La compravendita operata dal contribuente trova una sua giustificazione sole se considerata nella sua collocazione temporale, ovvero il 2010.
Infatti, già nel 2012 è stata introdotta una specifica disposizione (articolo 4, comma 12-quinquies, D.L. 16/2012) che individuava nel coniuge assegnatario il soggetto passivo, esclusivamente per l’applicazione dell’IMU, quale titolare di un diritto di abitazione sull’immobile, potendo peraltro fruire dell’esenzione per abitazione principale; conseguentemente, il coniuge non assegnatario è stato liberato dal pagamento del tributo in relazione a tale immobile, uscito dalla sua disponibilità.
Con la Legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) la disciplina dell’IMU è stata modificata e risulta ora caratterizzata da una formulazione differente: tanto il comma 743 con riferimento alla soggettività passiva, quanto il comma 741 in relazione alle ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, non fanno più riferimento al “coniuge assegnatario”, bensì al “genitore affidatario dei figli”.
Da subito si è posto quindi il dubbio riguardante il trattamento dell’abitazione assegnata nell’ambito di una separazione di un rapporto coniugale senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti.
In un primissimo momento è prevalsa un’interpretazione decisamente restrittiva.
Secondo il Ministero, infatti, il chiaro tenore letterale della disposizione di cui al comma 741 dell’articolo 1, alla lett.c), delle Legge di bilancio 2020 avrebbe condotto alla considerazione che l’assimilazione all’abitazione principale e quindi il regime di esenzione dall’Imu dovesse riguardare esclusivamente il caso di assegnazione della casa familiare “al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice”: circostanza che comporta altresì la costituzione, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso. Con la conseguenza che ciascuno dei due coniugi avrebbe dovuto considerarsi soggetto passivo per la propria quota di possesso.
Tale posizione è stata però ben presto riconsiderata nella circolare 1/DF del 18.03.2020.
Il Ministero osserva infatti che, in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti, la giurisprudenza ritiene che la casa coniugale non può essere assegnata ad uno dei due coniugi a titolo di contributo al mantenimento, in sostituzione dell’assegno di mantenimento, non avendo l’assegnazione una funzione assistenziale (Corte di Cassazione, n. 6979 del 22.03.2007).
Ed invero, la differente formulazione della norma introdotta dal comma 741, lett. c), n. 4, che fa riferimento alla casa familiare e al genitore, e non più alla casa coniugale e al coniuge, è volta soltanto a chiarire che nell’ambito dell’assimilazione all’abitazione principale sono ricomprese anche le ipotesi di provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare in assenza di un precedente rapporto coniugale.
Afferma chiaramente il Ministero, “nulla quindi è mutato rispetto alla precedente disciplina”.
Pertanto, continua a permanere l’esclusione dall’Imu della casa familiare assegnata con provvedimento del giudice già assimilata all’abitazione principale nella previgente disciplina.
Osserva poi il Ministero che, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’assimilazione in argomento, l’individuazione della “casa familiare” viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento che non può essere suscettibile di valutazione da parte del Comune.
Si prescinde quindi dalla proprietà in capo ai genitori o ad altri soggetti e i requisiti della residenza e della dimora dell’assegnatario non sono rilevanti ai fini dell’assimilazione.
In conclusione, nel caso di specie, l’unico soggetto tenuto al pagamento dell’IMU è il coniuge assegnatario dell’ex abitazione familiare. Tanto più che le condizioni della separazione precisavano che tale assegnazione sarebbe proseguita anche una volta che fosse venuta meno la coabitazione con il figlio
29 novembre 2021 Lorella Martini
Per i clienti Halley: ricorrente QI n. 819, sintomo n. 864