Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

NO al cumulo dei ruoli di Responsabile anticorruzione e di Responsabile delle relazioni sindacali

Servizi Comunali Anticorruzione Trasparenza
di Palumbo Pietro Alessio
26 Settembre 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                                 

NO al cumulo dei ruoli di Responsabile anticorruzione e di Responsabile delle relazioni sindacali

Pietro Alessio Palumbo

 

Sebbene non vi sia una espressa causa di incompatibilità tra l’incarico di Responsabile anticorruzione e quello di Responsabile delle relazioni sindacali, ragioni di opportunità e convenienza inducono a raccomandare di non cumulare tale ultimo incarico con quello di RPCT.

Segnatamente il contemporaneo svolgimento delle funzioni ampie e complesse attribuite dalla legge al Responsabile anticorruzione, di presidio sul sistema anticorruzione, e delle funzioni di gestione delle relazioni sindacali, è da valutarsi come sconveniente, in quanto si potrebbero verificare interferenze tali da ingenerare situazioni di potenziale conflitto di interesse tra le due posizioni, con conseguente pregiudizio del corretto svolgimento delle rispettive competenze.

L’autonomia dell’Ente

Ciò premesso con la recente Delibera 740/2020 l’Autorità anticorruzione ha evidenziato che spetta all’autonoma determinazione dell’organo di indirizzo la nomina del RPCT e il compito di assicurare che quest’ultimo possa effettivamente esercitare il proprio ruolo con indipendenza ed effettività.

La scelta deve in ogni caso essere adeguatamente motivata nel provvedimento di nomina e compiuta considerando anche gli eventuali conflitti di interessi che possono concentrarsi in capo al soggetto incaricato di svolgere altre funzioni, oltre quella di Responsabile anticorruzione.

Il silenzio del legislatore

Il provvedimento che fa luce su una questione spesso dibattuta trae spunto dalla nota prodotta da una società in controllo pubblico.

La società ha chiesto all’ANAC della sussistenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità tra i due incarichi menzionati, soprattutto in previsione dell’esercizio del potere legato alle azioni esecutive per le relazioni sindacali, nonché alla sovrapposizione degli interessi nell’ambito dell’autonomia decisionale del RPCT e della discrezionalità negoziale caratterizzante la figura del Responsabile delle relazioni sindacali.

Il ruolo ultimo citato comporta - si badi - lo svolgimento di una pluralità di attività, tra cui la cura degli aspetti attinenti al lavoro, la sua organizzazione, la sua retribuzione e la formazione; al confronto con le associazioni sindacali dei lavoratori o con le associazioni datoriali a livello locale o nazionale, a proposito di retribuzioni, ferie, formazione, orari; al presidio alle negoziazioni e alla stipula di accordi e contratti; all’intervento nelle controversie di lavoro e disciplinari, in coordinamento con le altre figure operanti nell’ambito della gestione delle risorse umane; all’applicazione del diritto del lavoro.

Ebbene quanto alla sussistenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità tra l’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e quello di Responsabile delle relazioni sindacali va evidenziato che nell’ordinamento non vi è alcuna norma al riguardo, né l’Autorità anticorruzione ha mai avuto modo di pronunciarsi sul punto.

Pertanto, la questione può essere valutata in termini di opportunità o meno dello svolgimento contemporaneo di tali funzioni, tenuto conto dei numerosi compiti già affidati dalla legge al RPCT.

La scelta del Responsabile anticorruzione

Per quanto riguarda i criteri di scelta del Responsabile anticorruzione, la legge anticorruzione ha disposto che l'organo di indirizzo individui, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio, il Responsabile della Prevenzione della corruzione e della trasparenza, disponendo le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettività.

Negli enti locali, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è individuato, di norma, nel segretario o nel dirigente apicale, salva diversa e motivata determinazione.

L’Autorità ha a più riprese evidenziato l’esigenza che il RPCT abbia adeguata conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dell’amministrazione, che sia dotato della necessaria autonomia valutativa, che non sia in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi, e scelto, di norma, tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva.

