Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
L’aumento delle PO finanziate con riduzione delle assunzioni è ancora valido
Servizi Comunali Spesa personaleApprofondimento di Vincenzo Giannotti
L’aumento delle PO finanziate con riduzione delle assunzioni è ancora valido.
Vincenzo Giannotti
Le nuove regole sulle assunzioni disciplinate dal decreto crescita e dal DPCM 17 marzo 2020, non hanno inciso sulle disposizioni recate dall’art.11-bis, comma 2, del d.l. n.135/2018 secondo cui “il limite previsto dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non si applica al trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa di cui agli articoli 13 e seguenti del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del comparto funzioni locali - Triennio 2016-2018, limitatamente al differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del predetto CCNL e l'eventuale maggiore valore delle medesime retribuzioni successivamente stabilito dagli enti ai sensi dell'articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, attribuito a valere sui risparmi conseguenti all'utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario.” A confermare che nulla è cambiato sono intervenute dapprima, la Corte dei conti della Campania (deliberazione n.97/2020) e, successivamente, la Sezione del Veneto (deliberazione n.104/2020).
Le indicazioni del Collegio contabile della Campania
Per il Collegio contabile partenopeo il decreto crescita non ha in alcun modo inciso sulla disposizione legislativa introdotta dal d.l. n.135/2018. D’altra parte, con l’art. 33, comma 2, del d.l. n. 34/2019 il legislatore ha inteso esclusivamente consentire ai Comuni di incrementare il numero dei dipendenti in servizio. Se ciò non fosse vero, allora gli Enti locali di piccole dimensioni e privi di dirigenza si troverebbero nell’impossibilita di procedere comunque a nuove assunzioni, vanificando l’intento sottostante la disposizione introdotta nel decreto crescita.
In conclusione, per i giudici contabili, il quadro normativo di cui all’art. 11 bis ante d.l. n. 34/2019 è da ritenersi rimasto invariato, con la conseguenza che è rimasta anche la loro piena discrezionalità nella gestione dei propri spazi assunzionali, potendo procedere agli aumenti del trattamento accessorio, ex art. 11-bis, comma 2, d.l. 135/2018 riducendo in modo contestuale il valore finanziario delle assunzioni.
Le indicazioni del Collegio contabile del Veneto
I giudici contabili del Veneto hanno evidenziato, in via preliminare, come le disposizioni del decreto crescita hanno innovato la disciplina concernente le facoltà assunzionali di regioni ed enti locali, determinando il superamento delle regole basate sul principio del turn-over e introducendo conseguentemente un sistema maggiormente flessibile, fermo restando il rispetto della sostenibilità finanziaria della spesa di personale. Il suo decreto attuativo (DPCM 17 marzo 2020) ha stabilito la decorrenza a partire dalla data del 20 aprile 2020 in merito al nuovo calcolo della capacità assunzionale dei comuni, provvedendo in merito a tre distinti ambiti quali: 1) la specificazione degli elementi che contribuiscono alla determinazione del rapporto spesa di personale/entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione; 2) l’individuazione delle fasce demografiche e dei relativi valori-soglia; 3) la determinazione delle percentuali massime di incremento annuale. Le nuove regole, prevedono ora che nei comuni, in cui il numero dei dipendenti è aumentato rispetto all’anno 2018, ne consegue il corrispondente incremento delle risorse per il salario accessorio, comprese le risorse eventualmente destinate alle posizioni organizzative. Al contrario, in caso di cessazioni superiori alle assunzioni di personale a tempo indeterminato realizzatesi in vigenza del citato art. 33 del D.L. n. 34/2019, non ne è prevista la diminuzione, come ribadito anche dalla successiva circolare del Ministro per la pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dell’interno dell’ 08 giugno 2020 (anche se non ancora pubblicata formalmente da nessuno dei tre Ministeri).
