Attività di supporto all’accertamento e riscossione delle entrate: abolita l’esclusiva in favore delle società iscritte all’albo

Servizi Comunali Entrate comunali
di Catania Luciano
09 Gennaio 2018

ATTIVITA’ DI SUPPORTO ALL’ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE DELLE ENTRATE: ABOLITA L’ESCLUSIVA IN FAVORE DELLE SOCIETA’ ISCRITTE ALL’ALBO

 

Luciano Catania

 

E’ durata quanto un gatto in tangenziale l’esclusiva per le società iscritte all’albo ministeriale per l’accertamento e la riscossione dei tributi locali.

La legge 4 dicembre 2017 n. 172 di conversione del D.L. 26 ottobre 2017, n. 148, è entrata in vigore il 6 dicembre scorso, mentre il secondo periodo del comma 11 dell’articolo 1, è stato soppresso il 27 dicembre 2017, con la legge 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020).

Un ulteriore segno che il nostro legislatore, sul tema della riscossione, ed in particolare di quella dei tributi locali, non ha le idee molto chiare.

Il secondo periodo del comma 11, dell’articolo 1 del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili) convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, aveva previsto che le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento ed alla riscossione delle entrate comunali fossero affidate esclusivamente a soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

L’albo, istituito presso il Ministero delle Finanze, è soggetto a revisione periodica, con un’iscrizione che avviene attraverso la presentazione di un’apposita istanza da parte dei soggetti che sono in possesso dei requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 289 del 11 settembre 2000.

Il Ministero delle Finanze, già con nota 11 giugno 2001, aveva precisato che qualsiasi attività che potesse essere ricondotta alla liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali doveva essere affidata esclusivamente ad uno dei soggetti che vi erano iscritti.

La norma della L. n. 172/2017 ribadiva e blindava tale concetto, estendendolo a tutte le attività di supporto all’accertamento ed alla riscossione delle entrate.

Tale ampliamento delle attività affidate in esclusiva alle società iscritte all’albo era, però, eccessivamente generica. Basti pensare che tra queste attività possono essere ricomprese persino quelle di mero imbustamento degli avvisi di accertamento.

L’indeterminatezza della previsione ha portato parte della dottrina (tra gli altri, Tommaso Ventre, professore aggregato di “Fiscalità degli Enti Locali” all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, su “Quotidiano Enti Locali & PA” del 24 novembre scorso) a sollevare dubbi di incostituzionalità, rilevando un contrasto della norma con l'articolo 41 della Costituzione e con le libertà economiche comunitarie “nella misura in cui opera una ingiustificata restrizione della platea dei soggetti che possono svolgere attività meramente strumentali e funzionali ad attività direttamente gestite dagli enti”.

Il comma 39 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha soppresso il secondo periodo del comma 11 dell’art. 1 del D.L. n. 148/2017 e ridato piena operativa alle attività imprenditoriali che offrono prestazioni a supporto delle entrate, non iscritte all’albo ministeriale.

I soggetti privi del requisito dell’iscrizione, adesso, possono tornare ad offrire attività ausiliaria sotto il diretto coordinamento del funzionario responsabile dell’Ufficio tributi.

Il problema reale resta nel fatto che, dietro l’affidamento per attività di mero supporto, molti Comuni hanno delegato a soggetti non iscritti all’albo ministeriale, la funzione pubblicista di accertamento e riscossione dei propri tributi, riservandosi formalmente la mera sottoscrizione degli atti.

Dal punto di vista formale si tratta dell’elaborazione di banche dati, da quello sostanziale si arriva ad una vera e propria concorrenza con le società iscritte all’albo, anche rispetto all’attività a queste riservate.

Il legislatore ha voluto inserire requisiti di “idoneità professionale” obbligatori per i soggetti affidatari dell’attività di accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, avendo come obiettivo di escludere dal mercato quei soggetti che ne erano privi.

L’affidamento a soggetti privi dell’iscrizione può riguardare attività strumentali e non già lo svolgimento delle attività di accertamento o di riscossione dei tributi e di tutte le entrate per le quali necessitano requisiti professionali e patrimoniali a tutela del Comune affidatario e dei cittadini-contribuenti.

