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Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Il decreto semplificazioni e la Conferenza di Servizi: misure di accelerazione
Servizi Comunali Procedimenti amministrativi SemplificazioneApprofondimento di Michele Deodati
Il decreto semplificazioni e la Conferenza di Servizi: misure di accelerazione
Michele Deodati
Il decreto semplificazione ha affrontato anche i problemi che ancora affliggono i procedimenti amministrativi in Conferenza di servizi, non del tutto risolti anche dopo la riforma del 2015. Fino alla data del 31 dicembre 2021, quando un’Amministrazione debba convocare una Conferenza di servizi decisoria, potrà fare ricorso alla modalità semplificata di cui all’art. 14-bis della l. n. 241/1990. La possibilità di fare ricorso alla modalità semplificata richiede però l’applicazione delle seguenti modificazioni:
Quanto alla prima modifica, possiamo rilevare che il termine di 60 giorni si pone circa a metà strada tra il termine ordinario di 45 giorni e quello di 90 previsto nel caso siano interessati enti preposti alla tutela dell’ambiente, della salute o del territorio. La seconda modifica è più problematica, se non altro perché va applicata al di fuori dei casi previsti dal comma 5 dell’art. 14-bis, che non sono agevolmente individuabili. Infatti, tale disposizione comprende sia il caso in cui è decorso il termine perentorio per l’espressione delle determinazioni degli enti e siano stati acquisiti assensi senza condizioni o le condizioni richieste siano ritenute superabili, sia il caso in cui uno o più atti di dissenso che non siano ritenuti superabili, e pertanto si proceda ad emettere una determinazione negativa. Essendo questo l’ambito delle casistiche, non sembrano residuare grandi margini per situazioni ulteriori in grado di azionare la seconda delle modifiche apportate. Il senso della previsione è comunque quello di chiamare in causa gli enti responsabili dell’inerzia e prendere atto delle rispettive posizioni, al fine di concludere senza ulteriore ritardo alla chiusura del procedimento.
L’unica soluzione in grado di comportare la chiusura certa delle procedure nei termini è ampliare le decadenze dal potere, strada peraltro in parte già intrapresa con la riforma Madia e poi proseguita con il decreto n. 76/2020. All’art. 12 di quest’ultima normativa si istituisce una nuova ipotesi di inefficacia del provvedimento amministrativo, per cui diventa tale anche il provvedimento adottato dopo il termine di conclusione del relativo procedimento. La decadenza del potere, per come è stata attuata, e cioè con l’introduzione dell’inefficacia dell’atto tardivo, rischia però di abbattersi sulle esigenze del privato richiedente, che si troverà a dover fare i conti sia con un danno da ritardo, dovuto all’inerzia, sia con un atto inefficace, e quindi con un silenzio-inadempimento, non potendo contare sugli effetti a lui favorevoli del silenzio-assenso, misura che invece è prevista nella procedura ordinaria della Conferenza di servizi.
Preso per assodato che la strada della semplificazione mediante abrogazione di norme o procedure non è percorribile, sarebbe più opportuno intervenire per rafforzare ed ampliare gli effetti del silenzio-assenso, unico, reale strumento per “punire” le amministrazioni che per ragioni varie rimangono inerti o si esprimono tardivamente. Di conseguenza, andrebbe però chiarita la cernita dei procedimenti che in ossequio al diritto europeo non possono essere assoggettati al silenzio-assenso perché devono concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso, essendo troppo vaga l’attuale formulazione di questa eccezione.
26 luglio 2020
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