Accesso agli atti amministrativi da parte di consigliere comunale

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
25 Marzo 2021

Un consigliere Comunale ha richiesto informazioni, atti e documenti relativi agli ultimi 10 anni. Si chiede se tale richiesta sia legittima, nello specifico la richiesta riguarda le spese telefoniche sostenute dagli amministratori, se sono stati stipulati contratti con operatori telefonici per sim telefoniche o cellulari.

 

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Risposta

La richiesta appare abnorme anche rispetto al ruolo ed al munus pubblico del consigliere essendo necessario un equilibrato bilanciamento tra le richieste di accesso, le esigenze di buon funzionamento degli uffici e la proporzionalità delle richieste rispetto alle funzioni esercitate.

Infatti, come recentemente rammentato dal Consiglio di Stato (sez. V, sentenza n. 2089/2021), è vero che il consigliere ha ampia estensione, maggiore dell’accesso agli atti amministrativi ai sensi della legge n. 241/1990, desumibile dalla lettera dell’art. 43, comma 2, del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, secondo cui il consigliere comunale ha diritto di ottenere dagli uffici dell’amministrazione presso cui esercita il proprio mandato politico-amministrativo e dai suoi enti strumentali «tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato», ma è altrettanto vero che sussiste il limite funzionale intrinseco cui il diritto d’accesso è sottoposto, espresso dall’art. 43, comma 2, TUEL con il richiamo alla utilità delle notizie e delle informazioni possedute dall’ente locale rispetto alla funzione di rappresentanza politica del consigliere comunale. Il descritto limite implica – ad avviso della citata sentenza - che il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva debba porsi in rapporto di strumentalità con la funzione «di indirizzo e di controllo politico – amministrativo», di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art. 42, comma 1, t.u.e.l.), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo (art. 43).

La strumentalità del diritto di accesso del consigliere comunale ora evidenziata è stata di recente ribadita dual CdS, sez. V, nel precedente di cui alla sentenza del 13 agosto 2020, n. 5032, laddove si è sottolineato che lo scopo del diritto di accesso del consigliere comunale è quello «di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale»; ed è inoltre stata circoscritta da un’altra pronuncia della sez. V, la sentenza 2 gennaio 2019, n. 12, in cui si è affermato non essere «sufficiente rivestire la carica di consigliere per essere legittimati sic et simpliciter all’accesso, ma occorre dare atto che l’istanza muova da un’effettiva esigenza collegata all’esame di questioni proprie dell’assemblea consiliare».

 In definitiva, secondo il citato indirizzo non sono ammissibili richieste di accesso che si traducano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti in possesso degli Uffici, correlato all’accesso diretto al sistema informatico senza filtri (rectius un accesso totale) non coerente con il munus publicum, in quanto siffatte richieste si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico – amministrativo, demandate dalla legge al consigliere (Cons. Stato, sez. V, 28 novembre 2006, n. 6960).

Ancora, come riportato in vari pareri del Min. Interno, il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio; gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente) e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso (Consiglio di Stato, sez. V, n.6963/2010).

Il diritto di accesso dei consiglieri non può diventare un “abuso” come nel caso in cui le richieste siano irragionevoli, sproporzionate e/o destinate solo a paralizzare l’attività amministrativa dell’ente o a fare una politica ostruzionistica. Siamo, infatti, di fronte ad un diritto soggettivo pubblico funzionale alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato derivante dal risultato elettorale dal quale deriva anche la “non motivazione” per la richiesta e, di conseguenza, qualsiasi richiesta non è sindacabile dall’ente stesso (cf. Tar Toscana, Sez. I, Sent.11.11.09, n. 1607; Tar Campania – Salerno – Sez. II, Sent. n. 124/13; Cons. Stato, Sez. V, Sent. 09.12.04, n. 7900).

Ciò posto, l’ampiezza della documentazione richiesta e soprattutto lo spazio temporale così ampio sembrano qualificare l’accesso più come un non consentito sindacato di controllo che non uno strumento per conseguire informazioni e notizie utili all’esercizio del mandato attuale; per cui si potrebbe invitare il Consigliere quantomeno a circoscrivere l’ambito della richiesta al fine di realizzare il suddetto bilanciamento.

22 marzo 2021         Eugenio De Carlo

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