Approfondimento di Giuseppe Leopizzi e Raffeale Marzo

Non candidabilità, inelegibilità ed incompatibilità: caratteristiche e differenze

Servizi Comunali Amministratori locali Incompatibilità
di Leopizzi Giuseppe di Marzo Raffaele
21 Novembre 2020

Approfondimento di Giuseppe Leopizzi e Raffeale Marzo

Non candidabilità, inelegibilità ed incompatibilità: caratteristiche e differenze

Giuseppe Leopizzi e Raffeale Marzo

 

 

1. Il legislatore, mediante un’attività di razionalizzazione della disciplina, ha organizzato la disciplina dell’elettorato passivo negli Organi degli Enti locali individuando in maniera tassativa talune cause di impedimento all’accesso alle cariche elettive. Non a caso, tale evidenza è confermata dalle previsioni contenute nel T.U.E.L. laddove, accanto ai “classici” istituti dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità, è stato introdotto l’istituto della c.d. incandidabilità.

A tal riguardo, in dottrina, è stato osservato che «le norme sull’ineleggibilità e l’incompatibilità erano, originariamente, accanto a quelle morali, anch’esse norme etiche in quanto, nel contesto in cui nascevano, e coerentemente ad esso, tendevano a garantire il corretto sviluppo della volontà elettorale - le ineleggibilità - e il corretto esercizio della funzione - le incompatibilità, intesi come valori conseguenti e prodotti dai principi che informavano la società dell’epoca»[1]. Con il tempo, però, si è assistito ad certa sensibilizzazione delle situazioni influenti sull’elettorato passivo. In termini di premessa generale, in ordine all’interpretazione della normativa prevista dal d.lgs. n. 267/00, artt. 55-70, sulla incandidabilità, ineleggibilità   ed  incompatibilità, la giurisprudenza si è indirizzata a riferire la preminenza del principio del libero accesso in condizioni di eguaglianza di tutti i cittadini alle cariche elettive di cui all’art. 51 Cost. e   , dunque, la necessaria tipizzazione delle cause di ineleggibilità ad opera della legge al fine di evitare situazioni di incertezza[2]. Di conseguenza, le norme incidenti sul diritto elettorale passivo debbono considerarsi di “stretta interpretazione” e le restrizioni sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale pari o superiore[3].

 

2. La situazione di non candidabilità (o incandidabilità), costituisce una   condizione preliminare al presentarsi in lista, poiché l’esistenza di tale causa ostativa comporta un impedimento che agisce come una vera e   propria causa di incapacità. Infatti, essa – a differenza delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità – non è rimuovibile attraverso la scelta   da parte del   singolo candidato o la presenza di una esimente alle cause di ineleggibilità o incompatibilità. La questione involge, com’è agevole dedurre, il diritto ad essere candidati, il diritto ad essere proclamato eletto (una volta verificate le elezioni) nonché il diritto ad esercitare il mandato (successivamente alla elezione).

La normativa delle cause di non candidabilità regola i casi del loro verificarsi nel corso del mandato e prevede due istituti di particolare rilevanza: la sospensione e la decadenza dalla carica (art. 11 D. Lgs. n. 235/2012). In breve[4]: essa comporta il divieto di candidatura per coloro che hanno riportato condanne per reati specificamente definiti o a pene superiori ad un certo limite o a misure di prevenzione per appartenenza a determinate associazioni per delinquere e la sospensione dalla carica per coloro che hanno in corso procedimenti penali per determinati reati. Altresì, al divieto di candidatura si accompagna la previsione della nullità dell’elezione.

In presenza di una causa di inelegibilità   ,  il Consiglio comunale deve provvedere, nella stessa seduta di convalida, alla dichiarazione di “non convalida”  dell’ elezione , provvedendo alle necessarie surrogazioni, ai sensi dell’art. 41 del  T.U.E.L.. Orbene    ,     l’interesse protetto è quello di garantire la consultazione elettorale, impedendo che taluni candidati possano sfruttare la propria posizione soggettiva per influire sulla scelta degli  elettori (così incidendo così sulla sua libertà di voto; art. 48 della Cost.).

 

3. A differenza dell’istituto poc’anzi esaminato, le restanti altre ipotesi hanno una diversa “genesi” giacché mentre le cause di incandidabilità si riferiscono ad uno status di inidoneità funzionale assoluta e non sono rimovibili da parte dell’interessato, viceversa, quelle di ineleggibilità e di incompatibilità possono (eventualmente) essere rimosse dall’interessato nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge. Altresì, un ulteriore profilo distintivo rispetto alla loro diversa incidenza sugli esponenti politici e sulla loro condotta, è stato condensato in una ricostruzione «in chiave teleologica»[5](36) In questa prospettiva, si cfr. V. Messerini, Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle scelte dei rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali, comunali, Milano, Giuffrè, 1983, 177 s.; G.E. Vigevani, Stato democratico ed eleggibilità, Milano, Giuffrè, 2001, 151 ss.; nonché, se si vuole, G. Rivosecchi, Art. 65, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, II, Torino, Utet, 2006, 1255., in base alla quale «l’ineleggibilità serve a tutelare il diritto di voto (art. 48 Cost. ) e l’eguaglianza effettiva tra i competitori (art. 51 Cost.); mentre l’incompatibilità mira piuttosto ad assicurare il libero esercizio del mandato parlamentare (art. 67 Cost.), dei mandati regionali e locali (artt. 121 e 122 Cost.) e l’imparzialità e il buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.)»[6].