L’esclusiva in favore dei soggetti iscritti all’albo ministeriale sembra restare solo per quelle attività di natura pubblicista che, oltre all’attività di accertamento e riscossione, prevedano anche il maneggio di denaro di pertinenza dell’Ente locale.

Qualora si tratti effettivamente di mera attività strumentale di supporto, appare evidente che questa non rientri tra quelle remunerabili in misura percentuale rispetto agli importi riscossi (a maggior ragione di quelli accertati).

I compensi di tali attività, infatti, non possono che essere quantificati in misura fissa (costo della banca dati) oppure in base alle effettive e concrete attività espletate (numero di buste, fogli stampati, notifiche, etc.) e non possono variare al mutare dell’importo che contribuiscono strumentalmente a fare incassare.

Anche secondo la magistratura contabile a parità di attività eseguite, non trova giustificazione una forte differenziazione del compenso.

L’aggio è la remunerazione prevista a favore degli Agenti della riscossione (e non certo di chi svolge attività di mero supporto), per il presidio della funzione di deterrenza e contrasto dell'evasione e per il progressivo innalzamento del tasso di adesione spontanea agli obblighi tributari.

L’art. 52, comma 5, del D. Lgs. 446/1997 prevede che anche l’affidamento del servizio di riscossione ai soggetti iscritti all’albo ministeriale non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente.

Lo stesso Decreto legislativo, nel demandare al potere regolamentare generale delle Provincie e dei Comuni, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, ha affermato la possibilità per gli enti locali di affidare a terzi (ivi comprese società in house o miste iscritte all’Albo dei soggetti abilitati o i cui soci privati fossero iscritti a tale Albo), anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi (e di tutte le entrate) tramite l’ingiunzione fiscale regolamentata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639.

Il potere di emettere ingiunzione fiscale è correlato al divieto “di oneri aggiuntivi” per il contribuente.

Secondo una prima interpretazione, detta prescrizione si sarebbe dovuta leggere in relazione alla facoltà degli enti locali di procedere in via alternativa ai due procedimenti di riscossione. Il procedimento per ingiunzione, quindi, non avrebbe dovuto comportare maggiori oneri rispetto al concorrente procedimento d’iscrizione a ruolo. Ne sarebbe derivato che, poiché ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 112/99 “l'attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio, pari (all'epoca n.d.r.) al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, che è a carico del debitore…”, analogo remunerazione poteva esser legittimamente prevista, sempre a carico del contribuente, anche ove la procedura sia quella dell’ingiunzione fiscale.

Per il Consiglio di Stato (sentenza n. 3413 del 12 giugno 2012), l’ingiunzione fiscale, non prevedendo l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento quali passaggi necessari ai fini dell’esecutività della pretesa, non rientra nella previsioni legislative disciplinanti l’aggio del concessionario del servizio di riscossione, le quali espressamente fanno riferimento alla sola iscrizione a ruolo.

Il riferimento al “divieto di aggravio economico” deve, quindi, essere riferito non alla concorrente procedura di riscossione mediante ruoli ed ai suoi costi, ma alla procedura di ingiunzione fiscale gestita direttamente dall’amministrazione. Il legislatore ha voluto chiarire che l’affidare il servizio a terzi, ovvero a propria società in house, non deve determinare un aumento degli oneri per il debitore rispetto a quanto deriverebbe dalla diretta gestione delle procedura da parte degli uffici comunali.

Questo poiché il procedimento d’ingiunzione diverge sensibilmente da quello di iscrizione a ruolo ponendosi in una condizione derogatoria di specialità, così com’è pacifico che il legislatore sia intervenuto con norme specifiche ogni qual volta abbia ritenuto necessario chiarire profili oggettivi e soggettivi del peculiare procedimento.

L’onere della riscossione tramite ingiunzione fiscale (gestita da terzi o da società in house) non può, quindi, costare al contribuente più di quanto gli sarebbe pesata la riscossione gestita direttamente dal Comune.

I costi sostenuti per le attività strumentali di supporto possono essere ricompresi in tale quantificazione, ma non certamente in misura percentuale al riscosso.

 

4 gennaio 2018

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