In questa ottica va evitato, per quanto possibile, che il RPCT sia scelto tra i dirigenti assegnati ad uffici che svolgono attività nei settori più esposti al rischio corruttivo, come l’ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio.

In ogni caso la scelta è rimessa all’autonoma determinazione degli organi di indirizzo di ogni ente o amministrazione.

L’Autorità si è anche occupata di valutare casi specifici al fine di verificare l’opportunità di conferire o meno il ruolo di RPCT a soggetti che ricoprono determinate posizioni, quali gli avvocati iscritti all’albo speciale delle amministrazioni e degli enti pubblici; il comandante di polizia; il dirigente che si occupa dell’ufficio procedimenti disciplinari; il componente o presidente dell’Organismo indipendente di valutazione, dell’Organismo di vigilanza o del Nucleo di valutazione.

Inoltre ove il RPCT sia anche titolare o componente di altri organi con funzioni di controllo, l’Autorità ha precisato che occorre valutare attentamente le conseguenze e gli oneri che il cumulo di funzioni in capo al RPCT può comportare.

Il caso delle società pubbliche

Con speciale riferimento alla nomina del RPCT nelle società in controllo pubblico, l’ANAC ha precisato che la nomina del Responsabile anticorruzione spetta all’organo di indirizzo della società, consiglio di amministrazione o altro organo con funzioni equivalenti.

Le funzioni di RPCT è opportuno siano affidate a uno dei dirigenti in servizio presso la società, attribuendogli, con lo stesso atto di conferimento dell’incarico, eventualmente con le necessarie modifiche statutarie e regolamentari, funzioni e poteri idonei e congrui per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività.

Nell’effettuare la scelta, la società è tenuta a vagliare l’eventuale esistenza di situazioni di conflitto di interesse ed evitare, per quanto possibile, la designazione di dirigenti responsabili di quei settori individuati all’interno della società fra quelli con aree a maggior rischio corruttivo.

La scelta dovrà, comunque, ricadere su un dirigente che abbia dimostrato nel tempo un comportamento integerrimo.

Nelle sole ipotesi in cui la società sia priva di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale, che garantisca comunque le idonee competenze in materia di organizzazione e conoscenza della normativa sulla prevenzione della corruzione.

In tale ultimo caso, il consiglio di amministrazione o, in sua mancanza, l’amministratore sono tenuti ad esercitare una funzione di vigilanza stringente e periodica sulle attività del soggetto incaricato.

I principali compiti del Responsabile anticorruzione

In generale è bene ricordare che tra i principali compiti posti in capo al Responsabile anticorruzione, vi è quello attinente alla predisposizione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, alla verifica dell’attuazione delle misure di prevenzione ivi contenute e alla predisposizione della relazione annuale sull’attività svolta.

Il Responsabile anticorruzione è, inoltre, tenuto ad indicare agli uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza, all’eventuale scopo di avviare per questi tempestiva azione disciplinare.

Al RPCT spetta poi la verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione.

Il Responsabile delle relazioni sindacali

Per meglio comprendere la questione in argomento occorre, per altro verso, chiarire cosa si intenda per Responsabile delle relazioni sindacali.

Ebbene il Testo unico del pubblico impiego dedica un Titolo alla Contrattazione collettiva e alla rappresentatività sindacale.

In particolare, la disciplina sui Contratti collettivi nazionali e integrativi precisa che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni sindacali, e individua una serie di materie escluse dalla contrattazione.

Può, quindi, dirsi che la contrattazione ha un ruolo primario nel sistema delle relazioni sindacali.

All’interno dei contratti nazionali e integrativi, infatti, se ne delineano le distinte modalità e i diversi ambiti.

Segnatamente dall’esame delle disposizioni si evince che le relazioni sindacali consistono nell’insieme dei rapporti stabiliti in sede di contrattazione, intercorrenti tra l’amministrazione in qualità di datore di lavoro, le organizzazioni sindacali, i lavoratori.