In tal guisa, emerge «una distinzione tra il fine dell’ineleggibilità, ovvero la tutela della libertà di voto degli elettori, che postula soprattutto la necessità di evitare situazioni in cui i titolari degli uffici possano utilizzarli per influenzare l'elettorato; e quello dell’incompatibilità, volta invece a scongiurare l'effettiva inconciliabilità tra due cariche»[7].

Ma andiamo con ordine.

  • L’ineleggibilità coinvolge coloro che, in ragione dell’ufficio o dell’incarico ricoperto, possono trovarsi in condizioni di vantaggio nella competizione elettorale. L’istituto in parola è disciplinato dagli art. 60 e 61 del T.U.E.L. Le cause di ineleggibilità non hanno effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni non oltre il giorno fissato per la presentazione della candidatura (art. 60, co. 3, T.U.E.L.). Dunque, si vuole evitare tentativi di candidature plebiscitarie.
  • Infine, l’incompatibilità riguarda coloro che possono trovarsi in conflitto di interessi con l’Ente, per essere loro stessi portatori di interessi personali o dei propri congiunti, in contrasto con quelli dell’amministrazione.

Com’è noto, i requisiti per la candidatura – ex art. 55 T.U.E.L. – sono i seguenti:

  • «Nessuno può presentarsi come candidato in più di due province o in più di due Comuni o in più di due circoscrizioni quando le elezioni si svolgono nella stessa data» (co. 1);
  • «I consiglieri comunali o provinciali non possono candidarsi alla medesima carica in altro consiglio comunale o circoscrizionale» (co. 1);
  • «Nessuno può essere candidato alla carica di Sindaco o di Presidente della Provincia in più di un Comune ovvero di una Provincia» (co. 2).

Tuttavia, non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi o le funzioni conferite ad amministratori del Comune, della Provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.

 

4. Da quanto poc’anzi esposto, emergono, allora, alcune peculiarità che permettono di ulteriormente differenziare i tre istituti analizzati:

  • nella incandidabilità prevale la inidoneità del singolo a ricoprire la carica elettiva sin dal momento della presentazione della candidatura;
  • nella incompatibilità il momento della rimozione del divieto di cumulo è posposto al momento della convalida dell’eletto.

Sebbene vi sia una ragionevole differenziazione, giova precisare, per rigore espositivo, che la tendenziale assimilazione tra incandidabilità ed ineleggibilità è stata assunta dalla giurisprudenza costituzionale. Infatti, la Consulta, proprio in relazione alle cariche locali, ha messo in rilievo, in riferimento ad entrambi gli istituti (incandidabilità ed ineleggibilità), gli effetti preclusivi sulla posizione della candidatura. La Corte costituzionale è giunta a qualificare l’incandidabilità come una «particolarissima causa di ineleggibilità»[8](48) Sentenze n. 407 del 1992 e n. 141 del 1996.

, in quanto comunque «espressione del venir meno di un requisito soggettivo per l’accesso alle cariche»(49) Sentenza n. 132 del 2001.

[9].

Tuttavia, tenuto conto del dato normativo e della giurisprudenza in materia appare più confacente l’adesione all’interpretazione che mette in rilievo le differenze ontologiche tra i due istituti (incandidabilità ed ineleggibilità): l’incandidabilità   equivale   all’incapacità elettorale assoluta, essendo il soggetto interessato privo di un requisito essenziale ai fini della stessa posizione della candidatura[10].

20 novembre 2020

 

[1] F. PINTO, Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità, pubbl. in astrid-online, sez. Studi, ricerche e relazioni, 1-11; contributo confluito in F. MERLONI, L. VANDELLI (cur.), La corruzione amministrativa. Cause, prevenzione e rimedi, Firenze, 2010. 

[2] Cass. Civ., sez. I, sent. n. 7593/2004; Cass., sez. III, sent. n. 489/2000; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 2490/2000.

[3] Si è detto: «l’eleggibilità è la regola mentre l’ineleggibilità rappresenta l’eccezione»; cfr., Cass. civ., sez. I, sent. , n. 15285/2000.

[4] Le norme sull’incandidabilità incidono, più delle altre, sullo status dell’esponete politico colpito: Cons. di Sato, sez. V, n. 753/2013.

[5] V. MESSERINI, Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle scelte dei rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali, comunali, Milano, 1983, 177 e ss.; G.E. VIGEVANI, Stato democratico ed eleggibilità, Milano, 2001, 151 ss.; G. RIVOSECCHI, Art. 65, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (cur.), Commentario alla Costituzione, II, Torino, 2006, 1255.

[6] G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica. Lo status degli esponenti e la crisi dei partiti, in  Riv. trim. dir. pubbl., n. 2/2015, 339 ss 

[7] G. RIVOSECCHI, Art. 65, cit., 1256 e ss.

[8] Corte cost., sentt. nn. 407/1992 e 141/1996.

[9] Corte cost., sent. n. 132/2001.

[10] G. RIVOSECCHI, La disciplina della politica…, cit., si v. l’intero contributo, 339-378.

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