Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Sentenza Corte Cassazione n. 14811/2020 - La data certa del documento informatico sulla nomina dell’UPD
Servizi ComunaliApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Sentenza Corte cassazione n. 14811/2020
La data certa del documento informatico sulla nomina dell’UPD
Vincenzo Giannotti
Altra questione affrontata dalla Cassazione, nella sentenza n.14811/2020, sul licenziamento di un dipendente comunale, è quella della mancanza della prova della data certa della convenzione stipulata tra Comune e Unione dei Comuni, avente ad oggetto la delega della funzione disciplinare comunale all'Ufficio associato interprovinciale per la prevenzione e la risoluzione delle patologie del personale dipendente. E’ stato sostenuto dal ricorrente, infatti, che l’accordo è stato posto per iscritto con firma del Sindaco e del Presidente dell’Unione con indicazione della data ma in assenza della “marca digitale”, la sola che attribuisce, ai documenti informatici, una data ed un orario opponibile ai terzi. Nel caso di specie, pertanto, a dire del dipendente licenziato, la mancanza della “marca digitale” avrebbe reso nullo il provvedimento emanato dal responsabile delle funzioni associate dell’UPD.
La validità del documento informatico
Secondo i giudici di legittimità è consolidato il principio secondo cui gli atti ed i certificati della P.A. sono assistiti da una presunzione di legittimità, che può essere inficiata solo da contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l'atto sarebbe affetto e offrano contestualmente di provarne il fondamento (tra le tante Cass. 21 maggio 2019, n. 13587; Cass. 27 gennaio 2020, n.1739). Infatti, nel caso di specie, il ricorrente non ha allegato né ha dimostrato che le firme digitali, poste in calce all'accordo convenzionale, non fossero conformi all'originale o che la data ivi indicata non corrispondesse al vero, ma lamenta solo la mancanza della "marca digitale", che non è un elemento essenziale dell'atto di cui si tratta, così come degli atti delle Pubbliche Amministrazioni in genere. Vero è che, per garantire e mantenere nel tempo l'efficacia probatoria del documento informatico sottoscritto digitalmente, è necessario avvalersi di un riferimento temporale opponibile ai terzi, tramite il quale è possibile associare ad un documento informatico una sorta di "etichetta elettronica, contenente data e ora certa", allo scopo di dimostrare che il documento aveva quella specifica forma in quel preciso momento temporale. Tra le diverse tipologie di riferimenti temporali opponibili a terzi quello più conosciuto e senza dubbio la cosiddetta “marca temporale”. Tuttavia, il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82) ha avuto modo di precisare all’art.40, rubricato "Formazione di documenti informatici", come "Le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all'articolo 71”. Quindi, per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni, la segnatura di protocollo e la posta elettronica certificata rappresentano due tipologie di validazione temporale largamente presenti e utilizzate nella gestione e trasmissione dei documenti informatici. Pertanto, qualora un documento informatico "transiti" per uno di questi due strumenti, acquisirà "automaticamente" una validazione temporale, assumendo con ciò tutti i benefici che ne derivano. L'unica accortezza che l'utente dovrà adottare, ha precisato la Cassazione, sarà quella di verificare che la firma apposta al documento informatico sia valida al momento dell'invio/ricezione della PEC o al momento della segnatura di protocollo. Diversamente, la validazione temporale risulterebbe intempestiva e quindi, non determinante per il prolungamento dell'efficacia giuridica della firma e del documento. Ne deriva che, per i documenti informatici delle Pubbliche Amministrazioni, salva restando la responsabilità dei soggetti che formano il documento informatico, sono previsti sistemi diversi rispetto alla "marca temporale" al fine di individuare con certezza il momenti di formazione del documento.
La conseguenza è che la prospettata violazione di legge, derivante dall'assenza della "marca temporale” nel documento informatico, è inammissibile, in quanto le norme sulla marca temporale non sono obbligatoriamente applicabili ai documenti informatici delle PA e quindi il vizio di violazione di legge denunciato risulta privo del fondamentale carattere di decisività secondo cui, l'accoglimento della censura comporta l'emanazione di una decisione diversa, favorevole al ricorrente. L'invocazione di una norma inapplicabile alla fattispecie concreta esclude la possibilità anche di un interesse da parte del ricorrente a proporla.
Conclusioni
I giudici di piazza Cavour, pertanto, sulla base delle sopra estese motivazioni hanno giudicato il motivo di doglianza del dipendente licenziato inammissibile.
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