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Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Legittimo il regolamento che collega una parte degli incentivi dell’avvocatura alla performance delle cause vinte
Servizi Comunali Indennità varieApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Legittimo il regolamento che collega una parte degli incentivi dell’avvocatura alla performance delle cause vinte
Vincenzo Giannotti
Il collegamento della remunerazione degli avvocati interni alla performance organizzativa e individuale, stabilito dal regolamento comunale è stata giudicata legittima dai giudici amministrativi (TAR Toscana, sentenza n.646/2020 - file allegato -) in quanto conforme alle disposizioni di cui al d.l. 90/2014 che condiziona l’erogazione dei compensi degli avvocati al loro rendimento individuale. Sempre secondo il Consesso amministrativo di primo grado, il regolamento dell’ente che ha condizionato l’erogazione del 30% dei compensi degli avvocati al raggiungimento del 100% della performance organizzativa all’ottenimento, di almeno il 50% delle sentenza favorevoli trattate, è da considerarsi conforme alle disposizioni legislative.
La vicenda
Gli avvocati del comune Capoluogo toscano hanno impugnato in diverse parti il regolamento sui compensi loro dovuti, lamentando una serie di illegittimità. La prima in merito allo scorporo dell’IRAP gravante sui compensi professionali dovuti prima della loro distribuzione, stante che la loro attività è di lavoro dipendente e l’imposta dovrebbe essere posta a carico del solo ente. La seconda doglianza riguarda l’esclusione dei provvedimenti giurisdizionali che si siano conclusi non con sentenze ma con ordinanze e decreti, in quanto quello che rileva è una pronuncia favorevole all’ente. L’ultimo motivo riguarda la parte del regolamento che disciplina la ripartizione dei compensi da liquidare nella misura del 70% sulla performance individuale, mentre il restante 30% riguarderebbe la performance organizzativa che, a dire dei ricorrenti, avrebbe l’effetto di pregiudicare il lavoro individuale.
IRAP
Va premesso come la questione dell’IRAP sui compensi degli avvocati pubblici divede ancora la giurisprudenza amministrativa, contabile ed ordinaria. Il Collegio amministrativo propende per una esclusione di questa componente fiscale a carico dei dipendenti, adeguandosi alle indicazioni del Consiglio di Stato (sentenza n. 4970/2017), nonché ad una parte della giurisprudenza contabile (Corte dei Conti Umbria Sez. contr. Delib., 29/02/2016, n. 23), giudicando quindi illegittima la decurtazione sui compensi operata dall’ente. Sul punto, tuttavia, non può non essere evidenziato come il giudice di legittimità (Cass., sentenza n. 21398/2019) sia stato di contrario avviso, precisando che non è ammissibile che una parte del costo resti a carico dell'ente locale, con la conseguenza che le amministrazioni dovranno quantificare le somme che gravano sull'ente a titolo di Irap, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell'incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali. Quest’ultimo orientamento è stato di recente condiviso dal TAR per la Liguria (sentenza 100/2020) secondo cui se è vero che l’Irap non può non essere a carico dell’Ente Pubblico, perché soggetto passivo dell’imposta, il costo correlato al concreto esborso economico, essendo generato dall’attività dei dipendenti i quali ricevono un compenso dall’Amministrazione, tanto in caso di compensazione delle spese di giudizio, quanto in caso di recupero delle spese poste a carico della controparte, non è irragionevolmente posto “in compensazione” con il compenso medesimo. In altri termini il costo dell’Irap, viene a gravare non sullo stipendio tabellare, ma sul fondo per i compensi “accessori” degli avvocati, in quanto è proprio dall’attività sostanzialmente professionale esercitata da questi ultimi, cui sono ricollegati i predetti compensi, che sorge l’obbligazione tributaria a carico dell’Amministrazione.
Sentenza favorevole
Anche la decisione di escludere i compensi legali, qualora non convenute in sentenze, è stata considerata illegittima e, come tale, da espungere dal regolamento adottato dall’ente. Infatti, l’utilizzo della terminologia “sentenza favorevole” lungi dall’essere interpretato in senso restrittivo va correttamente classificato come provvedimento giurisdizionale assunto in pubblica udienza, da inquadrare nell’ambito di una qualunque “pronuncia favorevole” che concluda definitivamente una controversia in un determinato grado di giudizio. In questo caso, secondo il TAR dell’Emilia Romagna (sentenza n.59/2020), spetterà all’ente verificare caso per caso se vi sia stato espletamento di una consulenza legale, da parte del difensore dell'ente e, finanche, il possibile vantaggio economico ottenuto dalla Pa dal provvedimento favorevole.
Performance organizzativa
L’ultima questione, questa volta dichiarata infondata dal Collegio amministrativo di primo grado, concerne l’espunzione dal regolamento della performance organizzativa ai fini dell’erogazione di una parte dei compensi professionali dell’avvocatura. Le censure avanzate dagli avvocati nel ricorso, infatti, non hanno colto nel segno. In via preliminare secondo i giudici amministrativi di prime cure, non vi sarebbe alcun contrasto tra il d.l. 90/2014 e il regolamento dell’ente che ha disciplinato due differenti tipologie di “rendimento”, una individuale ed una collettiva/organizzativa. Infatti, il decreto legge citato si limita a disporre che i regolamenti dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici dovranno disciplinare i criteri di riparto delle somme in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l'altro della puntualità negli adempimenti processuali. La performance organizzativa, introdotta dall’ente, non può in nessun modo pregiudicare il lavoro individuale richiesto all’avvocato civico, non potendosi escludere che, per l’ottenimento dei migliori risultati, si debba tenere conto delle azioni organizzative poste in essere. Nel caso di specie, il regolamento comunale ha previsto che la quota della performance organizzativa fosse ripartita sulla base di una pluralità di criteri. E’ stato, infatti, stabilito che, in alternativa all’avvenuto esito favorevole per l’Amministrazione di almeno il 50% dei procedimenti giurisdizionali che avrebbe conferito l’intera performance organizzativa, pari al 30% dei compensi complessivi degli avvocati, almeno l’80% dei pareri richiesti nel corso dell’anno dagli uffici siano stati evasi entro 30 giorni dalla richiesta e che, ancora i legali in servizio abbiano assistito al 100% delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie. Ora, secondo il Collegio amministrativo non può che rientrare nell’ampio potere organizzativo dell’ente la scelta dei criteri, ben potendo, come nel caso di specie, subordinare la valutazione positiva all’esito favorevole dei procedimenti giurisdizionali esauriti nell’anno precedente a quello della ripartizione, fattispecie che vincola i legali interni, non solo a concludere positivamente il contenzioso, ma a velocizzare quanto più possibile l’iter processuale.
In conclusione, non può essere considerata illogica la scelta operata dall’ente di subordinare il conseguimento della performance organizzativa all’esito favorevole del 50% dei giudizi e, ciò, considerando che detta tipologia di valutazione dell’attività del dipendente concorre solo per una percentuale pari al 30% e, quindi per una parte minoritaria, alla complessiva valutazione del dipendente e relativa ai risultati raggiunti da quest’ultimo.
29 maggio 2020
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
IFEL – 11 marzo 2024
IFEL – 5 febbraio 2024
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