Approfondimento di Vincenzo Giannotti

I verbali dell’UPD non devono essere protocollati. Legittimo il licenziamento del dipendente che non timbra

Servizi Comunali Licenziamento Procedimenti amministrativi
di Giannotti Vincenzo
28 Luglio 2020

Approfondimento di Vincenzo Giannotti                                                                   

I verbali dell’UPD non devono essere protocollati. Legittimo il licenziamento del dipendente che non timbra.

Vincenzo Giannotti

Un dipendente comunale licenziato, per essersi allontanato dall’ufficio senza aver timbrato il cartellino marcatempo, ha lamentato la condotta illegittima dell’Ufficio dei procedimenti disciplinari reo, a suo dire, di aver omesso la sottoscrizione della contestazione disciplinare in via collegiale (la firma è stata solo quella del Presidente) e soprattutto per aver fatto riferimento ad un verbale Collegiale non protocollato al fine di fornire data certa al medesimo. Secondo la Cassazione (sentenza n.14810/2020 allegata), in merito alle attività compiute dall’Ufficio dei procedimenti disciplinari le stesse devono essere collegialmente compiute solo quelle valutative e deliberative vere e proprie (rispetto alle quali sussiste l'esigenza che tutti i suoi componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale) e non anche quelle preparatorie, istruttorie o strumentali, verificabili a posteriori dall'intero consesso. Avuto riguardo alla data certa del verbale collegiale, nel respingere le doglianze del dipendente comunale sull’obbligo di protocollazione, la Cassazione ha evidenziato come nel procedimento disciplinare non vengono in considerazione atti amministrativi posti in essere dalla PA con i poteri propri del datore di lavoro e come tale soggetti alla disciplina privatistica, visto che i procedimenti i procedimenti disciplinari, ex art.55 ess. Del d.lgs. 165/01, non costituiscono procedimenti amministrativi. In ogni caso, è stato anche rilevato dalla giustizia amministrativa come per gli atti amministrativi la catalogazione in ordine cronologico, tramite apposizione di un numero progressivo, cosiddetto di protocollo, riportato in un registro costituisce elemento non irrilevante di buon andamento dell'Amministrazione per l'ordinata conservazione e l'agevole reperibilità nel tempo degli atti stessi; ma non può considerarsi requisito di validità del provvedimento, i cui elementi costitutivi - motivazione, dispositivo, data di emanazione - sono riportati nell'atto stesso ed attestati dalla firma dell'autorità competente (tra le tante Cons. Stato 6 agosto 2013, n. 4113).

La vicenda

Ad un dipendente di un comune è stato contestato in sede disciplinare di aver avuto gravi condotte violative di legge e dei contratti collettivi, per essersi allontanato dal posto di lavoro in orario di ufficio senza timbrare il cartellino marcatempo e di aver timbrato il cartellino di un proprio collega assente dal servizio, con ciò procurandosi un ingiusto profitto con rilevante danno per l’ente nonché il disservizio causato dalle continue e ripetute assenze dall’ufficio. A fronte del successivo licenziamento, la Corte di Appello, lo ha giudicato proporzionale, evidenziando sia le condotte gravissime del dipendente in aperta violazione dell’obbligo del lavoratore di segnalare la propria presenza in ufficio mediante l’utilizzazione del badge, sia per il suo comportamento fraudolento volto ad attestare falsamente la sua presenza in ufficio o quella del collega assente.

In dipendente si è, quindi, rivolto in Cassazione evidenziando tra l’altro due importanti, a suo dire, principi non rispettati del procedimento disciplinare che avrebbe dovuto condurre alla nullità dello stesso, non adeguatamente valutati dalla corte di appello. Il primo riguarda il difetto di collegialità di contestazione degli addebiti adottato dal solo Presidente dell’Ufficio dei procedimenti disciplinari. Il secondo principio riguarda la mancata apposizione della data nei verbali collegiali che, pur non essendo atti pubblici, non erano stati protocollati, in questo caso, a suo dire, non sarebbe possibile fare riferimento agli stessi per attestare la datazione antecedente del vizio denunciato, vizio che comporterebbe la nullità del licenziamento, visto che la contestazione degli addebiti risulterebbe essere stata adottata non collegialmente dall'UPD ma esclusivamente dal Presidente dell'Ufficio.

Le precisazioni della Cassazione

Oltre ad evidenziare la inammissibilità di altre censure sollevate, i giudici di legittimità dichiarano infondati la presunta violazione dei due principi denunciati dal dipendente. In merito al principio del collegio perfetto, è stato rilevato dal giudice amministrativo come lo stesso sia caratterizzato dalla necessaria operatività con il plenum dei suoi componenti nelle fasi in cui è chiamato a compiere valutazioni tecnico-discrezionali o ad esercitare prerogative decisorie, rispetto alle quali si configura l'esigenza che tutti i componenti dell'organo offrano il loro contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale, esigenza che, invece, non ricorre rispetto agli atti istruttori (Consiglio di Stato: n. 5187/2015 e n. 40/2015).          

Alle medesime conclusioni si giunge nel caso dell’UPD in composizione collegiale in ordine al quale si è sottolineato che devono essere collegialmente compiute "solo le attività valutative e deliberative vere e proprie (rispetto alle quali sussiste l'esigenza che tutti i suoi componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale) e non anche quelle preparatorie, istruttorie strumentali, verificabili a posteriori dall'intero consesso" (tra le tante Cass. 26 aprile 2016, n. 8245). In questo caso la contestazione, con la quale si dà avvio al procedimento disciplinare, non ha natura decisoria né è espressione di un potere discrezionale, perché nell'ambito dell'impiego pubblico contrattualizzato, a differenza di quanto accade nell'impiego privato, l'iniziativa disciplinare è doverosa, tanto che la sua omissione è fonte di responsabilità per il soggetto tenuto ad attivare il procedimento. In ogni caso, i giudici di Piazza Cavour hanno precisato che ai fini della legittimità della sanzione rileva che sia stato garantito il principio di terzietà, sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell'ufficio dei procedi enti, il che postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente.

Anche per la mancata protocollazione dei verbali dell'UPD il ricorrente non ha colto nel segno. Infatti, secondo la Cassazione, per tali procedimenti l'utilizzazione della protocollazione degli atti può essere utile, ma si tratta di una mera scelta di modalità organizzative della P.A., la cui mancata adozione non può avere alcuna incidenza sulla validità del procedimento disciplinare e sulla sussistenza della causa dell'atto di recesso datoriale, la cui legittimità è compito del giudice del merito valutare, come accaduto nel caso concreto. Anzi, non può non essere rilevato come anche nel procedimento amministrativo, catalogazione in ordine cronologico, tramite I’apposizione di un numero progressivo, cosiddetto di protocollo, riportato in un registro costituisce elemento non irrilevante di buon andamento dell'Amministrazione per l'ordinata conservazione e l'agevole reperibilità nel tempo degli atti stessi; ma non può considerarsi requisito di validità del provvedimento, i cui elementi costitutivi - motivazione, dispositivo, data di emanazione - sono riportati nell'atto stesso ed attestati dalla firma dell'autorità competente (tra le tante Cons. Stato 6 agosto 2013, n.4113).

In conclusione il ricorso del dipendente deve essere rigettato con condanna dello stesso alle spese di giustizia a causa della sua soccombenza.

26 luglio 2020

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