Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Il conflitto d’interessi e le c.d. “incompatibilità interne” all’ente

Servizi Comunali Anticorruzione Incompatibilità Inconferibilità
di Palumbo Pietro Alessio
24 Luglio 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                           

Il conflitto d’interessi e le c.d. “incompatibilità interne” all’ente

Pietro Alessio Palumbo

 

Il tema della gestione dei conflitti di interessi è espressione del principio generale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa codificato nella nostra Costituzione Repubblicana.

 

La legge anticorruzione

L’argomento è stato affrontato dalla legge anticorruzione del 2012 con riguardo sia al personale interno dell’ente sia a soggetti esterni destinatari di incarichi nelle amministrazioni, attraverso norme che attengono a diversi profili quali: l’astensione del dipendente in caso di conflitto di interessi; le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso enti privati in controllo pubblico; l’adozione dei codici di comportamento; il divieto di pantouflage e post-employment; l’autorizzazione a svolgere incarichi extra-istituzionali; l’affidamento di incarichi a soggetti esterni in qualità di consulenti.

 

Il Piano Nazionale Anticorruzione

Come chiarito dal Piano Nazionale Anticorruzione 2019-2021 la situazione di conflitto di interessi si configura laddove la cura dell’interesse pubblico cui è preposto il funzionario possa essere deviata per favorire il soddisfacimento di interessi di cui sia titolare direttamente o indirettamente il medesimo funzionario.

Le disposizioni sul conflitto di interessi fanno riferimento a un’accezione ampia dello stesso attribuendo rilievo a qualsiasi posizione che potenzialmente possa minare il corretto agire amministrativo e compromettere, anche in astratto, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale.

 

Conflitto d’interessi “potenziale”

Deriva che alle situazioni palesi di conflitto di interessi reale e concreto, che sono quelle esplicitate dal Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici, si aggiungono quelle di “conflitto potenziale” che, seppure non tipizzate, possono essere idonee a interferire con lo svolgimento dei doveri pubblici e a inquinare l’imparzialità amministrativa e l’immagine del pubblico potere.

 

Conflitto d’interessi “strutturale”

Ipotesi di conflitto di interessi può presentarsi nel caso in cui il conferimento di una carica nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato regolati, finanziati e in controllo pubblico, sia formalmente in linea con le disposizioni del D.Lgs. n. 39/2013, tuttavia configuri una situazione di conflitto di interessi non limitata a una tipologia di atti o procedimenti, bensì generalizzata e permanente, altrimenti detta “strutturale”, in relazione alle posizioni ricoperte e alle funzioni attribuite.

In altre parole, l’imparzialità nell’espletamento dell’attività amministrativa può essere pregiudicata in modo sistematico da interessi personali o professionali derivanti dall’assunzione di un incarico, pur compatibile ai sensi del D.Lgs. 39/2013.

 

Atti endo-procedimentali e provvedimenti

Con particolare riguardo all’astensione del dipendente, è stato introdotto nella legge sul procedimento amministrativo, l’obbligo di astensione in capo al responsabile del procedimento o al titolare dell’ufficio competente, ad effettuare valutazioni, a predisporre atti endo-procedimentali e ad assumere il provvedimento finale, nel caso in cui si trovi in una situazione di conflitto d’interessi anche potenziale.

La finalità di prevenzione si attua mediante l’astensione dalla partecipazione alla
decisione o atto endo-procedimentale del titolare dell’interesse che possa porsi in conflitto con l’interesse perseguito mediante l’esercizio della funzione o con l’interesse di cui il destinatario del provvedimento, gli altri interessati e controinteressati, siano portatori.

 

Il Codice di comportamento

La disciplina del conflitto di interessi è, inoltre, trattata nel Regolamento generale sul comportamento dei dipendenti pubblici.

Esso prevede l’obbligo di comunicare al dirigente, all’atto di assegnazione all’ufficio, i rapporti intercorsi negli ultimi tre anni con soggetti privati in qualunque modo retribuiti.

La comunicazione del dipendente riguarda anche i rapporti intercorsi o attuali dei parenti o affini entro il secondo grado, del coniuge o del convivente, con soggetti privati.

Il dipendente è tenuto a specificare, altresì, se i soggetti privati abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, con riferimento alle questioni a lui affidate.

Il suddetto Codice contiene inoltre una tipizzazione delle relazioni personali o professionali sintomatiche del possibile conflitto di interessi e una norma di chiusura di carattere generale riguardante le gravi ragioni di convenienza che comportano l’obbligo di astensione, in sintonia con quanto disposto dal codice di procedura civile per l’astensione del giudice.

Segnatamente il dipendente deve astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente.

Il dipendente deve astenersi in ogni altro caso in cui sussistano gravi ragioni di convenienza.

Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.

Il Codice contiene poi un’ulteriore ipotesi di conflitto di interessi riguardante l’obbligo di astensione del dipendente nel caso in cui l’amministrazione concluda accordi con imprese con cui il dipendente stesso abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente.

