Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Incarico extra istituzionale di CTP conferito dalla PA ad un proprio dipendente. Si presume gratuito.
Servizi Comunali Incarichi professionaliApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Incarico extra istituzionale di CTP conferito dalla PA ad un proprio dipendente. Si presume gratuito.
Vincenzo Giannotti
La questione nasce da un incarico affidato ad un proprio dipendente, da parte di una PA, al di fuori delle proprie competenze di ufficio, con la conseguente richiesta della retribuzione non corrisposta. Il dipendente ha, infatti, sostenuto che l’incarico attribuito rientrasse quale compenso di lavoro autonomo, coincidente con le attività di consulente tecnico di parte svolto in occasione di un procedimento giudiziale, cui si sono aggiunti anche due pareri elaborati per l’Avvocatura. A differenza del Tribunale di primo grado, che ha riconosciuto la retribuzione addizionale al dipendente, la Corte di appello ha precisato come, le attività svolte dal dipendente, non rientrassero nelle previsioni degli articoli 2222 e seguenti cod. civ. — contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale — ma nella disciplina dell'articolo 53 D.Lgs. 165/2001, trattandosi di incarico conferito ad un dipendente della amministrazione per una attività estranea ai propri compiti istituzionali. Secondo i giudici di appello, non avendo previsto alcun compenso il decreto di nomina, né vi era riserva di una sua successiva determinazione, l'incarico doveva ritenersi a titolo gratuito per volontà delle parti, come desumibile dalle previsioni dei commi dodici - “Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto” - e sedici – “Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi” - del richiamato articolo 53 del Testo unico del pubblico impiego. A sostegno della gratuità dell'incarico era anche la circostanza che il dipendente non aveva fornito elementi per ritenere che l'incarico fosse stato svolto al di fuori dell'orario di lavoro e senza utilizzare i beni della amministrazione, come richiesto nel caso di incarichi retribuiti.
Le motivazioni del ricorso in Cassazione
In considerazione della discrasia tra le due sentenze, il dipendente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo gli errori in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale. In particolare, secondo il dipendente, dall'articolo 53 del D.Lgs 165/2001 non si ricavava una presunzione di gratuità. Infatti, ostava a tale conclusione la presunzione di onerosità della prestazione lavorativa subordinata, posto che la stessa sentenza riconosceva l'incarico come estraneo alle sue mansioni ed al principio di onnicomprensività della retribuzione. In altri termini, a dire sempre del dipendente, il richiamato art.53 disciplinava esclusivamente gli incarichi extralavorativi retribuiti, come risultava testualmente dal comma sette. Quindi, gli incarichi gratuiti, contemplati dal comma dodici ai soli fini della procedura interna di monitoraggio, potevano essere svolti anche senza la preventiva autorizzazione. Né, insiste il ricorrente, la gratuità poteva ricavarsi, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica. In merito alle attività svolte al di fuori del proprio orario di servizio e senza utilizzare i beni dell’impresa. In ogni caso, il ricorrente ha affermato di aver fornito tale prova con specifica nota, versata in atti del procedimento ed indirizzata al dirigente che gli aveva conferito l’incarico, nella quale si dava atto della gravosità dell'incarico, della regolare attività gestionale delle proprie attività di istituto, dell'impegno per la redazione della relazione, svolto oltre il normale orario di lavoro, ma per il quale non era stato attribuito alcun compenso economico, oggi reclamato. Infine, il ricorrente si duole del fatto che avrebbe dovuto essere l’amministrazione conferente a fornire prova dell’utilizzo dei beni dell’ente per la redazione della relazione tecnica e dei due pareri resi all’avvocatura, prova che non è stata mai depositata dall’ente.
La conferma della Cassazione
Secondo i giudici di legittimità (ordinanza n.10777 del 5 giugno 2020 - nel file allegato -) è indubbio che il dipendente non avesse fornito la prova che l'incarico di consulenza di parte fosse stato svolto al di fuori dell'orario di lavoro e senza usare beni della amministrazione. In altri termini, continua la Cassazione, la Corte territoriale ha ritenuto non assolto l'onere, cadente a carico del lavoratore quale fatto costitutivo del suo diritto, di provare lo svolgimento dell'incarico al di fuori dell'orario di lavoro. Pertanto, il fatto storico è stato, esaminato dai giudici di appello ed il vizio denunciato si risolve in una richiesta di rivalutazione degli elementi istruttori non proponibili con ricorso in Cassazione. Il ricorso del dipendente, è quindi stato considerato inammissibile, confermando le conclusioni della Corte territoriale e addebitando le spese di giudizio a carico del dipendente soccombente nel ricorso proposto.
13 giugno 2020
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
IFEL – 11 marzo 2024
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