Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Corte Costituzionale: sì all’iscrizione anagrafica per richiedenti asilo
Servizi Comunali Anagrafe popolazione residente (ANPR)Approfondimento di Cosimo Damiano Zacà
Corte Costituzionale: sì all’iscrizione anagrafica per richiedenti asilo.
Bocciato parzialmente il c.d. decreto sicurezza
Cosimo Damiano Zacà
Premessa
La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima la norma del decreto di sicurezza (decreto legge n. 113 del 2018, convertito in legge con la l. n. 132/18), approvato dal primo governo Conte, che aveva precluso, agli stranieri richiedenti asilo, l’iscrizione in anagrafe.
La decisione è scaturita dopo che la Consulta ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno nel corso degli ultimi mesi.
Viene posta, in un certo senso, la parola fine ad una polemica andata avanti per diverso tempo dopo l’approvazione del citato provvedimento, a cui aveva fatto seguito anche un decreto bis.
Cosa prevede il decreto
Il provvedimento, entrato in vigore il 5 ottobre 2018, interviene sul sistema di accoglienza italiano e prevede, per la parte che ci interessa, nuove disposizioni in materia anagrafica a modifica del d.lgs. 142/2015.
Introduce, infatti, in tal senso, due importanti novità:
Annovera il permesso di soggiorno tra i documenti di riconoscimento ex art. 1, comma 1, d.p.r. 445/2000 e statuisce che “non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”, richiamando in proposito il d.p.r. 223/89 (Regolamento anagrafico della popolazione residente) e il d.lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’immigrazione).
Abroga l’art. 5-bis del d.lgs. 142/2015 che prevedeva una procedura semplificata per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale ospitati all’interno di strutture di accoglienza.
Tali disposizioni hanno comportato il diniego da parte degli Ufficiali d’Anagrafe dei Comuni, tenuti al rispetto della legge e quindi a non “ricevere” l’istanza relativa all’iscrizione anagrafica dei migranti richiedenti asilo, con la seguente motivazione: “…si comunica l’irricevibilità dell’istanza in quanto il permesso di soggiorno per richiedenti asilo politico non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del D.P.R. 223/89 e dell’art. 6 c. 7 del D.Lgs n. 286/1998”.
Di conseguenza si è generata una polemica politica che ha portato allo scontro istituzionale tra Governo ed alcuni Sindaci, primo fra tutti quello di Palermo, che impartì ai suoi uffici una direttiva, indicando una metodologia operativa, tesa non alla disapplicazione della legge, ma ad una sua interpretazione costituzionalmente orientata.
Altri amministratori locali (Sindaco di Milano e il presidente dell’ANCI) preferirono la via diplomatica, la via del dialogo, chiedendo al governo di modificare il decreto legge perché, in alcune parti, considerato incostituzionale e in violazione dei diritti umani.
Con la conversione in legge del decreto, si fece strada anche il punto di vista di alcuni autorevoli giuristi, secondo i quali la formulazione dell’art.13 del decreto, era ambigua, contraddittoria, incongrua e, se intesa nel senso di precludere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo, incompatibile con rilevanti disposizioni costituzionali e del diritto internazionale.
In pratica, l’art. 13 del citato decreto, sostengono, non ha abrogato il diritto all’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, ma ha soltanto riformulato le modalità specifiche di attuazione.
Il diniego dell’iscrizione anagrafica da parte dei Comuni ai richiedenti asilo politico, la presa di posizione di alcuni Sindaci, la tesi di alcuni giuristi hanno dato vita a diversi ricorsi e sul tavolo dei giudici dei tribunali ordinari, sono arrivate centinaia di pagine di argomentazioni giuridiche particolarmente complesse.
Molti tribunali, infatti, con proprie argomentate ordinanze, hanno riconosciuto il diritto dei richiedenti asilo all’iscrizione anagrafica, con solo tre casi di rigetto e i rinvii ai giudici costituzionali, da cui, appunto, è scaturita la recentissima sentenza della Consulta, oggetto della trattazione.
La decisione della Consulta
La Corte Costituzionale ha esaminato, come anticipato in premessa, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali e, in attesa del deposito della sentenza, con un comunicato stampa, ha informato che “la disposizione censurata non è stata ritenuta in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione sui requisiti di necessità e di urgenza dei decreti legge”.
Precisa, però, che la norma è incostituzionale, per violazione dell’articolo 3 della Carta, quello che in maniera categorica sancisce l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, sotto un duplice profilo, per irrazionalità intrinseca, in quanto la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza e per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”.
Recita, infatti, l’art. 3 della nostra Carta che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…”.
La mancata iscrizione anagrafica, infatti, priva di fatto i cittadini del rilascio del certificato di residenza e della carta d’identità, documenti necessari per l’accesso ad alcuni servizi essenziali.
Così a quasi due anni dall’approvazione di quella norma, i Supremi giudici sanciscono quello che alcuni esperti, amministratori locali e sindaci avevano affermato da tempo.
Questa decisione, cade, proprio in questi giorni, in cui il Governo, forte anche delle sollecitazioni del Capo dello Stato, è alla ricerca di una soluzione che vada incontro nel senso auspicato da più parti, nella direzione, cioè, di garantire, attraverso l’iscrizione anagrafica e l’accesso ai servizi, la pari dignità a tutti i cittadini.
Ancora una volta in materia di politiche migratorie, sostengono, in modo polemico e provocatorio, alcune associazioni della società civile, che ne hanno sposato la causa sin dall’inizio, la giustizia è arrivata prima di Governo e Parlamento.
Conclusioni
Questa decisione della Consulta, unitamente ai provvedimenti che sono allo studio del governo, renderanno accessibili i diritti fino ad oggi negati a questi cittadini.
Ricordiamo, però, che la legge n. 132/2018 è, a tutt’oggi, in vigore e, in base a tale normativa, il possesso del permesso di soggiorno per richiesta asilo non consente la registrazione dello straniero nei registri anagrafici.
Il diniego all’iscrizione anagrafica da parte degli uffici comunali, pertanto, rimane in linea con le attuali direttive e circolari ministeriali, anche se, appare utile ribadire che esistono comportamenti non omogenei su tutto il territorio nazionale dovuti a decisioni prevalentemente politiche o giuridiche.
Si ritiene, inoltre, opportuno precisare che il divieto di iscrizione per lo straniero richiedente asilo, previsto dall' art. 13 del D.L. 113/2018, vale solo nel caso di iscrizione dall'estero o per ricomparsa, in quanto il trasferimento da un comune ad un altro è da intendersi come mutazione anagrafica e, pertanto, non rientra nel divieto previsto dalla norma.
Ci auguriamo che, sulla scorta della recente decisione della Consulta e in attesa delle decisioni del Governo, arrivino da parte del Ministero dell’Interno indicazioni chiare agli operatori degli uffici anagrafici per dare adeguata soluzione a questo annoso problema.
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