Decreto di cittadinanza

Risposta al quesito del Dott. Roberto Gimigliano

Quesiti
di Gimigliano Roberto
18 Luglio 2020

Ci è arrivato dalla Prefettura un decreto di cittadinanza italiana emesso in base all'art.5 della Legge 5 febbraio 1992 (per matrimonio). Si deve procedere con la notifica del decreto e dunque con il giuramento anche se i coniugi sono separati di fatto e non conviventi nella stessa abitazione?

Risposta

Il Suo quesito merita un’attenta risposta in quanto il dubbio è assolutamente legittimo e di non facile soluzione. Anche in questo caso la giurisprudenza può aiutare ma non risolvere!!! Proviamo a sciogliere il nodo.

Art. 5.

  1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.

L’attuale normativa prevede che fino al momento dell’adozione del decreto di cittadinanza non deve esserci stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché la separazione personale fra i coniugi.

Ciò vuol dire che se la separazione personale avviene dopo il deposito dell’istanza, quindi, durante la trattazione della pratica, la richiesta viene dichiarata inammissibile. Solo se la separazione avviene dopo la prestazione del giuramento in seguito al decreto di concessione, lo straniero diventato italiano e non perde la cittadinanza acquisita.

La norma richiede che al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Deve perciò ritenersi priva di rilievo giuridico la mera separazione di fatto prima dell’omologazione da parte del Tribunale (concorde sul punto da ultimo Corte di cassazione, I sez., 17 gennaio 2017, n. 969 secondo cui "al momento dell’adozione del decreto di cittadinanza non devono essere intervenute condizioni ostative quali la separazione personale, ma da tale fattispecie differisce la separazione di fatto, che, pertanto, non impedisce il riconoscimento della cittadinanza"). Tuttavia, l’ambiguità dell’espressione "separazione personale" e il generale obbligo giuridico di coabitazione tra i coniugi hanno favorito il formarsi di una prassi amministrativa in base alla quale sono normalmente disposte indagini per accertare l’effettiva coabitazione dei coniugi.

Tale assunto sta a significare che, nella realtà, la Prefettura non si preoccupa di verificare l’effettiva coabitazione, il più delle volte per mancanza di tempo, personale etc., basandosi esclusivamente sulle eventuali annotazioni di separazione risultanti sull’atto di matrimonio. In passato gli accertamenti venivano fatti con scrupolo ed attenzione.
Personalmente procederei con un accertamento a conferma della situazione abitativa (verifica che i coniugi siano effettivamente separati e non convivono nella stessa abitazione), se l’accertamento confermasse tale ipotesi ritengo non vi siano le condizioni per la concessione della cittadinanza ma, come Le ripeto, la prassi è ormai quella di accettare una situazione non attentamente verificata.
Ovviamente, per quel che riguarda le comunicazioni riguardanti il procedimento, le stesse seguiranno l’iter previsto dalla legge 241/90.

Ho preferito essere chiaro anche se mi rendo conto che poi la decisione resta a Lei.

17 Luglio 2020              Roberto Gimigliano

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