla lettura del testo convenzionale, che assume particolare rilievo in quanto al natura del diritto di servitù pubblica nasce proprio da fonte pattizia, sia per la ritenuta compatibilità della funzione di pubblico esercizio dotato di tavolini e sedie, con la destinazione sopra descritta di parchi e ad aree attrezzate per il gioco dei bambini e dei ragazzi e per il riposo degli adulti, in cui possono essere realizzate unicamente costruzioni ad uso bar, chioschi di ristoro, tettoie aperte, servizi igienici, gioco bambini.
Servitù di uso pubblico e diritti di uso pubblico
Il Collegio d’appello ha approfondito l’istituto delle cc.dd. “servitù di uso pubblico”, in realtà definite correntemente come “diritti di uso pubblico”, le quali pertanto rientrano nel più ampio novero dei diritti reali pubblici di godimento costituiti su immobili di proprietà privata (art. 825 c.c.).
Le servitù prediali pubbliche sono pertanto particolari diritti reali spettanti alle pubbliche amministrazioni e che gravano su beni di proprietà privata. I privati risultano in tal senso destinatari di una limitazione del loro diritto in funzione della pubblica utilità segnatamente posta a vantaggio di un bene demaniale, alla stessa guisa dell’istituto della servitù prediale disciplinato dagli artt. 1027 e ss. c.c., e ciò anche se la relativa disciplina è prevalentemente devoluta a leggi speciali e l’imposizione del vincolo servile avviene pertanto mediante l’emanazione di un provvedimento amministrativo.
I diritti di uso pubblico, o comunemente servitù pubbliche (non prediali), consistono in un diritto reale di cui è titolare un ente pubblico al fine del perseguimento di un pubblico interesse e che è gravante su beni appartenenti a privati, seppur in assenza di un rapporto funzionale tra beni. Sulla base di un diritto di uso pubblico una determinata collettività di persone può infatti essere in tal modo ammessa ad una parziale utilizzazione di tali beni che pur rimanendo di proprietà privata, sono ugualmente destinati al soddisfacimento di tale pubblico interesse. Nelle servitù di uso pubblico, al peso gravante sul fondo servente corrisponde dal lato attivo il conseguimento di fini di pubblico interesse da parte di una comunità di persone considerate uti cives, sicché la loro connotazione peculiare è data dalla generalità di un uso indiscriminato da parte dei singoli e dalla oggettiva idoneità del bene privato al soddisfacimento di tale interesse collettivo.
Esclusa la sussistenza di una servitù prediale pubblica, il Collegio ha ritenuto illegittimo l’atto di autorizzazione all’occupazione anche temporanea dello spazio a plateatico, argomentando nel contesto dell’art. 825 c.c., per cui l’ente pubblico non può disporre in ordine alle aree private assoggettate a servitù pubblica oltre i limiti necessari per garantire la perdurante insistenza sul bene del diritto di proprietà del privato. In tal senso, l’ente pubblico titolare del diritto parziario demaniale non può esercitare, sui beni assoggettati a diritto di uso pubblico, i poteri che di norma spettano all’ente medesimo sui beni integralmente rientranti nel proprio demanio, e in primis quello di concedere a singoli privati un uso eccezionale dei beni medesimi. Infatti, la concessione di un uso esclusivo a un terzo del bene privato “funzionalizzato” ai sensi dell’art. 825 c.c. all’uso pubblico, violerebbe per certo l’utilizzo del bene da parte dell’intera comunità di cui il Comune è il soggetto esponenziale nonché garante dei relativi diritti e interessi.
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Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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