Il patrimonio informativo comunale è sterminato, multidisciplinare e con un valore incalcolabile.
Gli archivi degli enti locali, nelle loro svariate forme (cartacee, digitali o promiscue) sono una fonte inesauribile di informazioni, uno strumento fondamentale a sostegno delle scelte amministrativo/politiche dei decisori comunali e degli uffici municipali. Purtroppo, nella maggior parte dei casi questi archivi sono isolati, autoreferenziali e filtrati dall’apparato burocratico che, a seconda dei casi, o non riesce materialmente a dare valore a queste informazioni o si ritrova teso a mantenere asimmetrie informative che garantiscano rendite di posizione durature nel tempo.
Inevitabilmente, l’utilizzo efficace di questo patrimonio risulta del tutto marginale e rivolto quasi esclusivamente a logiche adempimentali (con risvolti bizantini) piuttosto che a disposizione della gestione strategica ed etica dell’ente pubblico.
Cosa?
Le domande degli Amministratori e le risposte che mancano
Quante volte un Sindaco o un Assessore prendono decisioni più sul sentito dire e sul sentimento del momento, piuttosto che su dati oggettivi e strutturati?
Quante volte la scelta di una strategia comunale si basa sulle istanze di pochi cittadini, magari particolarmente capaci di farsi ascoltare dall’organo politico, piuttosto che sulla base di dati oggettivi, sistematici e aggiornati?
Qualsiasi Amministratore comunale si è fatto almeno una volta domande del tipo:
- Quante famiglie con bambini ci sono in quella zona?
- Quanti anziani in periferia?
- Quante famiglie straniere vivono in quel rione?
- Sono presenti seconde case in quel quartiere?
- Quanto IMU pagano i residenti di quella determinata via?
Semplici quesiti che rimangono spesso senza una pronta risposta, o che necessitano di approfondimenti che gli uffici, sempre più a corto di personale, faticano a fare.
I dati ci sono, ma la loro integrazione, elaborazione e presentazione si rivela un progetto inarrivabile. Per non parlare di tematiche più scottanti del tipo:
- Quanti cittadini saranno coinvolti nell’insediamento produttivo, potenzialmente inquinante e oggetto della sindrome NIMBY (not in my backyard / non nel mio giardino), in un determinato quartiere comunale?
Sarebbero informazioni basilari che consentirebbero agli organi consiliari di prendere decisioni in maniera puntualmente ponderata senza rischiare continue reprimende della piazza.
Infine, per concludere il quadro, un quesito apparentemente banale come il seguente:
- Quanti appartamenti ci sono nel condominio di via “Aldo Moro 15” e quanti di questi sono abitati?”
risulta molto più complesso di quanto sembri.
La domanda in quesitone necessita di una serie di informazioni spesso non detenute dal medesimo ufficio. Nel concreto, l’ufficio anagrafe potrà dirci quante persone abitano in via Aldo Moro 15 e magari quanti nuclei familiari sono ivi residenti ma non sarebbe in grado di dirci quanti appartamenti ci sono nel condominio.
Viceversa, parziali informazioni potrebbero essere detenute dall’ufficio tributi che lavorando con le banche dati catastali è in grado di dirci quanti appartamenti ci sono in un determinato condominio, a patto di conoscerne gli estremi catastali (foglio, mappale e subalterno per intenderci), dato che gli indirizzi catastali sono spesso inaffidabili e/o incompleti. Magari, infine, l’ufficio edilizia privata potrebbe cercare nei suoi archivi e dare una risposta sugli appartamenti ma non su chi ci abita.
Sembrano situazioni surreali ma non lo sono affatto.
Le ragioni di questo approccio disaggregato sono da ricercare in un insieme di fattori storico e culturali che rappresentano gli enti locali sin dalla loro costituzione, all’alba della nascita dello Stato repubblicano. Gli enti comunali sono per lo più di piccole dimensioni, mal strutturali, con personale pieno di buona volontà ma il più delle volte oberato dall’attività ordinaria e nessuno riesce ad investire tempo in ricerca, analisi e valutazione dei dati contenuti negli archivi comunali.
Come?
L’integrazione orizzontale: un innovativo utilizzo delle banche dati comunali
Le banche dati municipali sono le più diverse, da quelle in assoluto più attendibili in quanto gestite rigorosamente dall’ente con la sovraintendenza dello Stato (si pensi all’anagrafe e lo stato civile) passando per quelle con un potenziale informativo importante ma fortemente eterodiretto (come ad esempio le banche dati catastali/tributarie fornite dall’Agenzia delle Entrate e quelle delle imprese da parte delle camere di commercio) a quelle con risvolti strategici che toccano direttamente la sfera delle scelte politico/amministrative (fruitori di servizi pubblici a domanda individuale, beneficiari di contributi pubblici, persone con speciali necessità e categorie fragili) ma che, magari, nemmeno vengono gestite con un applicativo informatico.