 

Il Piano triennale anticorruzione dell’ente

Con la nota delibera 1064/2019, l’ANAC ha suggerito di prevedere nel Piano triennale anticorruzione dell’ente: l’acquisizione e conservazione delle dichiarazioni di insussistenza di situazioni di conflitto di interessi da parte dei dipendenti al momento dell’assegnazione all’ufficio o della nomina a RUP; il monitoraggio della situazione, attraverso l’aggiornamento, con cadenza periodica, della dichiarazione di insussistenza di situazioni di conflitto di interessi, ricordando con cadenza periodica a tutti i dipendenti di comunicare tempestivamente eventuali variazioni nelle dichiarazioni già presentate; l’esemplificazione di casistiche ricorrenti di situazioni di conflitto di interessi; la chiara individuazione dei soggetti che sono tenuti a ricevere e valutare le situazioni di conflitto di interessi dichiarate dal personale; l’individuazione dei soggetti tenuti a ricevere e a valutare le eventuali dichiarazioni di conflitto di interessi rilasciate dai dirigenti, dai vertici amministrativi e politici, dai consulenti o altre posizioni della struttura organizzativa dell’amministrazione; la predisposizione di appositi moduli per agevolare la presentazione tempestiva di dichiarazioni di
conflitto di interessi; l’attività di sensibilizzazione del personale al rispetto di quanto previsto in materia dalla Legge sul procedimento amministrativo e dal Codice di comportamento.

 

Il Codice dei Contratti pubblici

Alle descritte fonti normative in materia di conflitto di interessi, sono state aggiunte specifiche disposizioni in materia di Contratti pubblici, al fine di contrastare fenomeni corruttivi nello svolgimento delle procedure di affidamento degli appalti e concessioni e di garantire la parità di trattamento degli operatori economici.

La possibilità di conflitto di interessi è stata descritta avendo riguardo alla necessità di assicurare l’indipendenza e la imparzialità nell’intera procedura relativa al contratto pubblico, qualunque sia la modalità di selezione del contraente.

Il Codice dei contratti pubblici offre una definizione di conflitto di interessi con specifico riferimento allo svolgimento delle procedura di gara, chiarendo che la fattispecie si realizza quando il personale di una stazione appaltante o un prestatore di servizi che intervenga nella procedura con possibilità di influenzarne in qualsiasi modo il risultato, abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che possa minare la sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione del contratto.

Le amministrazioni possono individuare nei Piano triennale anticorruzione ulteriori e specifiche modalità per la gestione del conflitto di interessi, in relazione alle peculiari funzioni e attività svolte.

Possono essere ad esempio individuati, con riferimento ai rapporti intercorsi o che intercorrano con soggetti privati, gli ambiti di attività ritenuti significativi ai fini delle eventuali ipotesi di insorgenza di conflitto di interessi.

 

La delibera ANAC 600/2020 e la c.d. “incompatibilità interna”

Con la recente Delibera 600 depositata in segreteria il 16 luglio 2020 l’ANAC prende atto del fatto che alla luce della distinzione fra la disciplina relativa alle incompatibilità e inconferibilità di incarichi e quella concernente la gestione del conflitto di interessi mediante il rimedio dell’astensione, necessita meglio valutare come possano attagliarsi disposizioni interne all’ente quali quelle che introducano per i dipendenti divieti di esercitare particolari attività all’interno dell’ente.

Ebbene ha osservato in proposito l’ANAC che disposizioni di tale fattezza non attengono alla preclusione ad assumere incarichi o esercitare attività presso altri enti non rientranti nei compiti d’ufficio, né riguardano la limitazione a svolgere incarichi presso altre amministrazioni o enti di diritto privato.

I divieti in analisi precludono - unicamente all’interno dell’ente - che un dipendente già investito di particolari funzioni possa contestualmente assumerne altre che possano pregiudicare o limitare lo svolgimento imparziale, terzo, delle prime, o possano minarne la corretta esecuzione.

Tanto sulla base della pre-individuazione posta dall’ente, delle condizioni di conflitto d’interessi fra particolari funzioni o attività.

In tali fattispecie l’ente inserisce un divieto sulla scorta di una valutazione fatta a priori sulla sussistenza di situazioni di conflitto d’interessi in presenza di speciali condizioni.

Tali tipi di valutazioni hanno evidenti analogie con le stime relative ai descritti conflitti d’interesse strutturali, tuttavia secondo l’ANAC divieti di tale consistenza e fattezza, configurabili quali fattispecie di “incompatibilità interne”, pur conciliabili con la disciplina generale sui conflitti di interesse è opportuno abbiano carattere del tutto “eccezionale” e vanno in ogni caso tenute ben distinte dalle incompatibilità normate dalle disposizioni generali in materia di inconferibilità e incompatibilità di cui al D.Lgs. 39/2013.

A ben vedere la previsione di “incompatibilità interne” incide sull’asset amministrativo di uffici e settori e sulla ripartizione di compiti e funzioni tra i dipendenti ed è in quanto tale certamente espressione della regolare autonomia organizzativa dell’amministrazione.

Tuttavia – si badi – le possibili fattispecie di incompatibilità interne sono da ritenersi legittime solo qualora, per altro verso, non comportino limitazioni degli spazi di autonomia e libertà individuali dei dipendenti coinvolti.

18 luglio 2020

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