Approfondimento di Vincenzo Giannotti

L’accesso abusivo ad un sistema informatico conduce anche al danno erariale

Servizi Comunali Responsabilità amministrativa
di Giannotti Vincenzo
25 Agosto 2020

Approfondimento di Vincenzo Giannotti                                                                    

L’accesso abusivo ad un sistema informatico conduce anche al danno erariale.

Vincenzo Giannotti

L’accesso al sistema telematico da parte del dipendente pubblico a ciò non autorizzato, ha come conseguenza, oltre alla rilevanza penale e disciplinare della condotta, la produzione del danno erariale in caso di mancati pagamenti dei diritti dovuti dall’utenza. Sono queste le conclusioni della Corte dei conti delle Marche (sentenza n.105/2020) che ha condannato un dipendente pubblico per il danno erariale prodotto per mancata entrata dei diritti non riscossi dall’Ente.

La vicenda

Un dipendente dell’Agenzia delle Entrate, abilitato precedentemente agli atti di successione, è stato successivamente addetto agli atti giudiziari, pur non avendo l’ente disabilitato le funzioni al sistema di cui era precedentemente abilitato. Da una verifica compiuta dalla Guardia di Finanza, chiamata ad accertare la regolarità amministrativa di atti ed attività d’ufficio posti in essere dai dipendenti in servizio presso la predetta struttura, è emerso che il dipendente aveva operato un numero consistente di dichiarazioni di successione, pur occupandosi di tassazioni di atti giudiziari. Da una analisi di dettaglio, è emerso che il dipendente aveva effettuato quasi 10.000 interrogazioni di codici fiscali dei contribuenti, con conseguente segnalazione dei fatti alla Procura della Repubblica per l’ipotesi di reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Inoltre, il dipendente aveva effettuato 579 interrogazioni nel sistema delle quali 207 ispezioni ipotecarie e 372 operazioni catastali eseguiti nei giorni immediatamente antecedenti alla stipula degli atti rogitati dal notaio sua figlia, con perdita di entrata dei diritti che, invece, avrebbero dovuto essere versati all’Amministrazione finanziaria. L’Amministrazione, oltre alla segnalazione alla Procura della repubblica, procedeva con l’irrogazione del provvedimento disciplinare del licenziamento senza preavviso. La Procura della Corte dei conti, anch’essa investita del fatto, ha rinviato a giudizio per responsabilità erariale il dipendente pubblico quantificando, il danno erariale subito dall’Amministrazione, pari ai mancati diritti che avrebbero dovuto essere versati.  

La difesa del convenuto

Il convenuto ha sostenuto, a propria difesa, come le interrogazioni effettuate fossero funzionali ai compiti istituzionali a lui assegnati, i quali, per un verso, erano riferiti alla lavorazione degli atti giudiziari (attività c.d. back-office), per altro, all’assistenza all’utenza presso gli sportelli polifunzionali della Direzione provinciale (attività c.d. front-office). Pertanto, nelle attività di assistenza in front-office, gli accessi alla banca dati catastale o ipotecaria avvenivano nell’ottica di fornire un servizio agli utenti presso lo sportello polifunzionale e su richiesta dei medesimi. Inoltre, è stato stigmatizzato dal convenuto come, l’abilitazione al sistema, era stata disposta dai propri superiori e che lo stesso era l’unico funzionario abilitato all’utilizzo di detta banca dati.

La decisione del Collegio contabile

I giudici contabili smontano la tesi del convenuto precisando che, dalla documentazione in atti, emerge altra realtà non conforme alle indicazioni di difesa del convenuto. In particolare, dagli ordini di servizio affiora in modo chiaro come, le interrogazioni della banca dati catastale o ipotecaria, non fosse un servizio fornito dallo sportello funzionale. In altri termini, negli ordini di servizio non viene operato nessun riferimento a servizi catastali od ipotecari, né tantomeno alla possibilità di effettuare accessi o consultazioni alle banche dati catastali o ipotecarie. Inoltre, anche il fatto che egli fosse stato abilitato dai propri superiori all’utilizzo del sistema e che all’interno della Direzione fosse l’unico dipendente in possesso dell’abilitazione a tale servizio non corrisponde a verità. In via principale è stato evidenziato in atti come fossero presenti in organico ben nove dipendenti abilitati all’utilizzo del sistema, facendo ciò venire meno il tentativo di giustificare l’utilizzo della banca dati sulla base di un’asserita esclusività funzionale intestata in capo al convenuto di tale abilitazione. Inoltre, il fatto che i propri superiori avessero autorizzato l’abilitazione, non può rappresentare un espediente per dimostrare un implicito nulla osta all’accesso alle banche dati catastali o ipotecarie, indipendentemente dall’attività di ufficio concretamente svolta. Infatti, come rilevato dal Procuratore, non il semplice fatto di essere dotato di uno strumento tecnico significa che esso può essere usato per ogni finalità. Peraltro, le abilitazioni informatiche dei dipendenti non vengono riviste immediatamente ad ogni cambiamento di mansione, ma soggette a periodiche ricognizioni. E’, pertanto, da considerarsi fisiologica la possibilità che un dipendente disponga di abilitazioni informatiche che in concreto non usa. È altresì fisiologico che il dipendente disponga di abilitazioni che utilizza in concreto molto raramente, nel caso in cui l’utilizzo sia legato a mansioni, adempimenti o attività non legate a flussi ordinari di domanda, ma episodiche.

Conclusioni

In considerazione dell’illegittimità degli accessi alla banca dati catastale o ipotecaria da parte del convenuto, in quanto effettuati in violazione di precise disposizioni di legge e di provvedimenti di organizzazione interna dell’Agenzia delle Entrate, il convenuto è stato condannato alla liquidazione del danno erariale equivalente ai mancati introiti dei diritti non esatti dall’Amministrazione.     

23 agosto 2020  

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