Impatto nuovo regolamento su concessione in essere

Risposta del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
31 Agosto 2022

Il dirigente di settore del Comune presso cui sono in servizio mi ha chiesto una ricerca giurisprudenziale e dottrinale in merito alla procedura di concessione di un bene patrimoniale dell'Amministrazione. Il Comune ha affidato recentemente in concessione uno dei suoi teatri ad un'associazione temporanea di impresa (ATI) in seguito ad asta pubblica bandita, ai sensi del R.D. 827/1924, sulla base di uno specifico importo (canone annuale). Il Comune intende approvare prossimamente un nuovo Regolamento disciplinante, tra l'altro, le concessioni del proprio patrimono immobiliare in cui si prevede, in base a determinati criteri, l'ipotesi di abbattimento fino al 90% del canone. Il Dirigente di settore si chiedeva se il nuovo Regolamento comunale può impattare sulla concessione in essere e, quindi, porre le basi per una successiva rideterminazione del canone (ribassato fino al 90%) che questa ATI deve annualmente al Comune, senza aspettare la scadenza novennale della concessione. E' possibile l'applicazione di un nuovo Regolamento comunale su una concessione in essere? Ai fini della riposta al quesito, vi chiedo di indicarmi eventuali riferimenti normativi e giurisprudenziali/dottrinali a sostegno, anche con riferimento a un'alternativa procedura amministrativa da adottare.

Risposta

In base al principio tempus regit actum (tempo di aggiudicazione), a quello di non retroattività degli atti normativi e amministrativi (art. 11 preleggi al Codice civile) nonchè a quello dell’immodificabilità delle offerte aggiudicate dalla PA e oggetto di apposito contratto/convenzione, l’eventuale approvazione del regolamento non potrà avere effetti sui rapporti in corso, oggetto di specifica regolazione anteriore all’entrata in vigore dello stesso e frutto di procedura ad evidenza pubblica da rispettare in base alla par condicio dei concorrenti e ai principi di trasparenza e imparzialità.

Solo in caso di concessioni di servizi è possibile applicare, ove ne ricorrano le condizioni, il riequilibrio contrattuale ai sensi dell’art. 165 del d.lgs. n. 50/2016 ossia quando, in presenza di dette concessioni aggiudicate in base al Codice dei contratti, si sia alterato in misura significativa l’equilibrio fissato dal piano economico finanziario.

Si rammenta che da tempo le concessioni di beni pubblici sono ricondotte dalla Corte di Giustizia nell’ambito delle locazioni di beni immobili (Corte di Giustizia CE, 25 ottobre 2007, in causa C-174/06) e sono espressamente escluse dall'ambito di applicabilità delle concessioni di servizi (v. 15° considerando della Dir. 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione).

Alle concessioni di beni, allora, si applicano esclusivamente i princìpi generali dettati in materia di contratti pubblici (principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica, ex art. 4 d.lgs. n. 50/2016), ma senza applicazione degli altri istituti del codice dei contratti pubblici.

Da sempre, invero, la giurisprudenza amministrativa (v. ad es, CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 26 marzo 2012 n. 1699), ha affermato che le concessioni amministrative, siano esse relative a beni o a servizi pubblici, soggiacciono all’applicazione dei principi di derivazione comunitaria inerenti agli appalti pubblici. E ciò, proprio per il fatto che, dal punto di vista della tutela della concorrenza, esse hanno la stessa incidenza sul mercato degli appalti, visto che il concessionario di beni o servizi pubblici ricava un’utilità sfruttando economicamente beni pubblici che non sono disponibili in quantità illimitata (v. TAR Marche,sez. 1, sent. 5/4//2013, n. 285; Consiglio di Stato, sez. VI, 25/01/2005, n. 168).

Come anche richiamato dall’ANAC nei propri orientamenti, secondo un consolidato orientamento  giurisprudenziale l’affidamento di concessioni amministrative aventi ad oggetto l’uso di beni pubblici (siano essi del demanio ovvero del  patrimonio indisponibile dello Stato, delle Regioni o dei Comuni) resta assoggettato al generale obbligo delle Amministrazioni - derivante dai fondamentali principi di diritto comunitario rinvenibili direttamente nel Trattato CE (libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi, nonché principi di par condicio, imparzialità e trasparenza) - di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto  contraente (Consiglio di Stato 25 settembre 2009 n. 5765). In particolare è stato precisato che «alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica (…),  poiché idonee a fornire una situazione di guadagno a soggetti operanti nel  libero mercato, devono applicarsi i principi discendenti dall’art. 81 del  Trattato UE e dalle Direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli  della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti,  non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai  partecipanti (TAR Campania, Napoli, VII, 9 luglio 2009, n. 3828; in termini, ex multis, Consiglio di Stato, 17 maggio 2011, n. 3250; Consiglio di Stato, sez. VI, 22 marzo 2011, n. 1747; Consiglio di Stato, sez. V, 13 febbraio 2013, n. 873;  TAR Lombardia Milano sez. IV 26 settembre 2014 n. 2401).

Dunque, una volta aggiudicata e contrattualizzata una concessione di beni, questa sarà sottoposta alle regole di gara e di disciplina vigenti a quel momento e terrà conto dell’offerta aggiudicata, potendosi applicare al rapporto in corso solo le ipotesi di modifica previste dalla regolamentazione vigente a quel momento e richiamate nel contratto di concessione e/o alle ipotesi di modifica previste dalla normativa del Codice civile o delle locazioni se richiamate nel contratto o, comunque, nella disciplina di gara.

Pertanto, sul piano pubblicistico, l’ente potrebbe solo operare, ove ne ricorrano i presupposti, con l’istituto della revoca di cui all’art. 21 quinquies L. 241/1990, avviando una nuova procedura ad evidenza pubblica sotto il nuovo regime regolamentare approvato, oppure, sul piano privatistico, la concessionaria potrebbe esercitare il diritto di recesso a norma del codice civile o della legge sulle locazioni n. 392/1978 o di apposita facoltà eventualmente riconosciutale in sede contrattuale, procedendo poi l’Amministrazione ad indire una nuova procedura come prima riportato.

18 agosto 2022             Eugenio De Carlo

 

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