La più recente giurisprudenza ha affermato la piena legittimazione delle associazioni di volontariato a partecipare alle gare pubbliche. In tal senso, ad es. il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 116 del 15 gennaio 2016, ha rilevato che, "alla luce delle direttive comunitarie e della giurisprudenza della Corte di Giustizia (CGE 23 dicembre 2009, causa C-305/08) la nozione comunitaria di imprenditore non presuppone la coesistenza dello scopo di lucro dell'impresa, per cui l'assenza di fine di lucro non è di per sé ostativa della partecipazione ad appalti pubblici. Quanto, in particolare, alle associazioni di volontariato, ad esse non è precluso partecipare agli appalti, ove si consideri che la legge quadro sul volontariato, nell'elencare le entrate di tali associazioni, menziona anche le entrate derivanti da attività commerciali o produttive svolte a latere, con ciò riconoscendo la capacità di svolgere attività di impresa". Ancora, è stata ammessa dal Tar Campania, Napoli, Sez. V, 11 dicembre 2017, n. 5815 la partecipazione alle gare da parte di associazioni di volontariato, e dal T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 23 gennaio 2017 n. 39 secondo cui “le associazioni di volontariato possono partecipare alle gare per l’affidamento di pubblici servizi nei casi in cui l’attività oggetto di gara sia funzionale allo scopo associativo dell’ente e compatibile con la disciplina statutaria di esso”.
Quindi, è fuor di dubbio che le associazioni di volontariato possono partecipare alle pubbliche gare ed essere destinatarie di appalti e concessioni pubbliche.
Dunque, se le associazioni possono partecipare alle gare, si può ritenere che le stesse possano anche “ausiliare” a tali fini.
Quanto al potere di soccorso cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 04.06.2020 n. 3506), la giurisprudenza è univocamente nel senso che ai fini dell’avvalimento vanno tenuti distinti i documenti che l’art. 89 del codice dei contratti pubblici prescrive debbano essere prodotti dal concorrente che vi fa ricorso “in quanto il contratto ha un’efficacia inter partes; con lo stesso l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente ausiliato a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto.
L’impresa ausiliaria si obbliga invece nei confronti della stazione appaltante con separata dichiarazione, mediante la quale mette a disposizione, per tutta la durata del contratto, le risorse necessarie di cui è carente il concorrente. Tale distinzione discende proprio dalla previsione dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, che richiede di tenere distinto il contratto di avvalimento dalla dichiarazione; lungi dal costituire un mero formalismo, tale dichiarazione è fondamentale perché l’ausiliario assuma direttamente nei confronti della stazione appaltante gli obblighi di mettere a disposizione del concorrente i requisiti e le risorse di cui quest’ultimo è carente, laddove il contratto di avvalimento è fonte per il medesimo ausiliario di obblighi nei soli confronti del concorrente” (Cons. Stato, V, 22 ottobre 2019, n. 7188, Cons. Stato, V, 21 maggio 2020, n. 3209).
Una cosa è la produzione della dichiarazione di impegno dell’impresa ausiliaria verso il concorrente e verso la stazione appaltante, altra cosa è la produzione del contratto di avvalimento. Le dichiarazioni dell’impresa ausiliaria di cui trattasi e il contratto di avvalimento non sono sovrapponibili.
Pertanto, solo laddove sia stata totalmente omessa la produzione della dichiarazione, si tratta di integrazione, ammissibile, e non di regolarizzazione, documentale, altrimenti non ammissibile. L’essenzialità della dichiarazione di impegno dell’impresa ausiliaria, desumibile dall’art. 89, comma 1 Cod. ed eventualmente dalle previsioni della legge di gara non consentono in ordine alla mancanza di essa l’esercizio del potere di soccorso istruttorio per produrre il documento mancante, pena la violazione del principio di parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, III, 28 novembre 2018, n. 6752).
Rispetto alla fattispecie, elementi utili si possono trarre – argomentando al contrario da una recente sentenza secondo cui non è sanabile la mancata indicazione della dichiarazione di utilizzare l'avvalimento nel documento di gara unico europeo (Consiglio di Stato, sentenza del 4 maggio 2020 n. 2836 della quinta sezione). I giudici premettono che il concorrente che voglia far ricorso all'avvalimento è tenuto a darne indicazione nell'ambito del Dgue (o, comunque, dei documenti di gara) fornendo le informazioni relative ai soggetti ausiliari. Poi deve anche produrre la corrispondente documentazione, costituita in primis dal contratto d'avvalimento e dalle dichiarazioni dell'ausiliaria sul possesso dei requisiti e l'assunzione degli obblighi verso il concorrente e la stazione appaltante.
Per i giudici quindi non c'è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in difetto di una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all'avvalimento (quindi, in caso contrario, è ammissibile), atteso che il soccorso è utile a sanare carenze di elementi formali della domanda, nonché qualsivoglia mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo (art. 83, comma 9); non è invece utilizzabile per sopperire alla mancata manifestazione di una determinata volontà da parte dell'operatore. Il soccorso istruttorio vale, infatti, a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla. In caso contrario, da un lato risulterebbe violata la ratio dell'istituto, esteso, fuori dal perimetro delle irregolarità formali, alla manifestazione (tutt'altro che formale, bensì) di volontà del concorrente, che nondimeno quest'ultimo non ha reso; dall'altro sarebbe consentita una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara, incidente sulle stesse modalità di partecipazione (con conseguenze sul canone generale della par condicio tra i partecipanti alla procedura), nonché sull'esecuzione della prestazione da parte dell'operatore economico, e dunque sulla conformazione complessiva dell'offerta.
In ogni caso, al fine di prevenire eventuali contenziosi, si suggerisce di chiedere all’ANAC un parere precontenzioso, d’accordo con il concorrente interessato, anche ai fini acceleratori del parere e del carattere vincolante per le parti, in modo da rendere certa e incontestabile la decisione finale ed escludere ogni responsabilità in capo al RUP.
21 dicembre 2020 Eugenio De Carlo