Il decreto individua i valori soglia di massima spesa del personale, definiti in percentuale differenziata per fascia demografica, calcolata tramite il rapporto della spesa del personale rispetto alle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, al netto delle entrate a destinazione vincolata e del fondo crediti di dubbia esigibilità relativo all’ultima annualità considerata e all’art. 2 provvede, altresì, a definire i concetti di “spesa del personale” e di “entrate correnti”. Stabilisce, quindi che, in fase di prima applicazione e fino al 31 dicembre 2024, i comuni di cui all'art. 4, comma 2 (c.d. virtuosi), possano incrementare annualmente, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, la spesa del personale registrata nel 2018, secondo la definizione dell'art. 2, in misura non superiore al valore percentuale indicato dalla tabella 2, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, fermo restando il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione e del valore soglia di cui all'art. 4, comma 1. Inoltre, per il periodo 2020-2024, i comuni possono utilizzare le facoltà assunzionali residue dei cinque anni antecedenti al 2020 in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla tabella 2 del comma 1, fermi restando: il limite - di cui alla tabella 1 dell'art. 4, comma 1 - di ciascuna fascia demografica, i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione. Infine, di notevole rilievo ai fini della contabilità pubblica, l’art. 6, al comma 1, del citato D.P.C.M., il quale precisa che la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5, non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall'art. 1, comma 557-quater, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (ossia la spesa media del personale sostenuta nel triennio fisso 2011-2013).
Precisato quanto sopra sulla nuova normativa, il Collegio contabile del Veneto risponde alla richiesta del comune circa la perdurante vigenza delle disposizioni recate dall’art.11-bis comma 2, del D.L. n. 135/2018 che permette, ai comuni privi di dirigenza, una deroga alla disposizione di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 (non superamento del salario accessorio stanziato nell’anno 2016), stabilendo che il principio dell’invarianza della spesa non si applica alle indennità dei soggetti titolari di posizioni organizzative di cui agli artt. 13 e ss. del CCNL relativo al comparto “Funzioni Locali”, limitatamente alla differenza tra gli importi già attribuiti alla data di entrata in vigore del contratto (21 maggio 2018) e l’eventuale maggior valore attribuito successivamente alle posizioni già esistenti, ai sensi dell’art. 15 del CCNL in parola. In altri termini, il differenziale da escludere dal computo di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 è soltanto il valore della maggiorazione delle indennità attribuite alle posizioni organizzative già in servizio al momento dell’entrata in vigore del contratto collettivo nazionale e che tale maggiorazione deve, in ogni caso, essere contenuta nei limiti di spesa per il personale, prevista dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della Legge n. 296/2006. Questa, tuttavia, hanno precisato i giudici contabili, non è l’unica condizione per poter procedere all’incremento della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative. Infatti, per il Collegio contabile la condizione dell’aumento resta vincolata ad altre condizioni e precisamente:
a) alla riduzione della capacità assunzionale dell'ente in misura corrispondente al valore finanziario dell'incremento del trattamento accessorio attribuito ai titolari di posizione organizzativa;
b) la spesa complessiva del personale deve in ogni caso essere inferiore alla spesa media sostenuta nel triennio 2011-2013 (comma 557-quater dell'articolo 1 della legge 296/2006) ovvero, per gli enti con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, alla spesa sostenuta nell'anno 2008 (comma 562 della legge finanziaria 2007);
c) tenuta degli equilibri di parte corrente.
Precisato il quadro giuridico di riferimento, il Collegio contabile ritiene che, alla luce delle nuove disposizioni introdotte dal c.d. “Decreto crescita”, l’art. 11-bis, comma 2, d.l. 135/2018 appare tutt’ora vigente, non essendo stato abrogato espressamente dal legislatore e non risultando incompatibile con il nuovo assetto normativo.
In conclusione, le norme introdotte dal c.d. “Decreto crescita” - D.L. n. 34/2019, in particolare con l’art. 33, le successive disposizioni attuative contenute nel D.M. di attuazione del 17 marzo 2020 e quelle contenute nella circolare interministeriale dell’ 08 giugno 2020 - non determinano l’impossibilità, per i comuni privi di posizioni dirigenziali, di rinunciare a parte degli spazi assunzionali ai fini dell’incremento del trattamento accessorio delle posizioni organizzative, ove ne ricorrano tutte le condizioni previste dall’art. 11-bis, comma 2, del D.L. c.d. “Semplificazioni” del 2018. Pertanto, qualora l’ente abbia proceduto alla graduazione di ciascuna posizione organizzativa al momento dell’entrata in vigore del CCNL del 21 maggio 2018, potrà rinunciare a parte delle proprie capacità assunzionali per destinarle ad incremento delle posizioni organizzative a suo tempo graduate.
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