Accesso al lavoro in ritardo

Risposta del Dott. Angelo Maria Savazzi

Quesiti
di Savazzi Angelo Maria
26 Novembre 2021

Come si deve gestire il caso di un dipendente che accede e timbra sul posto di lavoro con un ritardo di 1 ora e 40 min, in quanto sprovvisto di green pass per l'orario contrattuale di inizio servizio alle 8:00? Si specifica che il dipendente effettua il tampone e in questo specifico caso l'esito non era disponibile per l'orario di inizio lavoro. Questo tempo di assenza di 1 ora e 40 min va gestito e compensato prendendo motivi personali o istituti simili, o va decurtato dallo stipendio? Se vale questo secondo caso esiste la decurtazione a ore?

Risposta

Va preliminarmente rilevato che il comportamento del dipendente che non rispetta l’orario di lavoro è rilevante dal punto di vista disciplinare e la gravità dell’infrazione è tanto maggiore grave quanto più il fenomeno tende a presentarsi nel tempo.

In ogni caso il ritardo riportato nel quesito deve certamente essere recuperato secondo le indicazioni organizzative dell’amministrazione e, in assenza di recupero, deve essere operata la decurtazione.

Il dipendente potrebbe utilizzare i permessi retribuiti di cui all’art. 32 Ccnl 21.5.2018 il quale prevede che a ciascun dipendente possano essere concesse, sulla base di apposita richiesta, 18 ore di permesso retribuito all'anno, per particolari motivi personali o familiari. Ma questi permessi devono essere richiesti tempestivamente.

Secondo l’orientamento ARAN CFL27 del 30.10.2018 la formulazione dell’art. 32 in materia di permessi retribuiti non prevede più la necessità di documentare i motivi e le ragioni per le quali viene richiesto il permesso, anche se la motivazione, che consente di ricondurre tale tutela alle esigenze personali e familiari dell’interessato, va, comunque, indicata nella richiesta avanzata dal dipendente, in quanto la stessa resta il presupposto legittimante per la concessione del permesso. Secondo l'ARAN, che segue una impostazione coerente con la disposizione contrattuale e, quindi, condivisibile, il lavoratore non è titolare di un diritto soggettivo perfetto alla fruizione dei permessi ed il datore di lavoro pubblico non è in nessun caso obbligato a concedere gli stessi. Il datore di lavoro può, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, anche negare la fruizione dei permessi in presenza di ragioni organizzative e di servizio ritenute prevalenti rispetto all'interesse del lavoratore evidenziato nella richiesta. È indubbio, pertanto, che quanto più sarà motivata e giustificata la richiesta del dipendente, tanto più sarà agevole la comparazione degli interessi contrapposti e la concessione dei permessi. Conseguentemente, ove la suddetta richiesta non appaia del tutto motivata o adeguatamente giustificata, a seguito della comparazione degli interessi coinvolti di cui si è detto, il datore di lavoro potrà far valere la prevalenza delle esigenze di servizio, negando la concessione dei permessi. L’ente, quindi, non è chiamato in alcun modo a valutare nel merito la giustificatezza o meno della ragione addotta, ma solo la sussistenza di ragioni organizzative od operative che impediscano la concessione del permesso; se non vi sono tali ultime ragioni l’amministrazione non può negare il permesso.

24 novembre 2021          Angelo M. Savazzi

 

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