Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Scioglimento del Consiglio comunale per “condizionamenti” criminali

Servizi Comunali Consiglio Normativa antimafia
di Palumbo Pietro Alessio
26 Giugno 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                               

Scioglimento del Consiglio comunale per “condizionamenti” criminali

Pietro Alessio Palumbo

Ai sensi dell’art.143 del testo unico degli enti locali i consigli comunali e provinciali sono sciolti, quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico.

La proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento.

Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.

 

Impugnazione e legittimazione passiva

Ebbene in proposito ha recentemente chiarito la Corte di Cassazione sent. 4074 del 24 giugno scorso che nel caso di impugnazione di atti emanati nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, assunto non nell’esercizio di poteri riconducibili a quelli amministrativi e “politici” non liberi nei fini ma, piuttosto, nell’esercizio di un potere neutrale di garanzia e controllo di rilievo costituzionale su atti di altri organi o autorità, la legittimazione passiva deve essere riconosciuta non già al Presidente della Repubblica, bensì all’autorità il cui atto è fatto oggetto del “controllo” presidenziale e alla quale spetta la qualifica di autorità emanante.

A ben vedere poiché tale potere di garanzia e di controllo ha ad oggetto la delibera del Consiglio dei Ministri di accoglimento della proposta del Ministro dell’interno, è solo quest’ultima ad essere “giustiziabile”, insieme agli atti ad essa presupposti, e quindi la legittimazione passiva, rispetto alla domanda di annullamento dell’una e degli altri, non può che spettare unicamente alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’interno.

 

La motivazione del provvedimento

La Corte Costituzionale con la sent. n. 103/1993, ha chiarito che il potere di scioglimento in questione deve essere esercitato in presenza di situazioni di fatto che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi, suffragate da risultanze obiettive e con il supporto di adeguata motivazione.

La presenza di risultanze obiettive esplicitate nella motivazione del provvedimento di scioglimento non deve coincidere con la rilevanza penale dei fatti, né deve essere influenzata dall'esito degli eventuali procedimenti penali.

Detta misura non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, bensì preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato infiltrato.

 

Le finalità della misura

Osserva in proposito il Consiglio di Stato nella sent. n.2590/2003 che la misura non ha finalità repressive nei confronti di singoli, ma di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata, per cui trovano giustificazione i margini, particolarmente ampi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l'Amministrazione e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, quali i vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di affari, le frequentazioni.

 

L’esigenza di “prevenzione anticipata”

Lo scioglimento in questione risponde dunque ad un’esigenza di “prevenzione anticipata” di fronte alla minaccia della criminalità organizzata e si connota quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria.

Di conseguenza sono giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, anche quando, il valore indiziario dei dati non è sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo elementi fondamentali della valutazione di scioglimento, da un lato, l’accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.

In buona sostanza l’art. 143, D.Lgs. n. 267 del 2000 delinea un modello di valutazione prognostica in funzione di un deciso avanzamento del livello istituzionale di prevenzione, con riguardo ad un evento di pericolo per l’ordine pubblico quale desumibile dal complesso degli effetti derivanti dai “collegamenti” o dalle “forme di condizionamento” in termini di compromissione della libera determinazione degli organi elettivi, del buon andamento delle amministrazioni, nonché del regolare funzionamento dei servizi, ovvero in termini di grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica anche per situazioni che non rivelino né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata”, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per l'avvio dell'azione penale o, almeno, per l'applicazione delle misure di prevenzione a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata quella di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze né al compimento di specifiche illegittimità.

 

Le risultanze da identificare

A ben vedere rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte dell’Amministrazione, è necessario un di più, consistente in una condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall’Amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obiettive risultanze che diano attendibilità alle ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole, per i legittimi interessi della comunità locale, il permanere alla sua guida degli organi elettivi. Ciò in quanto l’art. 143 precisa le caratteristiche di obiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, ovvero non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento.

Per altro verso come chiarito dal Consiglio di Stato nella sent. n.3340/2020 proprio la straordinarietà di tale misura e la sua fondamentale funzione di contrasto alla ormai capillare diffusione della criminalità mafiosa sull’intero territorio nazionale hanno portato a ritenere che la modifica normativa al TUEL per la quale gli elementi fondanti i provvedimenti di scioglimento devono essere concreti, univoci e rilevanti, non implica la regressione della logica sottesa alla disposizione, poiché la finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo.

Ciò nell’evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie e concrete forme di connessione o di contiguità e, dunque, di condizionamento fra le organizzazioni criminali e la sfera pubblica, e nella necessità di evitare, con immediatezza, che l’amministrazione dell’ente locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata.

 

La prospettiva “non atomistica”

L’operazione in cui consiste l’apprezzamento giudiziale delle collusioni e dei condizionamenti non può essere effettuata mediante l’estrapolazione di singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull'operato consiliare.

Ciò in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio interessato dalla misura di cui si discute, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, e non atomisticamente, poiché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione della misura stessa.

Peraltro, idonee a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo comunale sono anche situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino presumere l'intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata. 

A ben guardare il provvedimento di scioglimento degli organi comunali deve essere la risultante di una ponderazione comparativa tra valori costituzionali parimenti garantiti, quali l'espressione della volontà popolare, da un lato, e, dall'altro, la tutela dei principi di libertà, uguaglianza nella partecipazione alla vita civile, nonché di imparzialità, di buon andamento e di regolare svolgimento dell'attività amministrativa, rafforzando le garanzie offerte dall'ordinamento a tutela delle autonomie locali.

 

La ponderazione degli interessi coinvolti

Il livello istituzionale degli organi competenti ad adottare tale provvedimento garantisce l'apprezzamento del merito e la ponderazione degli interessi coinvolti.

Il Consiglio di Stato con la sent. n. 665/2007 ha chiarito che nel provvedimento di scioglimento in questione non vi è contrapposizione, ma sostanziale identità di tutela tra diritto costituzionale di elettorato e lotta alla criminalità proprio perché la norma, che legittima lo scioglimento dei consigli, lo condiziona al presupposto dell'emersione, da un'approfondita istruttoria, di forme di pressione della criminalità che non consentono il libero esercizio del mandato elettivo. Il precipitato logico è che nell’ipotesi di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità, considerato che non si richiede né che la commissione di reati da parte degli amministratori, né che i collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali risultino da prove inconfutabili, dimostrandosi sufficienti elementi univoci e coerenti volti a far ritenere un collegamento tra l’Amministrazione e i gruppi criminali.

Il sindacato del giudice amministrativo sulla ricostruzione dei fatti e sulle implicazioni desunte dagli stessi non può quindi spingersi oltre il riscontro della correttezza logica e del non travisamento dei fatti, essendo rimesso il loro apprezzamento alla più ampia discrezionalità dell’autorità amministrativa.

Deriva che come chiarito al Consiglio di Stato nella sent. n. 96/2018, il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come estrinseco, nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito.  

In sede giurisdizionale non è dunque necessario un “puntiglioso” e cavilloso accertamento di ogni singolo episodio, più o meno in sé rivelatore della volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, né delle responsabilità personali, anche penali, di questi ultimi.

25 giugno 2020

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