Esumazione defunto - Resti inesistenti.

Risposta dell'Avv. Elena Conte

Quesiti
di Conte Elena
19 Aprile 2022

A seguito di esumazione di un defunto il custode ha dichiarato che i resti mortali si sono completamente consumati (persona deceduta nel 1943) e, pertanto, non è possibile recuperare i resti e traslarli nell'ossario comune. Secondo voi come dobbiamo procedere? E' corretto cancellare il defunto dal nostro programma dei Cimiteri?

Risposta

Per rispondere al quesito occorre effettuare una breve ricostruzione sull’applicazione della normativa di settore.

In particolare, la Corte di Cassazione penale (cfr. sentenza n.958/1999), prima dell’avvento del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254, ha statuito la distinzione tecnica tra cadavere e resto mortale definendo quest’ultimo come un’entità medico-legale che gode di una tutela giuridica affievolita rispetto ad un corpo umano morto prima del completo decorso del periodo legale di sepoltura.

In regime di D.P.R. n. 285/1990 e di Legge n. 130/2001, chi per ragioni personali sia contrario alla cremazione deve esplicitare per iscritto questa sua volontà, poiché la pratica funeraria dell’incinerazione è una scelta che, nel silenzio del de cuius, transita in capo ai suoi più stretti famigliari, secondo il noto e famigerato principio di poziorità.

Ci si chiede, però, se il divieto espresso di cremazione valga anche per il “resto mortale”, ovvero per l’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo.

Ebbene, la Legge 30 marzo 2001 n. 130 offre qualche spunto di riflessione, quando, ad esempio, per la cremazione dei resti mortali parrebbe proprio richiedere un semplice assenso per procedere o, dove vi fosse disinteresse, prevedrebbe addirittura il procedimento adottato d’ufficio e non su impulso di parte.

In alcune Regioni, con atti amministrativi come semplici circolari hanno legittimato la possibilità concreta di disperdere anche le ceneri dei resti mortali precedentemente cremati ed i regolamenti comunali hanno poi recepito, nel loro articolato, questa opzione.

Il problema di fondo è sempre la volontà in quanto lo sversamento delle ceneri in natura comporta riflessi di natura penale. Si rammenta, comunque, come la destinazione quasi obbligata delle ceneri non richieste per una sistemazione privata e dedicata sia il cinerario comune, dove gli esiti da completa cremazione di un corpo umano sono avviati in forma massiva, anonima, indistinta e promiscua.

Ciò detto, ex art. 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’estumulazione prima della naturale scadenza della concessione è sempre possibile per il trasferimento presso un’altra sede o per la cremazione del defunto. Attorno all’istanza dovrà formarsi il pieno consenso di tutti gli aventi diritto a disporre della salma, in termini di diritti personalissimi e pietas.

Si ribadisce che, dopo il 27 ottobre 1990, data di entrata in vigore dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria, il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’art. 79, comma 2, del D.P.R. n.285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.

Occorre comunque aggiungere che lo status di resto mortale (art. 3, comma 1, lett. b, D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254) conferisce alla fattispecie medico legale dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo una tutela affievolita, rendendolo direttamente cremabile dietro un semplice assenso degli aventi titolo a pronunciarsi. Più problematico, come si è accennato, è il caso di dispersione delle relative ceneri in quanto le forme “atipiche” di destinazione delle ceneri debbono avvenire nell’assoluto rispetto della volontà della persona scomparsa. Di conseguenza, in relazione alla natura della possibile dichiarazione, la stessa può atteggiarsi come:

a) esercizio di un diritto, personalissimo, di disposizione del cadavere in termini di ‘pietas’;

b) rappresentazione di una volontà del defunto.

Da ciò discende, rispettivamente, che:

a) i famigliari esprimono una volontà propria;

b) i famigliari “riportano” la volontà del defunto o una non contrarietà del de cuius alla cremazione.

Nel primo caso, l’autenticazione della firma si fonda sull’art. 79 comma 2 DPR n.285/1990.

Si conclude affermando che la cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.

14 aprile 2022            Elena Conte

 

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