Richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana

Risposta al quesito del Dott. Roberto Gimigliano

Quesiti
di Gimigliano Roberto
29 Dicembre 2020

Con la presente si richiede la Vostra collaborazione relativamente all'oggetto.

Un cittadino argentino si è presentato a questo ufficio chiedendo la documentazione per la presentazione della richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana.

L'ufficio ha specificato che i documenti richiesti fanno riferimento alla Circolare n. K.28.1 del 1991.

L'ufficio ha precisato altresì al cittadino che l'iscrizione anagrafica, dopo una verifica preliminare dei documenti attestanti lo status di cittadino italiano, doveva produrre il passaporto con il visto di ingresso nell'area Schengen.

Considerato che il passaporto non riporta alcun visto Schengen ma solo un visto di ingresso in Germania datato lo scorso febbraio, ho comunicato al cittadino di provvedere alla dichiarazione di presenza per la decorrenza dei 90 gg di decorrenza della sua permanenza in Italia.

Il cittadino mi inoltra la dichiarazione di ospitalità presentata dall'ospitante all'ufficio di polizia locale comunale.

Ma tale documento può sostituire la dichiarazione di presenza sul territorio italiano?

Relativamente alla documentazione per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis il cittadino mi precisa che è in possesso di tutti i documenti necessari per la richiesta ma che tali documenti, a causa della pandemia, sono tutti digitalizzati, con firma digitale e apostille digitale e che deve solo legalizzare le traduzioni presso il tribunale competente.

Quindi mi chiedo se i documenti sono digitalizzati con firma digitale e apostille sono comunque validi? Oppure l'ufficio scrivente deve essere in possesso degli originali.

E' corretto che il cittadino si rivolga al Tribunale per la legalizzazione delle traduzioni.

Quali controlli preliminari deve fare l'ufficio scrivente per l'iscrizione anagrafica con finalità di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis?

Risposta

La L. 28.5.2007 n. 68, sulla quale pure torneremo nel prosieguo, nell’abolire il permesso di soggiorno per permanenze in territorio italiano di durata non superiore a tre mesi, sostituendolo con semplice “dichiarazione di presenza”, consente agli stranieri di soggiornare regolarmente in Italia per detto breve periodo (quindi, “senza fissa dimora”) utilizzando la ricevuta di presentazione della dichiarazione di presenza come “idoneo documento al fine di ottenere l’iscrizione anagrafica tesa al riacquisto della cittadinanza” (in tal senso testualmente la Circolare n. 32 del 13.6.2007 del Min. Interno, Dip. Affari Interni e Territoriali, Dir. Centr. per i Servizi Demografici).

La L. 28 maggio 2007 n. 68, significativamente intitolata “Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio (art. 1 della legge) prevede che per soggiorni di durata inferiore a tre mesi non è richiesto il permesso di soggiorno, essendo sufficiente una dichiarazione di presenza che i cittadini extracomunitari presentano all’autorità di frontiera all’atto dell’ingresso.

La Circolare 13 giugno 2007 n. 32 del Ministero dell’Interno è chiara: “La ricevuta di tale dichiarazione... si ritiene che possa costituire titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro che intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis... La dichiarazione, infatti, è l’adempimento che consente agli stranieri di soggiornare regolarmente in Italia per un periodo di tre mesi o per il minor periodo eventualmente stabilito nel visto d’ingresso“. Il D.M. 26 luglio 2007 è ancora più chiaro, stabilendo che, ai fini dell’iscrizione anagrafica dei soggetti provenienti da Paesi che non applicano l’accordo di Schengen e che intendono richiedere il riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis, è sufficiente l’esibizione del timbro “Schengen“ sul documento di viaggio. In ultimo, la Circolare 28 settembre 2007 n. 52 del Ministero diffonde agli uffici periferici le istruzioni di cui al Decreto Ministeriale.

Con la circolare 28/2002 il Ministero dell’interno aveva già chiarito che nel caso di riconoscimento della cittadinanza, i richiedenti possono essere iscritti in anagrafe quando in possesso di un valido permesso di soggiorno, indipendentemente dalla durata dello stesso.

La successiva legge 68/2007 ha abolito il permesso di soggiorno per “visite, affari, turismo e studio” qualora la durata del soggiorno non sia superiore a 3 mesi.

In tali casi il permesso di soggiorno è sostituito da una dichiarazione di presenza da rendere all’autorità di frontiera o al questore.

A tale legge sono seguite due circolari ministeriali, la nr 32 e la nr 52 del 2007.

