Preliminarmente, si ritiene che la fattispecie vada inquadrata nell’alveo delle attività cd. “liberalizzate” ossia “il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale” (art. 19 legge n. 241/90). Pertanto, per tali attività, si ritiene che l’abilitazione derivi direttamente dalla sussistenza dei presupposti di legge.
L’art. 38, comma 6, del D.L. n. 76/2020, come convertito dalla legge n. 120/2020, prevede che “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato”.
Già nel regime previgente la giurisprudenza aveva avuto modo di rilevare che “la valutazione sui rischi connessi all’esposizione derivante dagli impianti di telecomunicazioni è di esclusiva pertinenza dell’A.R.P.A., organo deputato al rilascio del parere prima dell’attivazione della struttura” (cfr. TAR Catania, I, 26/11/2019, n. 2858; Ord., I, 30.3.2020, n. 236). Ugualmente era stato chiarito che la materia in esame non si presta a essere regolata mediante ordinanza sindacale contingibile e urgente (cfr. TAR Catania, I, 22.5.2020, n. 1126; I. 7.7.2020, n. 1641, TAR Campania, Napoli, sentenza n. 3324/2020; TAR Sicilia, Catania, ordinanza n. 1126/2020 e ordinanza Tar Venezia 428/20 entrambi definitive per omessa impugnazione nei termini).
L’elaborazione giurisprudenziale formatasi nel tempo ha, poi, trovato un consolidamento normativo nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76, art. 38, comma 6.
In tale quadro, appare corretto affermare che l’illegittimità, per così dire, latente dell’ordinanza sindacale, è da ritenersi oggi certamente sussistente, in via sopravvenuta, rispetto alla citata norma, convertita con la L. n° 120/2020.
Come noto, tuttavia, il provvedimento di cui si sospetti (che nel caso di specie diviene certezza) l’illegittimità per violazione di legge non può essere disapplicato, ma è soggetto all’ordinario regime di impugnabilità.
In queste condizioni e considerata la vincolatività dell’ordinanza sindacale, pur se sospettata di illegittimità sopravvenuta rispetto alla nuova normativa, si ritiene, anzitutto, opportuno, anche al fine di prevenire responsabilità scaturenti da probabili contenziosi, formalizzare al Sindaco la richiesta di annullamento in autotutela, precisando in ordine alle conseguenze scaturenti dall’obbligo di applicare una disposizione non conforme alla legge.
Quanto alla domanda n. 1) l’ordinanza sindacale, limitatamente agli ambiti di competenza, è da ritenersi vigente sino a che non venga annullata in autotutela o in via giurisdizionale alla stregua di tutti gli atti amministrativi.
Quanto alla domanda n. 2) il regime di responsabilità segue le ordinarie regole. Il suap respinge in applicazione dell’ordinanza sindacale vigente, motivando su tale punto. Pertanto, è importante formalizzare l’invito al Sindaco ad annullare in autotutela l’ordinanza segnalando i profili di violazione della legge statale, segnalando espressamente che nei contenziosi potenzialmente scaturenti dall’applicazione di tale ordinanza l’amministrazione potrebbe, con alta probabilità (certezza) essere soccombente. L’Amministrazione potrebbe sul punto, valutare l’opportunità di tenere in vita il provvedimento (anche per fini utilitaristici quali, ad esempio, creare l’occasione giudiziale per la proposizione di un incidentale costituzionale), assumendosene la correlate responsabilità.
Quanto alla domanda n. 3) Si, può essere valutata.
Quanto alla domanda n. 4) Si.
4 novembre 2020 Elena Conte