Approfondimento di Vincenzo Giannotti

La normativa sul rimborso delle spese legali previste nel giudizio contabile non può essere estesa al giudizio penale.

Servizi Comunali Rimborso spese legali
di Giannotti Vincenzo
07 Novembre 2020

La normativa sul rimborso delle spese legali previste nel giudizio contabile non può essere estesa al giudizio penale.

Vincenzo Giannotti

La questione ha riguardato una possibile compatibilità del rimborso delle spese legali, previste nel processo contabile, rispetto alle regole del giudizio penale, non avendo i giudici amministrativi di primo grado accolto il ricorso del dipendente pubblico che si è visto negare il rimborso per un presunto conflitto di interessi nonostante nel giudizio penale risultasse assolto. Per il Consiglio di Stato (sentenza n.6554/2020) non è possibile estendere le disposizioni previste nel procedimento contabile con quello penale, in quanto mentre nei giudizi amministrativo – contabili si presume il rapporto di immedesimazione organica, sicché ove il dipendente sia prosciolto nel merito il giudice liquida in sentenza le spese legali, nel giudizio penale tale immedesimazione non può essere presunta, neanche ove le imputazioni siano per reati propri poiché la verifica circa il rapporto di immedesimazione deve essere effettuata in concreto.

La vicenda

Il Tribunale amministrativo di primo grado, ha confermato la decisione dell’Amministrazione di non disporre il rimborso delle spese legali ad un dipendente pubblico assolto in un giudizio penale, in ragione dell’accusa di reato di corruzione che i giudici penali di appello hanno considerato insufficiente e contraddittoria la prova circa la sussistenza del reato contestato al dipendente. E’ stato, infatti, evidenziato come affinché l'Amministrazione rimborsi le spese di difesa del suo dipendente imputato in un procedimento penale, è necessario che il fatto di reato oggetto dell'imputazione penale non configuri una fattispecie ontologicamente in conflitto con i doveri d'ufficio che determini ipso facto la legittimazione dello stesso Ente di costituirsi parte civile. In altri termini, per il Collegio amministrativo di primo grado, per ottenere il rimborso delle spese di patrocinio legale, non basta il favorevole esito del procedimento giudiziario, occorrendo altresì, quale ulteriore fondamentale presupposto, che il procedimento ai danni dell'interessato sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali, non essendo sufficiente che lo svolgimento del servizio costituisca mera “occasione” per il compimento degli atti che danno origine al procedimento di responsabilità. Nel caso di specie, infatti, il ricorrente è stato accusato di aver dato informazioni ad un “intermediario” circa accertamenti fiscali in essere, svolti da altro collega, nei confronti di un contribuente, incontrato anche direttamente dal ricorrente, e di avere “indotto” il collega stesso a ritardare il compimento degli atti d’ufficio.

Avverso la sentenza di primo grado il dipendente pubblico ha presentato ricorso in Consiglio di Stato, sostenendo in primo luogo l’estensibilità prevista anche al giudizio penale delle disposizioni riguardanti i giudici contabili. Per questi ultimi, infatti, l’art.10 bis, comma 10, d.l. 30 settembre 2005, n. 203, ha disposto che «… il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile, liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell'Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza». In altri termini, il rimborso delle spese legali spetta sempre e comunque in caso di proscioglimento del dipendente di amministrazione statale senza che sia necessario il preteso requisito dell’assenza di conflitto di interessi con i doveri dell’ufficio, conflitto che nel caso dei giudizi di responsabilità contabile è in re ipsa. Inoltre, sempre a dire dell’appellante, tale interpretazione non potrebbe essere limitata ai soli giudizi per responsabilità amministrativa-contabile, in quanto affermare il contrario significherebbe istituire una discriminazione di trattamento che nella disposizione non sussiste e che comunque sarebbe illegittima ai sensi dell’art. 3 Cost. Nel caso di specie, inoltre, il reato cosiddetto “proprio” del quale è stato accusato l’appellante, ossia la corruzione, realizzerebbe la condizione richiesta dalla normativa in quanto per il fatto corruttivo «è possibile imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente all’Amministrazione di appartenenza.

La conferma del Consiglio di Stato

La tesi dell’appellante su una possibile estensione di quanto previsto nel giudizio contabile anche a quello penale è infondata. In via principale, le disposizioni previste nei giudizi contabili costituiscono disposizioni di carattere eccezionale, in quanto incidente sulle finanze pubbliche e di essa va pertanto data un’interpretazione restrittiva, interpretazione che peraltro deve essere coerente con la ratio legis, che è quella di tenere indenne il dipendente pubblico per condotte riferibili al servizio, in cui il dipendente agisce in qualità di organo o comunque di agente della Pubblica Amministrazione. Inoltre, la stessa circostanza che, per i giudizi amministrativo-contabili, il legislatore abbia introdotto un’apposita, espressa disposizione interpretativa rende evidente che la richiamata interpretazione estensiva non è praticabile. In merito ad una asserita difformità nei giudizi contabili rispetto a quelli penali, in tema di rimborso delle spese legali, i profili di possibile illegittimità costituzionale sono manifestamente infondati, per la stessa diversità che connota le due distinte situazioni oggetto di disciplina, ossia quella del giudizio penale e quella del giudizio amministrativo-contabile, per cui nessuna violazione del canone dell’art. 3 Cost. per disparità di trattamento può essere prospettata. Infatti, nei giudizi amministrativo – contabili si presume il rapporto di immedesimazione organica, sicché ove il dipendente sia prosciolto nel merito la disposizione legislativa prevede che il giudice liquidi in sentenza le spese legali, che, invece, non può essere presunto nei procedimenti penali, neanche ove le imputazioni siano per reati propri poiché la verifica circa il rapporto di immedesimazione deve essere effettuata in concreto.

Nel merito alla questione di riferibilità della condotta non è sufficiente che la condotta posta in essere sia avvenuta “in occasione del servizio”, ma è necessario che essa fosse finalizzata all’espletamento dello stesso. Nel caso di specie, infatti, al di là dell’esito assolutorio, emerge dalla sentenza come i fatti oggetto dell’imputazione esulano dal contenuto dei doveri d’ufficio e degli obblighi di servizio dell’appellante: dalla sentenza si desume infatti che, pur non essendovi prova della corruzione, non sono stati smentiti i contatti tra il militare e il soggetto oggetto di accertamenti fiscali, e tale comportamento non può essere ricondotto ai “doveri d’ufficio e agli obblighi di servizio”, requisito questo imprescindibile per ottenere il rimborso delle spese di patrocinio legale.

In conclusione l’appello deve essere rigettato e confermata la sentenza di primo grado.

5 novembre 2020

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