La nr 32 ha chiarito che gli stranieri che non provengono dall’Area Schengen rendono la dichiarazione di presenza all’autorità di frontiera al momento dell’ingresso mentre gli stranieri che provengono dall’Area Schengen dichiarano la presenza al Questore entro 8 giorni dall’ingresso. Inoltre la ricevuta di tale dichiarazione costituisce titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica (per chi chiede il riconoscimento della cittadinanza).

E’ interessante far notare al richiedente che i giorni a disposizione del cittadino per ritenersi regolarmente soggiornante devono essere conteggiati dalla data di apposizione del timbro Shengen (cosa non avvenuta per il caso esposto).

Quindi che cosa è necessario per l’iscrizione in anagrafe?

1) Il passaporto in corso di validità (art 14 dpr 223/89)

2) Il visto di ingresso (se richiesto) e che i termini da questo previsto non siano scaduti

3) il timbro Schengen o, in alternativa, la dichiarazione di presenza al Questore.

Sarà comunque necessario verificare che non siano trascorsi i 90 gg di cui il cittadino può fruire alla data del primo ingresso, nell’arco di 6 mesi. Nel caso del timbro Schengen i 90 giorni si calcolano sulla data dello stesso, nel caso della dichiarazione alla Questura i 90 giorni si calcolano da questa data

4) Il titolo che dà diritto all’occupazione dell’immobile.

La documentazione dovrà essere tradotta e legalizzata Si rammenta che, come da nota del Ministero dell’Interno del 4 agosto 2003, che “per quanto concerne la materia specifica, non è ammessa l’autocertificazione”. Infatti a norma del dpr 445/2000 le dichiarazioni sostitutive per i residenti in Italia devono comunque essere certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani

Nel caso in cui chi richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana abbia parte della documentazione depositata in altro Comune italiano perché là è stato effettuato il riconoscimento di un suo familiare, lo stesso dovrà comunque produrre la documentazione.

Precisato che nulla osta a che l’usc riceva copie autenticate, ci sono 2 possibilità:

1) l’interessato richiede al Comune detentore dei documenti copia autenticata degli stessi e li consegna all’usc del Comune competente.

2) l’interessato rende una dichiarazione in cui attesta quali sono i documenti depositati presso altro Comune e l’usc provvede ad acquisirli direttamente (art 43 dpr 445/2000). Sarà cura dell’usc del Comune presso cui viene chiesto il riconoscimento procurarsi tali documenti.

Sia chiaro che in entrambi i casi i documenti già depositati devono essere in originale, poiché non è possibile fare copie di altre copie!

Tutti gli atti provenienti dall’estero e da far valere in Italia, dunque anche tutti gli atti di STATO CIVILE devono essere TRADOTTI e LEGALIZZATI.

Questa è la regola generale:

L'art. 1, lett. "l", del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 definisce la legalizzazione di firma come "l'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati,  copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa".

Art 33 DPR 445/2000:

• 1) le firme sui documenti prodotti all’estero da autorità estere e da valere in Italia sono legalizzate dal consolato italiano all’estero

• 2) i documenti rilasciati da consolati stranieri in Italia e da valere in Italia sono legalizzati dalla Prefettura

• 3) i documenti formati in Italia da valere all’estero sono legalizzati dalla Prefettura

• Traduzione art 22 DPR 396/2000 “fermo restando quanto stabilito da convenzioni internazionali i documenti scritti in lingua straniera devono essere accompagnati da una traduzione in lingua italiana…………”

• Legalizzazione art 33 DPR 445/2000: sia gli atti redatti in Italia e da far valere all’estero sia gli atti redatti all’estero e da far valere in Italia devono essere legalizzati.

Art 21 DPR 396/2000: i documenti egli atti di stato civile formati all’estero da autorità straniere devono essere legalizzati…… Non è corretto che il cittadino si rivolga al tribunale per la legalizzazione delle traduzioni

Le eccezioni sono rappresentate dalle varie Convenzioni internazionali (bilaterali o multilaterali) che l’Italia ha stipulato con altri Paesi al fine di semplificare lo scambio di atti di stato civile.

L'art. 1, lett. "l", del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 definisce la legalizzazione di firma come "l'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa".

Sono validi i documenti digitalizzati e firmati digitalmente. L'unico modo di mettere un punto fermo è appunto quello di apporre una firma digitale, meglio se con marca temporale, in proprio o attraverso un sistema certificato, come quello delle cancellerie dei Tribunali per il processo telematico.

Per quel che riguarda le operazioni preliminari, esclusa la ovvia verifica della documentazione presentata ai sensi della circolare K28/1, occorre seguire esattamente i principi dell’ordinamento anagrafico.

23 dicembre 2020       Roberto Gimigliano

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