Offrire strumenti autonomi di analisi e scelta agli Amministratori comunali rappresenta la vera sfida odierna per i detentori e i gestori di informazioni comunali digitali (e non) per porre un cambiamento di paradigma definitivo in tema di governo dell’ente locale e di autonomia decisionale nella programmazione delle scelte strategiche di mandato, a tutto vantaggio anche degli uffici e degli operatori comunali.
Attraverso l’integrazione orizzontale delle banche dati anagrafiche, tributarie, catastali, toponomastiche, finanziarie e dei servizi a domanda individuale, ogni Amministratore può disporre di informazioni sempre aggiornate e in continua evoluzione perché attinte direttamente dagli uffici comunali senza che questi ultimi debbano intervenire con aggravi di tempo e lavoro.
Risulta quindi fondamentale scegliere una piattaforma integrata per sfruttare una sinergia assoluta che rappresenta il massimo esponente della gestione dei servizi comunali, in modo da rispondere in maniera efficiente alle legittime aspettative della cittadinanza.
Nell’unica piattaforma orizzontale, l’amministratore e il funzionario possono trovare tutte le informazioni riguardanti famiglie e immobili in una conversione tutt’altro che scontata, perché se è pur vero che le informazioni anagrafiche, catastali e toponomastiche sono patrimonio da sempre delle amministrazioni comunali, la loro integrazione e inferenza è tutta un’altra faccenda.
La mappa multidimensionale come cruscotto decisionale
Ad onore del vero, molte soluzioni software oggi sul mercato offrono esperienze in tema di integrazione di banche dati e presentano prodotti con interfacce accattivanti e di facile utilizzo, salvo cadere quasi sempre sul punto chiave: il mantenimento e l’aggiornamento delle informazioni raccolte. Ci sono faldoni pieni di progetti avveniristici che dopo un paio d’anni giacciono impolverati e mai usati.
Molti promettono l’integrazione, pochi sanno garantirla nel medio periodo.
Sfruttare gli aggiornamenti quotidiani effettuati dagli uffici comunali è appannaggio di soluzioni integrate a monte, quando si costruisce lo “scacchiere” comunale dove tutto si riunisce in una sorta di mappa potenziata, dove si reperiscono tutte le informazioni in modo multidimensionale mediante un primario collegamento tra indirizzi civici ed estremi catastali.
Immaginiamoci un luogo virtuale dove le informazioni relative ai nostri concittadini sono ordinate e catalogate con un'unica metodologia operativa che garantisce affidabilità del dato e cultura dell’aggiornamento.
Costruire questa mappa potenziata è un’operazione complessa, multidisciplinare, ricca di sfaccettature interpretative e di metodo, senza prescindere dall’intervento umano locale. Ci sono vie mai raggiunte da Google Maps, ci sono vicoli con numeri civici non rinvenibili se non attraverso un sopralluogo fisico; e ci sono, naturalmente, peculiarità locali che solo chi opera e lavora nel Comune è in grado di capire e spiegare.
Perché?
L’obiettivo primario: disporre delle informazioni integrate
La sfida è questa: costruire un sistema multidimensionale in grado di dialogare tra i diversi archivi comunali come anagrafe, edilizia privata, catasto, urbanistica (solo per citarne alcuni) per offrire risposte immediate a chi deve formulare strategie e proporre soluzioni.
Oggi, un comune di nuova istituzione vivrebbe della transizione digitale in maniera estremamente proficua e potrebbe, fin da subito, attrezzarsi in modo da creare archivi completamente interconnessi e quindi, nonostante esistano uffici diversi, creare percorsi condivisi che rendano i dati fruibili di continuo.
Purtroppo, i Comuni non nascono oggi e gli archivi comunali rappresentano stratificazioni di informazioni decennali spesso in contrasto tra loro.
Sapere che in un determinato quartiere ci sia un’altra concentrazione di bambini in età scolare o anziani potrebbe essere strategico per rivedere l’organizzazione del trasporto scolastico o pianificare alcuni interventi di “sostegno”, ad esempio. Sapere che in un immobile coesistono un bar, due famiglie, un appartamento vuoto, e che tutti pagano regolarmente la tassa rifiuti (o anzi no…, qualcuno non la paga), che tutti pagano l’IMU (o anzi no…, qualcuno non la paga), rappresenta un patrimonio per l’Amministrazione, non una ricerca sfiancante tra un ufficio e l’altro.
In un unico luogo, in un unico momento, tutto il Comune sotto controllo: questa è la sfida definitiva della transizione digitale verso il futuro.