Il sindacato, in tali rapporti, rappresenta le istanze e gli interessi dei dipendenti propri iscritti.

Il sistema delle relazioni sindacali è improntato a principi di responsabilità, correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti ed è orientato alla prevenzione dei conflitti, configurandosi quale strumento per costruire relazioni stabili tra amministrazioni pubbliche e soggetti sindacali, con il fine di una partecipazione consapevole e una reciproca considerazione dei rispettivi diritti ed obblighi.

In tale sistema, il ruolo di esperto o rappresentante delle relazioni sindacali riveste un’importanza fondamentale.

Tale soggetto si interessa, infatti, di tutte le problematiche attinenti al lavoro, come l’organizzazione, la retribuzione e la formazione del personale, e rappresenta l’amministrazione nel confronto con i sindacati dei lavoratori sulle varie tematiche connesse, quali retribuzione, ferie, diritti di informazione e consultazione, formazione, pari opportunità, orari, intervenendo anche per la risoluzione delle controversie di lavoro.

A seconda delle realtà in cui opera, il Responsabile delle relazioni sindacali può svolgere tutti o solo alcuni
dei compiti indicati, fornendo spesso supporto ai responsabili del personale su tutte le materie da regolare con accordi sindacali e per l’interpretazione e l’applicazione del diritto del lavoro.

Sebbene, Testo unico del pubblico impiego, non vi sia alcun riferimento esplicito alla figura del Responsabile delle relazioni sindacali, questa mansione può comunque ritenersi implicita nella dinamica del sistema.

Il conflitto di interessi

Riguardo al caso di specie, l’incarico in questione, che si vorrebbe attribuire al RPCT, può includere, quindi, un’ampia gamma di attività, quali la cura delle problematiche riguardanti il lavoro, la sua organizzazione, la sua retribuzione e la formazione; ma anche l’intervento sulle controversie di lavoro, la gestione dei rapporti con i sindacati, e la risoluzione di eventuali conflitti come rivendicazioni salariali, richieste di turni o straordinari, messa in mobilità del personale.

Dal che risulta evidente che i compiti di chi gestisce le relazioni sindacali sono molto vasti e comprendono vari e molteplici interessi, coprendo le più diverse vicende dell’agire della società e dei suoi dipendenti.

Tra questi interessi, alcuni profili possono riguardare cause in materia di diritto del lavoro, nonché controversie e questioni legate a violazioni delle stesse norme alla cui tutela presidia il RPCT.

Basti considerare l'eventualità, peraltro fisiologica, che il RPCT debba contribuire alla predisposizione dei criteri e delle iniziative per la rotazione che coinvolga una parte significativa del personale e che, in tale ipotesi, ci siano delle rimostranze veicolate attraverso le organizzazioni sindacali.

In un simile caso il dirigente o funzionario chiamato a ricoprire i ruoli dovrebbe paradossalmente assumere due ruoli: discutendo sul piano sindacale le doglianze o le richieste mosse dalle associazioni, e al contempo facendo valere le proprie valutazioni adottate nell'esercizio di quella speciale funzione di presidio della prevenzione della corruzione.

Il precipitato logico è, quindi, che il contestuale svolgimento delle funzioni di RPCT e di Responsabile delle relazioni sindacali sia da considerarsi come inopportuno, in quanto si potrebbero verificare interferenze tali da ingenerare situazioni di potenziale conflitto di interesse tra le due posizioni.

Viene, d’altra parte, in rilievo la considerazione per cui al RPCT è necessario garantire condizioni di autonomia e indipendenza, visto il compito di cura del funzionamento dell’intero meccanismo della prevenzione della corruzione che gli è stato affidato dal legislatore.

A tal fine, sono gli organi di indirizzo, preposti alla nomina del RPCT, a dover disporre le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettività, motivando le scelte effettuate, anche alla luce di possibili situazioni di conflitto di interessi.

17 settembre 2020

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