Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
I benefici del lavoro agile per le convenzioni o il comma 557 della legge 311/2004
Servizi Comunali Organizzazione e funzionamentoApprofondimento di Luigi Oliveri
I benefici del lavoro agile per le convenzioni o il comma 557 della legge 311/2004
Luigi Oliveri
Il lavoro agile continua ad essere visto con circospezione e sospetto da molte pubbliche amministrazioni, in particolare dai comuni di piccole dimensioni, meno idonei ed abituati ad un lavoro per obiettivi definiti e misurabili, costretti all’attività del “giorno per giorno”.
Eppure, in particolare per i piccoli comuni e per le forme associative il lavoro agile si presenta come una risorsa importante e semplificativa.
Ci si riferisce specificamente a quella particolare modalità di espletamento di lavoro agile definita come coworking. Si tratta della possibilità di utilizzare strumenti tecnologici e risorse telematiche finalizzati a creare spazi di lavoro condivisi anche da parte di lavoratori appartenenti ad amministrazioni diverse.
La nota 2 della Direttiva della Funzione Pubblica 3/2017 definisce il coworking “come una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e di organizzazione delle risorse umane e strumentali basata sulla condivisione dell’ambiente di lavoro ed eventualmente delle postazioni informatiche da parte di lavoratori e lavoratrici dipendenti da diversi datori di lavoro … . Lo sviluppo del co-working permette la creazione e lo sviluppo di centri polifunzionali per l’erogazione di servizi pubblici. Si pensi ad una pluralità di amministrazioni che condividono spazi e nell’ambito di questi erogano servizi pubblici diversi, o al caso di amministrazioni con una pluralità di sedi territoriali che permettano ai dipendenti per alcuni giorni a settimana di svolgere la propria prestazione lavorativa in una sede della propria amministrazione diversa da quella di assegnazione”.
Il coworking sembra particolarmente adatto a razionalizzare le forme associative, a partire dalle convenzioni previste dall’articolo 1, comma 124, della legge 145/2018, che ha in parte legificato le previsioni dell’articolo 14 del Ccn. 22.1.2004.
Si tratta delle fonti della prestazione lavorativa a “scavalco”, nell’ambito della quale, sulla base di una convenzione tra due enti, il dipendente di uno di questi svolga la propria prestazione lavorativa (che resta unica ed alle dipendenze dell’ente dominus) in parte per l’ente di appartenenza, in residua parte per l’ente convenzionato, entro le 36 ore settimanali.
E’ evidente che uno dei maggiori limiti allo scavalco è la logistica, cioè la distanza fisica tra i due enti convenzionati, il tempo per la trasferta, la diversificazione delle modalità operative e di conservazione ed archiviazione dei documenti.
Col coworking i problemi logistici possono essere in larghissima misura risolti. La convenzione tra i due enti potrebbe non limitarsi alla sola regolazione delle ore di lavoro, ma ricomprendere anche la condivisione di piattaforme ed applicativi, oltre che di archivi specificamente connessi al settore per il quale il lavoratore a scavalco svolge la propria attività. In questo modo, il lavoratore a scavalco potrebbe, in coworking appunto, espletare rilevante parte della propria attività a beneficio dell’ente convenzionato (che, nella sostanza, lo vede come lavoratore in lavoro agile), da remoto.
Si pensi alla soluzione del problema delle trasferte e del rimborso per l’utilizzo del mezzo proprio, creato dalle poco meditate norme del 2010. Il coworking potrebbe ridurre di molto le trasferte, ottimizzando i tempi della prestazione e riducendo i costi. La presenza fisica del lavoratore a scavalco nella sede convenzionata potrebbe ridursi di gran lunga, con estremo beneficio organizzativo.
Lo stesso, a questo punto, può dirsi per gli uffici convenzionati ai sensi dell’articolo 30 del d.lgs 267/2000 e per le unioni di comuni. Il coworking pare la soluzione logistica e tecnica migliore per queste modalità operative convenzionate.
Non diversa è la considerazione per le prestazioni lavorative ulteriori al plafond settimanale di 36 ore, disciplinate dall’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004, che la giurisprudenza e molta parte della dottrina definiscono con la fuorviante qualificazione di “scavalco d’eccedenza”.
A ben vedere, non si tratta per nulla di uno scavalco, perché la norma da ultimo citata permette ad un dipendente di un’amministrazione locale di ampie dimensioni di svolgere lavoro subordinato a tempo parziale (e a tempo determinato, anche se questo aspetto raramente viene definito) di lavorare per le rimanenti 12 ore consentite dalla normativa a beneficio di comuni con meno di 5000 abitanti e unioni di comuni, previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.
I due enti, quindi, non si convenzionano e non mettono in piedi una gestione condivisa e a scavalco. Semplicemente l’ente di piccole dimensioni chiede un sussidio all’ente di maggiori dimensioni, che autorizza un proprio dipendente ad intraprendere un’attività lavorativa autorizzata in deroga all’obbligo di esclusività del rapporto di lavoro.
Anche nel caso del comma 557 esistono, comunque, problemi di logistica e tempi della prestazione in tutto analoghi a quelli posti dalle convenzioni.
Sarebbe molto consigliabile per l’ente che si avvale del dipendente autorizzato a regolare il rapporto di lavoro per le massimo 12 ore in smart working nelle forme del coworking, perché anche in questo caso si risolverebbero molti problemi funzionali, sebbene in questo caso non si possano condividere tra enti piattaforme e sistemi: l’ente che si avvale delle prestazioni del dipendente autorizzato dovrebbe aprirgli l’accesso da remoto alle proprie piattaforme e banche dati, così da ridurre i tempi ed i costi delle trasferte, potendo contare su un presidio delle attività più costante e migliore.
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