Formazione da remoto a dipendente in malattia
Risposta del Dott. Luigi Oliveri
Risposta del Dott. Angelo Maria Savazzi
QuesitiNel caso in cui una dipendente usufruisce del permesso per allattamento, si chiede se le spetta il buono pasto.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16929 del 25 maggio 2022, si è, recentemente, espressa sul tema dei buoni pasto. La Cassazione chiarisce che: "in tema di pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione del buono pasto è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva).”
Pertanto, la lavoratrice che, beneficiando delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità - nella fattispecie, permessi per allattamento –, osserva, in concreto, un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore, non ha diritto al buono pasto.
Difatti, l’art. 39 del D.Lgs. 151/2001 prevede che la madre lavoratrice, durante il primo anno di vita del bambino, abbia diritto a due riposi giornalieri della durata di un’ora ciascuno durante l’arco della giornata, che si riducono ad uno se l’orario giornaliero è inferiore a sei ore. Essi sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro.
La disciplina contrattuale del buono pasto, individua la durata minima e massima della pausa tra la prestazione lavorativa antimeridiana e quella pomeridiana, spazio temporale che va dai 30 minuti alle 2 ore; l’ente può stabilire quale debba essere la durata minima della prestazione antimeridiana, prima della pausa per la consumazione del pasto, e la durata minima della prestazione lavorativa pomeridiana, successiva alla pausa lavorativa, affinché possa legittimamente maturare il diritto alla percezione del buono pasto; tale aspetto organizzativo, rispetto al quale l’ente è dotato di piena autonomia, può certamente essere influenzato anche da una limitata disponibilità di risorse economiche.
La Corte fa notare, con il citato pronunciamento, che l’attribuzione del buono pasto “ha natura prettamente assistenziale ed è finalizzata a compensare l’estensione dell’orario lavorativo con un’agevolazione volta a consentire il recupero delle energie psico-fisiche degli interessati”. Quindi, sottolineata la necessaria coincidenza tra buono pasto ed esistenza nell’orario di lavoro di una pausa pranzo, la Corte ha evidenziato che, ai fini del diritto ai buoni pasto, avente natura assistenziale, non assume alcun rilievo l’assimilazione delle ore di permesso a quelle di lavoro ai fini della retribuzione. Queste ultime, in particolare, non sono utili all’integrazione del requisito del superamento delle sei ore.
Va comunque ricordato che l’art. 27, comma 4, CCNL funzioni locali prevede la possibilità di una diversa e più ampia durata della pausa giornaliera, rispetto a quella stabilita in ciascun ufficio, può essere prevista per il personale che benefici delle tutele connesse alla maternità o paternità di cui al D.Lgs. n. 151/2001, quindi anche dei permessi di cui all’art. 39 del medesimo decreto.
In conclusione, il permesso per l’allattamento non è di per sé ostativo dell’attribuzione dei buoni pasto, piuttosto lo è la presenza di una pausa pranzo e la durata della prestazione lavorativa che deve essere di almeno 6 ore con distribuzione antimeridiana e pomeridiana.
5 settembre 2022 Angelo M. Savazzi
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