Conflitto d’interessi

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
17 Febbraio 2021

Il nostro Ente con deliberazione di Giunta Comunale ha deliberato i criteri per la ripartizione dei contributi in oggetto. Alla seduta di Giunta hanno presenziato, due assessori di cui uno potenziale beneficiario, e l'altro parente (figlio) di un altro potenziale beneficiario. Quali sono le conseguenze amministrative e penali della non astensione? Si potrebbe incorrere nel rischio che la delibera venga impugnata per motivi di conflitto di interessi? Quali sarebbero le sanzioni previste?

 

Risposta

La deliberazione, ove assunta in conflitto d’interessi, è annullabile sul piano amministrativo per violazione di legge, in relazione all’eventuale violazione dell’art. 78 TUOEL in base al quale gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, TU cit. devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.

Secondo il Consiglio di Stato (Sez. II, n. 5423 del 10.9.2020), la suddetta disposizione si riferisce ad un principio generale di imparzialità da cui deriva, per gli Amministratori locali, l’obbligo di astensione, che deve pertanto ritenersi di carattere generale, rappresentando un corollario del principio di imparzialità, sancito dall’art. 97 Cost., di cui, assume portata generale. Sicché le ipotesi di astensione obbligatoria non sono tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative di circostanze che mutuano l’attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo. Quanto al concetto di “interesse” viziante la partecipazione alla deliberazione, questo comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all’adozione di una delibera.

Pertanto – ad avviso della giurisprudenza - la regola generale è che l’amministratore debba astenersi al minimo sentore di conflitto di interessi, reale o potenziale che sia, allontanandosi dalla seduta, al fine di garantire la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa. L’obbligo di astensione, infatti, ha carattere generale e prescinde da ogni valutazione sia dell’effettivo contributo causale alla delibera concretamente adottata nonché del concreto rapporto con l’interesse in questione, a differenza di quelle di carattere normativo o generale in ordine alle quali deve essere considerata la sussistenza di un interesse “immediato e diretto”, trattandosi appunto di atti a contenuto generale.

Dunque, l’obbligo di astensione (ossia di discussione e di votazione) sorge in tutti i casi in cui l’amministratore locale rivesta una posizione suscettibile di determinare, anche in astratto, un conflitto di interesse (tra quello di tipo personale e quello istituzionale), a nulla rilevando che lo specifico fine privato ed egoistico sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per l’ente locale.

Inoltre, sul piano generale, ai sensi dell’art. 6 bis della Legge n. 241/1990 un provvedimento può essere illegittimo ove il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

Sul piano penale, invece, l’art. 323 (abuso d’ufficio) dispone che salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

17 febbraio 2021           Eugenio De Carlo

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