Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo tornano in vigore le norme anteriori al D.L. “Salvini”
Servizi Comunali Anagrafe popolazione residente (ANPR)Approfondimento di Amedeo Di Filippo
Per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo tornano in vigore le norme anteriori al D.L. “Salvini”
Amedeo Di Filippo
Dopo che la Corte costituzionale ha inferto, con la sentenza n. 186 dello scorso luglio, un ulteriore e duro colpo al D.L. “Salvini”, il Ministero dell’Interno dirama una circolare ai Prefetti in cui, ricordando gli effetti demolitori della pronuncia, evidenzia che ai fini dell’iscrizione anagrafica dello straniero richiedente asilo trovano applicazione le disposizioni previgenti all’entrata in vigore del D.L. n. 113/2018.
Le norme
Siamo nell’alveo del D.Lgs. n. 142/2015, di attuazione della direttiva 2013/33/UE, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, e della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.
L’art. 4 tratta della documentazione del richiedente, ossia il permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale. Il permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento.
L'art. 13, comma 1, lett. a), n. 2), del D.L. n. 113/2018, il D.L. “sicurezza” voluto dall’allora Ministro dell’Interno Salvini, ha introdotto il comma 1-bis, a mente del quale il permesso di soggiorno “non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica”.
La sentenza
Sulla novella hanno mosso questioni di legittimità costituzionale alcuni Tribunali, accolte dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 186 del 9 luglio scorso. La prima ragione è l’irrazionalità intrinseca della disposizione in ragione della sua incoerenza rispetto alle finalità perseguite dal D.L. n. 113/2018, la cui ratio risiede nella volontà di liberare i Comuni, sul cui territorio sono situati i centri di accoglienza degli stranieri richiedenti asilo, dall’onere di far fronte agli adempimenti in materia di iscrizione anagrafica degli stessi, posto che la precarietà della loro permanenza sul territorio è ritenuta idonea a giustificare l’esclusione dell’iscrizione anagrafica.
In questo modo, però, a dispetto del dichiarato obiettivo di aumentare il livello di sicurezza pubblica, impedendo l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo la norma finisce con il limitare le capacità di controllo e monitoraggio dell’autorità pubblica sulla popolazione effettivamente residente sul proprio territorio, escludendo da essa una categoria di persone, gli stranieri richiedenti asilo, regolarmente soggiornanti nel territorio italiano. E ciò senza che questa esclusione possa ragionevolmente giustificarsi alla luce degli obblighi di registrazione della popolazione residente.
È chiaro che questo comporta un onere ulteriore per i Comuni interessati, ma secondo i giudici costituzionali non può giustificare la “sottrazione” di una categoria di soggetti alla iscrizione anagrafica, che registra la situazione effettiva dei residenti nel territorio comunale e come tale costituisce il presupposto necessario per l’adeguato esercizio di tutte le funzioni affidate alla pubblica amministrazione (sicurezza, ordine pubblico, sanità, regolazione e controllo degli insediamenti abitativi, ecc.).
“Escludendo dalla registrazione anagrafica persone che invece risiedono sul territorio comunale – si legge nella sentenza – la norma censurata accresce, anziché ridurre, i problemi connessi al monitoraggio degli stranieri che soggiornano regolarmente nel territorio statale anche per lungo tempo, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo, finendo per questo verso col rendere problematica, anziché semplificare, la loro stessa individuazione a tutti i fini, compresi quelli che attengono alle vicende connesse alla procedura di asilo”.
La seconda ragione risiede nella irragionevole disparità di trattamento tra stranieri richiedenti asilo e altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio statale, oltre che con i cittadini italiani, in diretta violazione dell’art. 3 Cost.: negando l’iscrizione anagrafica a coloro che hanno la dimora abituale nel territorio italiano viene infatti riservato un trattamento differenziato e indubbiamente peggiorativo a una particolare categoria di stranieri in assenza di una ragionevole giustificazione, in contrasto con quanto impone l’art. 6, comma 7, del D.Lgs. n. 286/1998.
La circolare
Con la circolare n. 10/2020 (file allegato) il Ministero dell’Interno scrive ai Prefetti in ordine agli effetti determinati dalla sentenza n. 185/2020 sulle iscrizioni anagrafiche da parte dei richiedenti protezione internazionale. Dopo aver ricordato che la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 142/2015 e in via consequenziale delle restanti disposizioni dell’art. 13 del D.L. n. 113/2018, il Viminale evidenzia che, ai sensi dell’art. 136 Cost., la norma di legge interessata cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
In questo caso, la sentenza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 32 del 5 agosto 2020, talché a decorrere dal giorno successivo, 6 agosto, “ai fini dell’iscrizione anagrafica dello straniero richiedente asilo, trovano applicazione le disposizioni vigenti anteriori all’entrata in vigore dell’art. 13 del decreto-legge n.113 del 2018”.
Gli effetti
Saltano dunque le due modifiche che quest’ultimo ha introdotto all’art. 4 del D.Lgs. n. 142/2015: 1) il permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. c), del DPR n. 445/2000; 2) il permesso di soggiorno non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica.
Così come saltano le due modifiche introdotte all'art. 5: 1) il comma 3 torna a disporre che per il richiedente accolto nei centri o strutture a cui sia stato rilasciato il permesso di soggiorno, il centro o la struttura rappresenta luogo di dimora abituale ai fini della iscrizione anagrafica; 2) al comma 4, il Prefetto può stabilire un luogo di domicilio – e non più di residenza come col D.L. Salvini – o un'area geografica ove il richiedente può circolare.
Salta infine l’abrogazione dell'art. 5-bis, in base al quale il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri è iscritto nell'anagrafe della popolazione residente ove non iscritto individualmente. È fatto obbligo al responsabile della convivenza di dare comunicazione della variazione della convivenza al competente ufficio di anagrafe entro venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti. La comunicazione da parte del responsabile della convivenza anagrafica della revoca delle misure di accoglienza o dell'allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale costituisce motivo di cancellazione anagrafica con effetto immediato, fermo restando il diritto di essere nuovamente iscritto.
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