Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Al dirigente comunale che segnala (presunti) illeciti all’ANAC spetta copia degli atti

Servizi Comunali Whistleblowing
di Palumbo Pietro Alessio
30 Ottobre 2020

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                                  

Al dirigente comunale che segnala (presunti) illeciti all’ANAC spetta copia degli atti

Pietro Alessio Palumbo

 

Nel delineare l’ambito del diritto di accesso documentale la giurisprudenza ha reiteratamente affermato che il diritto all’ostensione dei documenti amministrativi costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico e si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi.

 

La titolarità del diritto d’Accesso

Ebbene ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l’esercizio del diritto di accesso deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione, nesso di strumentalità che deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante.

Segnatamente ai fini dell’accesso ai documenti amministrativi, la disciplina normativa richiede la titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.

Tutti i documenti amministrativi sono accessibili salvo eccezioni espressamente normate.

Inoltre sul piano “protettivo” deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi.

 

Il Whistleblowing

L’art. 1, comma 51, della Legge n. 190/2012 ha inserito l’art.54-bis nel testo del D.Lgs. 165/2001, introducendo una forma di tutela nei confronti del dipendente pubblico che segnala illeciti in corso nell’Amministrazione e prevedendo che, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia all’Autorità giudiziaria o alla Corte dei conti o segnala all’ANAC, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza, in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o anche indirettamente alla segnalazione.

Si evidenzia che con la novella di cui alla Legge n. 179/2017, è introdotto «…segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza» e depennato «...ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico».

 

L’obbligo di denuncia penale

Necessita chiarire che conformemente al disposto di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 62/2013, (“Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”), restano immutati gli obblighi di cui all’art. 331 c.p.p., secondo cui i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d’ufficio, devono farne immediata denuncia per iscritto al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.

 

Il rapporto tra segnalazione whistleblowing e denuncia penale

Non è una ridondanza ordinamentale, la segnalazione whistleblowing ha una funzione precauzionale, si segnala un (presunto) pericolo, mentre la denuncia penale ha una funzione repressiva.

La segnalazione whistleblowing serve ad avviare un percorso di emersione di dinamiche, malcostumi, condotte a rischio, individuali o collettive.

Tale logica interpretativa della norma vale dunque, sia per le segnalazioni whistleblowing al team specialistico interno a ciò deputato che per quelle indirizzate all’ANAC, che non è una pseudo-magistratura, ma una Authority amministrativa di controllo e guida.

 

Le segnalazioni all’ANAC

Come visto la norma prevede che anche l’ANAC stessa è competente a ricevere segnalazioni di illeciti, di cui il pubblico dipendente sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro.

Trattasi di un vettore nascosto dell’Autorità, con la funzione di assicurare la indispensabile tutela dell’anonimato del pubblico dipendente, assicurando nel contempo la riservatezza sull’identità del segnalante e sullo svolgimento dell’attività di controllo, con la finalità di contribuire adeguatamente all’accertamento delle circostanze di fatto e all’individuazione degli attori coinvolti nella condotta (ritenuta) illecita.

Questo ruolo dell’ANAC, ha il fine principale di monitorare la congruenza delle metodologie anticorruzione predisposte da ciascuna Amministrazione pubblica, con le istruzioni dei PNA e di evitare il possibile radicarsi di pratiche discriminatorie nell’ambito dei procedimenti disciplinari.

 

Il diritto d’accesso del whistleblower al provvedimento di archiviazione ANAC

Nel caso affrontato dal TAR del Lazio con la recente sentenza 10818/2020, un ex dirigente comunale aveva impugnato un provvedimento disposto dall’Autorità nazionale anticorruzione con cui aveva respinto la sua istanza di accesso alla deliberazione che aveva archiviato le sue segnalazioni effettuate nella qualità di “whistleblower”.

In particolare l’ANAC gli aveva fornito copia esclusivamente di uno stralcio della deliberazione consistente in poche parole che richiamavano una “proposta” non conosciuta e non allegata alla delibera.

L’ex dirigente aveva quindi avanzato una nuova istanza di accesso, richiedendo espressamente copia della “proposta di deliberazione” correlata.

Tuttavia l’ANAC aveva respinto l’istanza.  

Ebbene a giudizio del TAR capitolino il rigetto disposto dall’ANAC è illegittimo poiché nel caso di specie, deve riconoscersi in capo all’ex dirigente del Comune la sussistenza di un interesse diretto al documento al quale è stato chiesto l'accesso, in considerazione del fatto che la delibera in questione ha provveduto su alcune segnalazioni dallo stesso effettuate.

A ben vedere, evidenzia il Giudice romano, neppure può ritenersi applicabile, nel caso di specie, l’ipotesi ostativa prevista dal Regolamento disciplinante i procedimenti relativi all’accesso civico, all’accesso civico generalizzato ai dati e ai documenti detenuti dall’ANAC e all’accesso ai documenti amministrativi, che esclude dall’accesso le proposte degli uffici, poiché tale disposizione fa espressamente salvo il caso in cui tali proposte costituiscano motivazione “per richiamo” dell’atto o provvedimento, come, appunto, accaduto nel caso di specie.

La delibera di cui il ricorrente aveva chiesto l’ostensione, infatti, contiene, nella motivazione, un espresso richiamo alla proposta di deliberazione, che però non è stata resa disponibile.

Trattandosi di “atto richiamato” nella motivazione del provvedimento, lo stesso deve quindi ritenersi ostensibile.

Dal che nessun dubbio secondo il TAR del Lazio: l’ANAC deve consentire al whistleblower del Comune l’accesso alla documentazione richiesta.

29 ottobre 2020

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