Formazione da remoto a dipendente in malattia
Risposta del Dott. Luigi Oliveri
Risposta dell'Avv. Elena Conte
QuesitiE’ stata comminata ad un dipendente una sanzione amministrativa ai sensi della legge 689/1981 per l’esercizio delle sue funzioni avverso la quale il dipendente intende esperire ricorso al Tar.
Si chiede di sapere se, in caso di eventuale assoluzione con formula piena da parte del giudice amministrativo con conseguente annullamento della sanzione, il Comune possa rimborsare le spese legali sostenute facendo la necessaria delibera di gradimento.
Il dubbio sorge dalla circostanza che il CCNL del comparto enti locali, in merito al patrocinio legale, non menziona i procedimenti amministrativi ma solo i procedimenti civili penali, e contabili sebbene la ratio della rimborsabilità dovrebbe essere la stessa se il dipendente venisse assolto con formula piena anche in sede amministrativa.
Si premette una considerazione preliminare sulla natura eccezionale dell’art. 18, comma 1 del D.L. n. 67 del 1997, convertito con modificazioni dalla Legge 23 maggio 1997, n. 135, inerente al rimborso delle spese legali sostenute dal pubblico dipendente (sebbene pubblico dipendente statale), ne impone una stretta interpretazione, dovendo concludersi per la non spettanza del beneficio nel caso in cui l’atto o il comportamento: a) non abbiano trovato origine nell’esecuzione dei compiti istituzionali, ma abbiano avuto luogo ‘in occasione’ dello svolgimento della pubblica funzione, senza che possa ravvisarsi la necessaria riferibilità all’Amministrazione di appartenenza; b) costituiscano violazione dei doveri d’ufficio; c) possano condurre ad un conflitto con gli interessi dell’Amministrazione di appartenenza, ovvero quando, pur in assenza di responsabilità penale, sussistano i presupposti per la configurazione di un illecito disciplinare e l’attivazione del relativo procedimento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13 gennaio 2020 n. 280).
Si aggiunga che, avuto riguardo al presupposto della connessione dei fatti contestati con l’espletamento del servizio la giurisprudenza ha ritenuto che “Il rimborso previsto dall’art. 18, comma 1, D.L. n. 67/1997, conv. L. n. 135/1997, si propone di tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell’interesse della P.A., dalle spese legali sopportate per i procedimenti giudiziari relativi agli atti strettamente connessi all’espletamento dei compiti istituzionali. La ratio della disposizione è, perciò, quella di tenere indenne il dipendente pubblico dai danni dal medesimo subiti a causa dell’espletamento dei propri compiti, richiamandosi a tal fine pure una certa analogia con le norme dettate dal codice civile per regolare il rapporto di mandato e quindi con l’unico limite che non sussista, in atto, alcun conflitto di interessi tra le posizioni processuali delle parti” (cfr. T.A.R. Lazio Latina Sez. I Sent., 24/02/2015, n. 187), ovvero che tale requisito potrà risultare sussistente solo quando sia possibile imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente all’Amministrazione di appartenenza (rapporto d’immedesimazione organica)” (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 25/02/2019, n. 193). In modo non diverso la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che, il diritto al rimborso, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, delle spese legali sostenute dal dipendente per la propria difesa in giudizio presuppone che non vi sia un conflitto d’interesse con il datore di lavoro, ovvero che le attività poste in essere non siano frutto d’iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o in contrasto con la volontà dell’ente pubblico, secondo una valutazione ex ante che prescinde dall’esito del giudizio penale (cfr. Cass. civ., sez. I, 31 gennaio 2019 n. 3026).
Inoltre, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32258/2021, ha evidenziato come nel nostro ordinamento manchi un principio generale che consenta di affermare, l’esistenza di un generalizzato diritto al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente (cfr. Cass. 13.3.2009 n. 6227). L’articolo 28 del CCNL del 14 settembre 2000 per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali, dispone che l’ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi e all’adempimento dei compiti d’ufficio assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.
L’obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell’onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia ma l’assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (sempre che non sussista conflitto di interessi).
Si consideri il fatto che il difensore nel processo dovrà farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente ma anche degli interessi dell’ente (cfr. Cass. sez. lav. 31 ottobre 2017 n. 25976; 11 luglio 2018 n. 18256).
Ciò detto, pur essendo la garanzia costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.) estensibile al procedimento giurisdizionale in linea generale e ferma restando la sopraccennata valutazione sul possibile conflitto di interessi, sussistente anche per i dipendenti comunali, la formulazione letterale della previsione contrattuale non consente interpretazioni estensive tanto più’ che è pacifico nella dottrina e giurisprudenza dominante che ogni riferimento alla responsabilità amministrativa sul punto debba comunque intendersi riferito a quella generale per danno erariale.
10 ottobre 2022 Elena Conte
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